mercoledì 19 dicembre 2012

Il “BANCHISMO” LA DITTATURA DEL TERZO MILLENNIO.

Guerra! Guerra! Ho capito bene, Guerra?

Di Paolo Pellicciari
Il presidente del Consiglio, italiano, recentemente ha dichiarato “guerra” ai suoi concittadini con la scusa dell'evasione fiscale. Quando griderà, “non si fanno prigionieri” all'attaccooo, avrà difronte a se, un esercito disarmato, privato dei “diritto costituzionale” che costituisce la suprema tutela del cittadino difronte alla legge e ai soprusi di Stato. La costituzione italiana, tutela l'imputato da ogni accusa di reato come previsto dall'Art. 24. appresso descritto.
L'Art. 24 della nostra costituzione recita:
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai meno abbienti, con istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.
Con il decreto Bersani Ministro dell'Industria (D.L n. 223 del 04/07/2006 sulle liberalizzazioni), tra luci ed ombre e qualche omissione imputabile alla stampa, che non ha informato l'opinione pubblica sull'interezza delle finalità e gli obbiettivi che il governo Prodi, con il contributo del ministro Visco. (ministro delle Finanze) si prefissò.
Il provvedimento ha un'assonanza con quanto ha scritto Gramsci nei suoi “Quaderni del carcere”:
"L'uomo è un lupo con l'uomo, la donna, è ancora più lupo con la donna, il prete è il più lupo di tutti, con il prete".
Il D.L. Sulle liberalizzazioni, “Liberalizza” poco o nulla, ma è la scusa per avviare “l'oppressione fiscale” aumenta gli ostacoli agli itinerari “burocratici” e rappresenta, un grave attacco alla libertà d'impresa e a quella dei cittadini in genere. Il decreto di fatto, non produce alcun beneficio ai consumatori, ma arreca gravi danni al lavoro autonomo, trasformando il fisco in regime di “polizia tributaria”, affossa la libertà di iniziativa economica, con una stangata contributiva con inasprimenti fiscali retroattivi con nuove gabelle con provvedimenti che sottraggono risorse a settori fondamentali come scuole, ricerca scientifica, sanità, giustizia, protezione civile ecc. ecc.
Non solo, ma introduce il principio della retroattività dei provvedimenti fiscali, in “violazione” delle norme costituzionali, e ignora la legge sullo “Statuto del Contribuente” (LEGGE 27 luglio 2000, n. 212.) Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente. (Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000) . Che stabilisce il principio secondo il quale “le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo” e vìola l'art.11 delle preleggi, le disposizioni preliminari del codice civile secondo il quale “la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo.”
Il decreto Prodi-Visco-Bersani, infatti, che ha scatenato la “bellum omnium contra omnes” favorita da editorialisti, con inquietanti articoli sul decreto legge che liberalizza poco o nulla, ma costituisce la via all'oppressione fiscale e un eccesso di burocrazia, unito ad uno dei più gravi attacchi alla libertà d'impresa e a quella dei cittadini più in generale.
Visco, introduce una misura discutibile senza eguali: si da il potere al Fisco di accedere in ogni meandro dell'economia famigliare, dove anche un PC collegato ad internet può rappresentare uno strumento di lavoro, come non è escluso che per avere una partita I.V.A. bisognerà rilasciare una “fideiussione”. Il Decreto Bersani ignora l'Art. 41 della Costituzione: “L'iniziativa economica privata è libera” Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da creare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Oggi aprire un'attività è come percorrere un “labirinto degli orrori” dove ogni passo si ha a che fare con un burocrate esigente, che erode la pazienza del mal capitato, nonostante l'onere pecuniario da esborsare, che spesso induce a rinunciare alla realizzazione di una iniziativa. Credo che nella fattispecie, va utilizzato un vocabolo in disuso; “ossimoro”. Ovvero, Tutto e il contrario di Tutto. Da una parte si parla di “Crescita” e dall'altra di “Decrescita Felice” si parla di “Liberalizzazioni” e aumenta la “Burocrazia”, si parla di “Evasione Fiscale” e aumentano le code alla “Mensa della Caritas”. Allora? Sono passati circa quattro anni dal fallimento di Lehman Brothers e più di quattro anni e mezzo dall'inizio della Grande Recessione, eppure i cittadini dei paesi più avanzati stanno ancora subendo una crisi economica senza uguali.
La Grande Recessione è iniziata nel 2008 negli Stati Uniti. Ha immediatamente contagiato l'economia mondiale che continua ad aggravarsi. Tra fatalismo e paura, aspettiamo l'evolvere degli eventi, in illusoria attesa di tempi migliori al di là da venire.
Che cosa è successo? Eppure i paesi occidentali compreso l'Europa sono ( o erano) ricchi di risorse, talenti e competenze che avrebbero potuto assicurare prosperità e tenore di vita dignitoso per tutti. Invece!
Uscire dalla crisi si può? Dalla crisi si esce solo se la politica riesce a liberarsi dal “Banchismo” il “nuovo” movimento politico che vuole governare la globalizzazione, appropriandosi della sovranità popolare, e delle proprietà dei cittadini. Proprietà, spesso frutto di lavoro, sacrificio e risparmio.
Parliamo dello stato di oggi. Lo Stato italiano incassa immani risorse, con le sue norme e la sua giurisprudenza asimmetrica pone il suo potere fiscale al di sopra delle impugnative e rivalse ordinamentali riservate a noi cittadini che tali non siamo più, ma regrediti alla condizione di sudditi.
Lo stato da decenni ha organizzato la struttura del suo prelievo e della spesa in modo opaco, discrezionale, da sempre non rispetta la Costituzione che disciplina i fondamenti del fisco il diritto a un equo giudizio da parte di un giudice terzo, prassi sconosciuta al contenzioso tributario.
Un Premier, lo dovrebbe sapere, che solo con un nuovo patto riscritto dalle fondamenta tra Stato e Contribuenti. Perché, al momento, chi spoglia delle risorse il Paese è lo Stato. Come fa un Premier si può andare alla Guerra a capo di un “esercito” protagonista delle cronache giudiziarie?
Mario Monti è un brav'uomo, profondamente sincero, coadiuvato da una squadra di tecnici (con stipendi “milionari”) che stanno attuando politiche economiche di “rigore” che porteranno l'Italia e l'Europa ad una crisi economica drammatica e di difficile soluzione.
Guerra! Guerra! Se Monti invece di dichiarare “Guerra” ai cittadini, si fosse rivolto Ai Pensionati d'Oro, agli Stipendi di “Platino”, alla “Criminalità Organizzata”, alla Corruzione della Classe Politica, agli Sperperi di Stato, al Commercio Abusivo e avesse ripristinato i Comitati di Controllo sugli atti delle amministrazioni periferiche, avrebbe avuto sicuramente più consenso e plauso popolare. Invece! Niente di tutto questo, ma solo tasse in modo trasversale colpendo soprattutto la proprietà quale oggetto di fiscalizzazione di tipo patrimoniale, al limite del “Terrorismo Fiscale” non è escluso a fini espropriativi.
Il paradosso, ormai è assodato, che la politica pecca di moralità, visto che occupa giornalmente le cronache giudiziarie. Ciò, non esclude qualche “riflessione”. Mettiamo il caso che qualche politico o Ente possa essere interessato a qualche immobile di prestigio, tanto da coinvolgere il mal capitato proprietario in un vortice di “presunzione dell'evasione fiscale”. L'interessato Chiede informazioni sull'andamento economico del soggetto da “espropriare”. Con le informazioni di facile acquisizione emerge chiaramente, uno che si arrabatta nella gestione finanziaria della sua attività economico- professionale. Una semplice “accusa” di evasione fiscale, ben oltre le sue disponibilità e il gioco è fatto. Conoscendo già a priori che sarà difficile per il malcapitato reperire i fondi per aprire il contenzioso con il fisco. Il povero, è il caso di dire, mal capitato, si ritrova sul lastrico senza che se ne renda conto.
Il sospetto nasce dal caso Marzotto. Dei Marzotto, conoscevo il povero Giannino, figlio di una famiglia patriarcale, gente seria, coinvolta su una presunta evasione fiscale tanto che il “fisco” gli ha pignorato tutti i beni di famiglia. Io non credo all'evasione fiscale, a quel livello per consulenti fiscali saranno di certo di prim'ordine, tutta la questione orbiterà su un'interpretazione delle norme fiscali e non “altro”. Intanto i Marzotto corrono grossi rischi finanziari. Tutto questo è possibile in uno stato Moderno e Democratico? Democratico! L'esule russo Bukowski diceva: l'Unione Europea è come l'Unione Sovietica. Infatti persegue l'internazionalizzazione mondiale eliminando gli Stati nazionali e basato l'unione sul trattato di Maastricht, ossia sul primato delle strutture economiche, attraverso le quali si ottiene la soggezione e il controllo di ogni comportamento dei cittadini.

giovedì 25 ottobre 2012

L'EUROPA "BOCCIA" IL MADE IN

La Commissione UE boccia l'intesa sul “made in” Europa e “made in” Italy “ritenendola obsoleta sui Marchi”
di Paolo Pellicciari
Dopo anni di colloqui, convegni, missioni, articoli sui giornali, in Italia e all'estero oltre a notevoli investimenti, per difendere la qualità italiana da una concorrenza planetaria spesso sleale. E stato tutto inutile, la Commissione Ue ha messo la parola fine alla proposta al regolamento n. 611 del 2005, che riguardava il «Made in». La proposta aveva l'obbiettivo di imporre l’etichettatura di origine, sui prodotti provenienti dai paesi extra UE.
Tutti i partiti politici di ogni colore, hanno sempre difeso le nostre aziende facendone una bandiera per differenziarci da asiatici e americani. «Obsoleto», hanno decretato invece gli uomini del presidente Barroso. Così d’ora in poi, salvo miracoli, non se ne parlerà più.
La “bocciatura” non è stata ancora annunciata formalmente. Martedì, a Strasburgo, il numero uno dell’esecutivo comunitario, ha presentato il suo Programma per il 2013. Nel secondo allegato, venti pagine di tabelle, sono elencate le proposte che Bruxelles intende mettere sul tavolo e quelle che ritiene di non dover più portare avanti. Alla penultima nota dell’ultima pagina, appare il regolamento 611. Cassato. Uno dei quattordici testi che la Commissione vuole ritirare. «Oltre alla mancanza di accordo in Consiglio - si spiega -, recenti sviluppi nell’interpretazione legale delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio hanno reso la proposta non attuale». “Chiuso l'Argomento!
Di recente, la Confindustria era “all'attacco”. I più informati parlano di una lettera del presidente Giorgio Squinzi indirizzata a Palazzo Berlaymont per sollecitare un’accelerazione dell’iter purtroppo senza esito. In effetti, l'iter si è interrotto da che l’Europarlamento ha approvato il testo nell’ottobre 2010 ritenendo il marchio di origine una condizione necessaria «per dare maggiore tutela ai consumatori e consentire alle imprese di affrontare ad armi pari i concorrenti». Un buon segnale. C’era anche l’appoggio di Francia, Polonia e Spagna. Eppure per i governi tedeschi, scandinavi, britannici e olandesi, la norma era un inaccettabile pugno nell’occhio del libero scambio. Inutili i tentativi di pressione di quello che, a Bruxelles, erano noto come «Il Cartello del “Made In”». Si ricorda una missione a Strasburgo di Emma Bonino, allora ministro degli Affari Ue (settembre 2007), occasione in cui furono distribuiti degli ombrelli blu pro etichettatura, metafora della necessità di pararsi la testa (erano cinesi, incidentalmente).
E anche ripetuti viaggi della coppia Urso-Ronchi, rispettivamente titolare del Commercio Estero e delle politiche Ue nel governo Berlusconi, impegnati a definire «inaccettabili i ritardi» e premere sui colleghi del Consiglio. Il sistema di Camere e imprese ha varato iniziative parallele, col sostegno dell’Ice. Due budget grosso modo da 500 mila euro l’uno. «Al netto delle spese per le persone, i viaggi e tutto il resto», Un milione e passa sempre secondo i ben informati. La notizia era nell’aria, conferma l’eurodeputato Gianluca Susta, che la definisce «assurda e affrettata». Passo «ingiustificabile senza nemmeno un passaggio preliminare col Parlamento», aggiunge Niccolò Rinaldi (Idv). In primavera i nostri eurodeputati avevano parlato di «provvedimento insabbiato».
Il premier Mario Monti è stato informato giovedì poco prima del vertice Ue. Si racconta che il professore abbia incaricato i suoi collaboratori di suggerire agli industriali di rinunciare all’ambito “osso”. Nei taccuini è rimasta anche una battuta tagliente. «Citando Squinzi - avrebbe scherzato il premier - potremmo dire che si trattava di una boiata». Come mettere lo zucchero su una pillola amara.
25/10/2012

domenica 14 ottobre 2012

"CORSA ALL'ORO" NEL FAR WEST DELL'ECNOMIA MODERNA


di Paolo Pellicciari

La “Corsa all'Oro” è similare con “l'Oro alla Patria”. “L'Oro alla Patria” è stato uno “slogan” coniato durante il fascismo, le condizioni economiche dell'Italia richiedette un intervento straordinario tanto che si decise di ricorrere alla richieste di oro ai cittadini. Così si organizzo per il 18 dicembre del 1935, una manifestazione nazionale organizzata dal regime fascista. Il regime chiamò gli italiani a dare l'oro alla Patria .
La manifestazione denominata Oro alla Patria: consisteva nel dono “volontario” da parte delle famiglie italiane, di oggetti d'oro per consentire all'Italia di superare le difficoltà dovute alle sanzioni. Gli storici ci fanno sapere che il Regno d'Italia progettasse l'invasione del Corno d'Africa già dal 1925. Avendo infranto il XVI articolo della Società delle Nazioni il 18 novembre dello stesso anno le Nazioni Aderenti approvarono un pacchetto di sanzioni come ritorsione.
Le sanzioni non furono efficaci, in quanto moltissime Nazioni non facevano parte della “Società” come la Germania unita a tante altre Nazioni non tennero conto del provvedimento anche perché c'erano dei limiti sanzionatori che non prevedevano limitazioni nel commercio delle materie prime importanti come il petrolio.
La cerimonia di consegna avvenne all'Altare della Patria a Roma catalizzando molti italiani che donarono la fede nuziale, in cambio ricevettero una fede di “ferro” con all'interno la scritta “Oro alla Patria”. La giornata di “Oro alla Patria” riscosse un notevole successo tanto da raccogliere 37 tonnellate d'oro e 115 d'argento. Con la donazione dell'ORO gli Italiani condivisero il massimo consenso nei confronti del Fascismo.
Molti personaggi autorevoli del tempo, fecero la loro donazione, la Regina Elena dona la propria fede, il Re dei lingotti d'oro, il principe Umberto il Collare dell'Annunziata, anche Guglielmo Marconi donò la fede e la medaglia da senatore, Luigi Pirandello la medaglia del Premio Nobel , e Gabriele D'Annunzio la fede e una cassa d'oro. Tutto l'oro raccolto, venne inviato alla Zecca dello Stato, come patrimonio nazionale.
E oggi? Da nessuno ho sentito gridare “Oro alla Patria”, eppure, stiamo assistendo ad una proliferare di negozi con la scritta “Compro Oro” praticando un'attività speculativa a causa dalla crisi, che sta portando gli italiani alla disperazione. Durante il fascismo la raccolta dell'oro, era dovuta ai venti di guerra che spiravano soprattutto in Africa. Eppure, non stiamo in guerra, non sento tuonare i cannoni, ne il rumore degli aerei bombardieri, in somma, che sta succedendo? Perché la gente è così disperata tanto da vendersi i loro gioielli, spesso intrisi di ricordi familiari?
E' evidente che stiamo vivendo un periodo “parabellico” che sta portando l'Italia alla “catastrofe” economica. Basta leggere i dati I.S.T.A.T sul calo della produzione industriale, negli ultimi anni. Un calo è sconvolgente nelle percentuali, pari ad un quarto della produzione industriale. Un calo produttivo tipico di una nazione in guerra, con una infinità di fabbriche “distrutte” dai “bombardamenti”, e dalle “squadre di guastatori” di un esercito invisibile. Allora chi è il nemico? Dove sta il “nemico” invisibile che sta portando i popoli occidentali alla fame? Che fosse cambiato l'abbigliamento dei nuovi “generali”? “Generali” vestiti con “marsina, monocolo e cilindro”, come vestivano i banchieri di una volta. Il nuovo esercito “armato” di “debito pubblico” che opera senza confini e territori, ma fa razzia di beni mobili e immobili costringendo anche i piccoli proprietari alla fame e alla disperazione in onor di “Dio Denaro”.
Resto sbigottito dall'inerzia della classe politica. Come resto incredulo e sbigottito, per i “complimenti” che da più parti provengono al nostro Presidente del Consiglio, che con la scusa del rigore, sta conducendo il “popolo italiano” alla “fame e alla disperazione”. Certo i “complimenti sono meritati”, le Banche sono esenti dal pagamento dell'IMU, Conti Correnti obbligatori, e pagamenti con la “Carta di Credito” (3% ad operazione) un bel “colpo” Sarebbero stati degli ingrati se non si fossero “complimentati” con in nostro Presidente del Consiglio
Il mio palese sbigottimento, rimane una voce nel deserto, nonostante l'I.S.T.A.T evidenziava che il calo delle ore lavorate fosse il peggior dato dai primi anni dal 1991. (Anno in cui si decise l'alienazione del patrimonio industriale dell'I.R.I.) Anche i TG non danno il risalto necessario alla notizie riguardanti l'economia, che vede protagonisti i cittadini. Sentiamo echi provenienti da altre nazioni, di sommosse, di cariche della polizia contro manifestanti che stanno reclamando il posto di lavoro e una vita dignitosa. A quanto pare, in Italia, la situazione economica ha generato circa 4 milioni di disoccupati, mentre in Europa sembra siano 23 milioni, un dato, intollerabile ed insostenibile per le esigenze di vita. Ma fino a quando? Vediamo le file di neo poveri, nei punti di ristoro della Caritas, piccoli imprenditori ridotti allo stato di “barboni”, senza più famiglia, senza più niente, molti sacrificano la loro vita a causa della “guerra”. Mentre succede questo, leggiamo e ascoltiamo notizie terrificanti sulla “questione morale” di molti “politici” che operano sotto “l'ombrello” della politica che sono oggetto d'indagine da parte dell'autorità giudiziaria. Per questo trovo sconcertante attuare l'oppressione fiscale con il “pugno di ferro” nei confronti dei cittadini costretti a vendere anche l'oro di famiglia per vivere. Come dire a loro la “Finanza” e ai cittadini la “Guardia di Finanza”. Tornando alla “corsa all'oro”, nella fattispecie quello “acquistato” non diventa patrimonio dello Stato, ma di qualche o più “speculatori” che senza “apparente” controllo acquistano, oro avvolte, anche in modo “truffaldino”. “Striscia la Notizia” mise in guardia i telespettatori evidenziando alcune storture nel peso e nelle valutazioni dell'oro da parte di alcuni “esercenti disonesti”. Durante il fascismo si rastrellarono 37 tonnellate d'oro, e 115 d'argento, solo con le “fedi”, mentre oggi, quale è la quantità della “raccolta”? Quale sarà la “stazione” o le “stazioni” d'arrivo dell'oro raccolto? Gli “speculatori”, stanno incassando qualche miliardo di valore.
13/10/2012

giovedì 4 ottobre 2012

Europa? For Sale

Di Paolo Pellicciari
Mi domando! Da chi siamo governati? E' possibile che tutti gli stati occidentali siano più o meno indebitati? E' possibile che tutti gli Stati Europei sono costretti a vendere il loro patrimoni pressoché tutti nello stesso momento? Possibile che in un'era dell'elettronica, i “tecnici” dei vari centri di potere, non hanno elaborato strategie di politica economica per evitare il cataclisma economico che stiamo attraversando? E gli economisti universitari, le cosiddette “intellighenzie” C'è qualche cosa che non torna! Che avessero organizzato una nuova conferenza “Jalta” a porte chiuse dove i nuovi potentati economici si sono divisi le ricchezza del mondo? Quello che è sospetto che dietro tutto questo ci sia un'unica “regia”.
Tutto si potrebbe evincere dal fatto l'Europa è vittima di scorribande finanziarie dove i protagonisti sono i fondi sovrani composti da cinesi, arabi e russi che stanno comprando a prezzo di saldo i “gioielli” del vecchio continente: dalle squadre di calcio, alle banche, dalle aziende energetiche, fino alle infrastrutture e di tanta altre aziende di prestigio anche ad alta redditività.
Da Valentino, l'azienda italiana sinonimo di alta moda, dal 2007 di proprietà del fondo d'investimento Permira. Valentino non è la prima casa di moda europea a passare in mani orientali. Già la Cerruti, acquistata nel 2012 dalla Trinity di Hong Kong, alla Miss Sixty venduta alla cinese Trendy e alla Gianfranco Ferré acquisita dal Paris Group di Dubai pochi mesi fa. E' da tempo che lo sceicco del Qatar è impegnato sotto forma di investimenti della famiglia reale o dello Stato con i fondi sovrani - a un grande e diversificato shopping europeo.
Dal 2008 da quando è scoppiata la crisi economica molti i paesi neo ricchi, hanno preso l'Europa come terra di conquista economica: dagli Emirati Arabi a Dubai, dalla Cina alla Russia. Tutti Stati in forte espansione economica, per lo più guidati da regimi pseudo dittatoriali, attratti dai prezzi da “saldo” che la crisi infinita ha imposto alle aziende-gioiello dell'Europa. Nel caso dei paesi del Golfo e della Russia, le sterminate ricchezze provenienti da sottosuoli ricchi di petrolio a invogliare allo shopping. Nel caso della Cina, è l'esigenza di investimenti in modo redditizio per le riserve di valuta estera accumulate in decenni di esportazioni.
Nel mirino degli speculatori, ci sono marchi con rendimenti a doppia cifra. Il Quatar è un esempio esempio. Risalgono al 2009 i suoi investimenti in Porsche e Wolkswagen. Nello stesso anno aveva tentato invano di aggiudicarsi la squadra di calcio del Manchester City, finita poi tra le proprietà del fondo sovrano di Abu Dhabi, per acquistare successivamente il Paris Saint Germain. E se in Inghilterra Hamad bin Kalifa al-Thani ha messo le mani su una quota della London Stock Exchange, dei supermercati Sainsbury e della banca Barclays, oltre che sul 100 per cento degli storici grandi magazzini Harrod's. In Francia ha comprato le attività turche e le operazioni lussemburghesi di Dexia, la banca franco-belga vittima della crisi del debito sovrano, e pochi mesi fa è entrato con l'1 per cento nel titano mondiale del lusso Lvmh.

Simone Alvaro, responsabile dell'ufficio studi giuridici della Consob dice: «Il mondo è ormai cambiato» «I Paesi produttori di petrolio e di materie prime hanno conquistato dal 2007 un grande vantaggio economico». Gli ingenti patrimoni a disposizione dalle obbligazioni U.S. Sono dirottati nella diversificazione d'investimento, diventando protagonisti dell'economia mondiale. In Borsa detengono un terzo delle quote societarie del listino, a Londra partecipazioni in un quarto. «Bisogna cominciare a prendere atto dei cambiamenti», prosegue Alvaro: «E non si può pensare che siano temporanei, soltanto dovuti alla crisi».

Con il potere economico che si sposta ad Oriente è inevitabile che anche i simboli del successo economico passino di mano verso regioni dove abbondano denari e opportunità di crescita. Certo è però che la crisi dell'Eurozona ha offerto il fianco agli acquisti stranieri. Sempre più importanti, talvolta anche strategici. Non fosse stato costretto dal piano di salvataggio europeo, il Portogallo non avrebbe mai privatizzato la sua società elettrica, Energias do Portugal, spalancando le porte al Qatar (con il 2 per cento) e alla Cina, che tramite il braccio d'investimento China Three Gorges International ne ha acquistato oltre il 20 per cento. Per non parlare dell'investimento qatarino (6,19 per cento) nella spagnola Iberdrola, la maggiore società di energia eolica al mondo. Dal canto loro gli Emirati Arabi, tramite il fondo sovrano International Petroleum Investment (Ipic), hanno approfittato della crisi per comprare dalla francese Total il 49 per cento di Cepsa, la seconda società petrolifera spagnola, che si va ad aggiungere al 47 per cento già detenuto, consolidando così il proprio portafoglio globale di investimenti nel settore energetico.
Srive The Indipendent.
Cos'hanno in comune il carnevale del martedì grasso in Portogallo, il sole della Grecia, il National Stud (allevamento di cavalli) irlandese e la lotteria nazionale spagnola?
Risposta: sono stati tutti venduti o cancellati dai governi europei nel disperato tentativo di risanare le finanze pubbliche dopo un decennio di sperperi e di malgoverno. Un numero considerevole di paesi europei sta sostanzialmente vendendo i gioielli di famiglia, in una svendita continentale senza precedenti.
La Grecia è il principale banditore d'Europa, con circa 50 miliardi di risorse all'asta. Ma altri governi sono avviati sulla stessa strada.
La vendita del patrimonio statale è una scelta disperata. In circostanze favorevoli sarebbe un progetto ambizioso, ma le circostanze sono tutt'altro che favorevoli. Se tutti mettono all'asta i loro possedimenti contemporaneamente, il crollo dei prezzi è inevitabile. La Grecia, per esempio, finora è riuscita a incassare appena 180 milioni di euro, molto meno dei 50 miliardi previsti.
Gli acquirenti in teoria non mancano. La Cina è in cerca di opportunità di investimento in ogni angolo del globo, e i governi dei paesi mediorientali sono sempre pronti a spendere i proventi del petrolio.
A questo punto è difficile dire se dovremmo essere felici o preoccupati davanti a una vendita così massiccia. Da un lato bisogna accogliere qualsiasi soluzione in grado di tirare fuori l'Europa dalla crisi del debito, ma è anche vero che i gioielli di famiglia, una volta venduti, non torneranno mai indietro. Mentre le nostre economie vengono progressivamente surclassate da Cina e India, c'è il rischio concreto che il vecchio continente non ritorni mai più ai fasti del passato.
Irlanda - Foreste, servizi pubblici, una compagnia aerea, la National Stud
Lo stato irlandese ha messo in vendita un lungo campionario di risorse, tra cui una società energetica, la compagnia aerea Aer Lingus, la compagnia che gestisce il patrimonio forestale (Coillte) e la famosa National Stud (valore stimato: 1 miliardo di euro). Bord Gais, la società che gestisce l'erogazione di gas nell'isola, è stata valutata 2,5 miliardi di euro. La settimana scorsa il dipartimento dei trasporti ha confermato che esiste un "forte interesse" nella quota statale di Aer Lingus, del valore complessivo di 123 milioni di euro.
Portogallo - Infrastrutture energetiche
Lisbona è stata tra le prime capitali europee a mettere all'asta il proprio patrimonio, e per questo motivo ha avuto un discreto successo. La società elettrica nazionale ha accolto capitali cinesi e della Oman Oil, e lo stato ha incassato 592 milioni di euro. Un affare ben più lucrativo, attorno agli 8 miliardi di euro, è stata la vendita del 21 per cento delle azioni della compagnia energetica nazionale, Energias de Portugal, acquistate dalla cinese Three Gorges Corporation. 

Paesi Bassi – Mezzi militari
L'anno scorso il ministero della difesa olandese ha racimolato diversi milioni di euro – nell'ambito del piano di austerity da 1 miliardo di euro – vendendo 18 caccia F16 al governo cileno. All'asta c'è anche un buon numero di navi da guerra.
Regno Unito - Ambasciate, edifici, mezzi militari
Londra spera di convertire in denaro contante la quota statale (49 per cento) del National Air Traffic Services. Il Regno Unito ha inoltre in programma di vendere centinaia di ambasciate ed edifici di proprietà del ministero degli esteri disseminati in tutto il pianeta, per un totale di circa 240 milioni di sterline.
Il ministero della difesa ha messo in vendita il sito delle Deepcut Barracks [quartier generale del Reale corpo logistico] e tutta una serie di attrezzature militari. Settantadue jet Harrier "in congedo" sono stati venduti agli Stati Uniti per circa 116 milioni di sterline, e l'anno scorso è stata messa all'asta la portaerei HMS Ark Royal. Tra le altre risorse messe in vendita dal ministero della difesa ci sono elicotteri, Land Rover e orologi di lusso.
Spagna - Infrastrutture (inclusa la metropolitana di Madrid?)
Il miliardario progetto di privatizzazione della lotteria nazionale spagnola è stato abbandonato in settembre quando il ministro delle finanze ha definito insufficiente la valutazione di mercato. In ogni caso il governo madrileno, travolto dai debiti, sta per vendere al prezzo di 3,5 miliardi di euro una partecipazione di minoranza nella società per la distribuzione dell'acqua, Canal Isabel II. La metropolitana di Madrid potrebbe finire presto all'asta.
Francia - Immobili di lusso
Ormai da anni lo stato francese porta avanti la vendita di immobili di proprietà del governo. Nel 2010 Parigi ha annunciato che avrebbe messo all'asta altri 1.700 edifici nel tentativo di ridurre il debito multimiliardario dello stato. Il governo ha messo in vendita castelli, palazzi nella capitale e persino la tenuta di caccia di La Muette, valutata 10 milioni di sterline, le Banlieue di Parigi da parte del Quatar.
Austria - Le Alpi (quasi)
In giugno la decisione del governo di mettere in vendita due montagne per un totale di 121 miliardi di euro ha scatenato la protesta dell'opinione pubblica. L'opposizione locale alla vendita del monte Rosskopf (2.600m) e del suo vicino Grosse Kinigat (2.700m) ha costretto Vienna a fare marcia indietro. Tuttavia un ministro ha precisato che in futuro le due montagne potrebbero tornare in vendita.
Italia - Palazzi? Spiagge? Oro? Antiche rovine?
Nel 2010 il governo italiano ha avviato una svendita massiccia di circa novemila tra edifici, spiagge, fortezze e persino alcune isole nel tentativo di ridurre il debito pubblico. Il valore complessivo delle risorse è stato stimato attorno ai 3 miliardi di sterline. Non è chiaro quale sia la cifra incassata fino a oggi dal governo italiano, ma decine di palazzi veneziani sono stati venduti e trasformati in alberghi. Ulteriori introiti sono arrivati dalla concessione per l'utilizzo del Colosseo a fini pubblicitari. Più recentemente, Roma è stata invitata da Berlino a vendere buona parte delle sue riserve auree prima che il prezzo cali drasticamente.
Lettonia – Una città fantasma
Nel 2010 un'intero centro abitato è stato offerto a una società russa al prezzo di 1,9 miliardi di sterline. Skrunda-1, un tempo sede di una base militare russa, è stata abbandonata dopo la caduta dell'Unione sovietica.
Grecia - Più o meno tutto (tranne l'Acropoli)
Il governo greco sta cercando di racimolare l'impressionante cifra di 50 miliardi di euro vendendo o affittando le proprietà dello stato, compreso l'aeroporto internazionale di Atene (insieme ad altri 38), la società petrolifera, quella per la distribuzione del gas, i porti di Salonicco e del Pireo, l'Hellenic Post Bank, le autostrade, la società che gestisce le corse dei cavalli e 35 grandi palazzi di proprietà del governo.
A disposizione di eventuali acquirenti c'è anche Hellenikon – una striscia costiera tre volte più grande del principato di Monaco e un tempo sede di un aeroporto internazionale – e un lotto di 44 acri sull'isola di Corfù. Secondo alcune fonti Atene ha intenzione di vendere numerose aree costiere di grande bellezza. Inoltre la Grecia sarebbe pronta a vendere il sole: il governo sta discutendo con Berlino la possibilità di esportare energia solare.
A Conclusione non posso non ricordare i miei maestri che mi hanno insegnato che la Politica è l'arte della prospettiva, mi domando: quale prospettiva per le prossime generazioni? “Schiavizzati” dal potere del Dio Denaro.
Fonte, The Indipendent.

giovedì 27 settembre 2012

DALLA LIBERTA', AL “CLERICALISMO”

di Paolo Pellicciari

Negli anni immediatamente successivi al Concilio, ci sono stati anni difficili per la chiesa, Papa Paolo VI e i suoi successori dovettero infatti fare i conti con una profonda emorragia di sacerdoti e religiosi che interpretarono l'attenzione al mondo in maniera diversa dall'effettiva dottrina cattolica. Prese forza il movimento dei preti operai, già attivo dal secondo dopo guerra in Francia, ma che dopo il Concilio trovò nuovo vigore grazie anche all'approvazione da parte dello stesso Paolo VI di tale pratica, precedentemente ritenuta illegittima da Pio XII e da Giovanni XXIII. Nacquero le “Comunità Cristiane di Base” le quali, soprattutto in Sudamerica, testimoniando la vitalità delle Chiese locali, assunsero una dimensione assai rilevante che dura ancora oggi. Sempre in America Latina, molti teologi seguaci della teologia della liberazione abbracciarono la lotta di classe marxista. Da parte opposta, Monsignor Lefebvre, rifiutò invece la riforma della liturgia ed altri pronunciamenti di "apertura" del concilio, tra cui quelli sull'ecumenismo, ponendosi di fatto in una situazione di rottura con la Chiesa di Roma.
Una prima difficoltà riguardo all'attuazione dei documenti conciliari fu l'interpretazione del Concilio stesso e dei suoi documenti. Infatti, Giovanni XXIII aveva indicato come scopo del Concilio quello di «approfondire ed esporre» la «dottrina certa e immutabile» della Chiesa, mentre alcuni dei pronunciamenti del Concilio stesso, sembravano contraddire alcuni elementi della dottrina tradizionale (soprattutto in merito all'ecumenismo e alla libertà di coscienza). Per questo, il Concilio fu considerato da alcuni una vera e propria rivoluzione della dottrina della Chiesa: sia da parte dei "progressisti" (che valutavano positivamente l'apertura al mondo del concilio) sia da parte di alcuni ambienti tradizionalisti (che al contrario erano fortemente critici verso questi pronunciamenti di apertura).
La questione della corretta interpretazione del Vaticano II è stata così affrontata a lungo da storici e teologi, facendo emergere due "interpretazioni" prevalenti: l'interpretazione della continuità, secondo la quale, il Concilio va interpretato alla luce del magistero della Chiesa, precedente e successivo al Concilio e l'interpretazione della discontinuità, che attribuisce al Concilio un valore in quanto evento cruciale, di rottura con il depositum Fidei tradizionale. La prima linea interpretativa è stata sostenuta da tutti i Papi da Paolo VI. Il suo successore Papa Giovanni Paolo I° in una delle sue udienze generali si schierò contro la Proprietà Privata, Testuale:” La proprietà privata per nessuno è un diritto inalienabile e assoluto. Nessuno ha la prerogativa di poter usare esclusivamente dei beni a suo vantaggio oltre il bisogno, quando ci sono quelli che muoiono per non avere niente” A seguire anche Papa Giovanni Paolo II prende le distanze dal modello “liberista” come il suo successore, Papa Benedetto XVI, seguendo i dettami del Concilio ci ricorda che “l'essere Umano non può avere più del Necessario, i Beni allontanano Dio, la Condanna del Consumismo”
L'interpretazione post conciliari “progressiste” spostano l'asse politico dei cattolici su posizioni integraliste, La “svolta politica” viene individuata con le “convergenze parallele” Per distinguere il potere politico espressione democratica dal totalitarismo comunista. L'espressione è presente nel linguaggio politico per tutti gli anni 70, quando è stata frequentemente utilizzata per descrivere il processo di avvicinamento tra DC e PCI, noto anche come Compromesso Storico. La “rivoluzione” post conciliare, diede vita ai “moti” del “1968”.
Subito dopo la conclusione del concilio, si mise in moto un movimento negli Stati Uniti raggiungendo l'epilogo con la massima espansione nel 1968, nell'Europa occidentale con l'apice nel Maggio francese.
Nel campo occidentale (Europa e Stati Uniti) un vasto schieramento di studenti e operai presero posizione contro la società dei consumi, che proponeva il valore del denaro e del mercato nel mondo capitalista come punto centrale della vita sociale.
Negli Stati Uniti la protesta giovanile si schierò contro la guerra del Vietnam, legandosi alla battaglia per i diritti civili e alle filosofie che esprimevano un rifiuto radicale ai principi della società del capitale, una sorta di controcultura. Al contempo, alcune popolazioni del blocco orientale si sollevarono per denunciare la mancanza di libertà e l'invadenza della burocrazia di partito, gravissimo problema della Russia che dei paesi ad essa legati.
In buona parte del mondo, dall'occidente all'est comunista, la "contestazione generale" ebbe come nemico comune il principio dell'autorità. Nelle scuole gli studenti contestavano i pregiudizi dei professori, della cultura ufficiale e del sistema scolastico classista e obsoleto. Nelle fabbriche gli operai rifiutavano l'organizzazione del lavoro e i principi dello sviluppo capitalistico che mettevano in primo piano il profitto a scapito dell'elemento umano. Anche la famiglia tradizionale veniva scossa dal rifiuto dell'autorità dei genitori e del conformismo dei ruoli. Facevano il loro esordio nuovi movimenti che mettevano in discussione le discriminazioni in base al sesso (con la nascita del femminismo e del movimento di liberazione omosessuale e della razza.
Dalla contestazione si distinse un movimento cattolico detto Comunione e Liberazione, ispirato dal “titolo” di un volantino diffuso da alcuni universitari nel 1969. in polemica col mondo culturale del tempo: mentre la cultura di sinistra, dichiarava che la rivoluzione era il cammino della liberazione dell'uomo, i sostenitori del movimento affermavano invece che tale cammino era possibile solo nella comunione cristiana, con cui sarebbe possibile la vera liberazione.

Gli obiettivi comuni ai diversi movimenti erano la riorganizzazione della società sulla base del principio di uguaglianza, il rinnovamento della politica in nome della partecipazione di tutti alle decisioni, l'eliminazione di ogni forma di oppressione sociale e di discriminazione razziale e l' abolizione della guerra come forma di relazione tra gli stati, dando inizio alla “globalizzazione” della contestazione, di cui gli effetti sono evidenti ancora oggi
Nel processo di contestazione “globale” non si può non evidenziare il “controsenso filosofico” esercitato dei due blocchi “Occidentale e Orientale” con modelli di società “contrapposti”. Mentre la contestazione nei paesi dell'est erano mirate alla “libertà” dai regimo oppressivi. Mentre nei paesi occidentali si contestava il sistema capitalistico. Conclusione oggi siamo governati dallo “speculazionismo” una sorta di “Stalinismo” economico.
Charles Wright Milles sociologo americano, che nel 1960 coniò il termine “Nuova Sinistra” che influenzò i movimenti giovanili dell'epoca vari e molteplici, con l'obbiettivo di alimentare le lotte dei popoli del terzo mondo in virtù delle rivoluzioni del mondo arabo, dell'Asia e dell'America Latina, mentre l'Unione Sovietica insieme con gli Usa con ordinamenti da abbattere.
La Nuova Sinistra, non era convinta e rifiutava la sinistra tradizionale, secondo cui l'evoluzione era a favore dell'emancipazione del proletariato e dei popoli oppressi. Il timore di un dominio “Capitalista” che coinvolgesse la classe proletaria dei paesi avanzati nello sfruttamento del proletariato dei popoli del terzo mondo. Sopprimendo il dissenso e la libertà personale rendendo la ribellione una necessità e un azione politica.
Nel corso degli anni sessanta, mentre negli Usa il movimento per i diritti civili prima e l'opposizione studentesca alla guerra del Vietnam poi facevano delle organizzazioni come la Sds (Student for democratic society), una forza politica di grande peso, o il PFP (Peace and Freedom Party), in Europa il movimento della "nuova sinistra" toccava un'area minoritaria ma crescente.
Le agitazioni promosse dai movimenti giovanili si diffusero in vaste aree del pianeta tra la fine del 1967 e l'autunno del 1968. Francia, Cecoslovacchia e Germania Occidentale furono attraversate da crisi politiche di vasta portata; in Polonia questo periodo segnò l'inizio di movimenti destinati a svilupparsi ulteriormente in seguito.
Con il termine internazionalismo, entrato in uso dal XIX secolo, si possono intendere concetti differenti, sempre nell'ambito del superamento di certi "confini" tra le nazioni, siano essi di ordine politico, militare, economico o territoriale.
L'interenazionalismo socialista o proletario è una teoria poggiante sulle basi del socialismo utopistico ed evolutasi successivamente sulle parole d'ordine del manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e di Friedrich Engels edito nel 1848, il cui concetto base consiste nel fatto che i membri della classe operaia debbano agire in solidarietà verso la rivoluzione globale e in supporto dei lavoratori degli altri paesi, piuttosto che seguire un percorso nazionale. L'internazionalismo proletario è riassunto nello slogan: Proletari di tutti i paesi, unitevi!, l'ultima riga de Il Manifesto del Partito Comunista. L'internazionalismo proletario è considerato un deterrente contro la guerre tra nazioni, poiché non è nell'interesse delle persone di classe proletaria imbracciare le armi tra loro, invece è più utile che lo facciano contro la borghesia che il marxismo afferma opprima i lavoratori. Mediante la solidarietà fra i proletari di tutte le nazioni si potrà arrivare alla fine dei conflitti fra nazioni, e quindi alla scomparsa delle stesse. Secondo la teoria marxista l'antonimia dell'internazionalismo proletario è il nazionalismo borghese. In sintesi l'internazionalismo marxista considera la divisione del mondo in classi, e nazioni e religioni un ostacolo allo sviluppo della civiltà umana. L'internazionalismo entrerà a far parte di molte teorie comuniste poggianti su base socialista, così come nell'anarchismo, e varrà in termini pratici osteggiato dalle teorie del socialismo, come nello stalinismo, in qualche modo di stampo “internazionalista”. Nella vita di tutti i giorni?
Diceva Stalin “ i miei genitori non avevano molta cultura, ma fecero molto per me” E ancora: i tuoi genitori ti picchiavano? “Assolutamente no.” I miei genitori non mi maltrattavano affatto. Se sono diventato rivoluzionario è soltanto perché ho constatato che i marxisti avevano ragione”.
Il 2 settembre 1894, Stalin iniziò i suoi studi come allievo a convitto del seminario russo di teologia ortodossa di Tiflis, che ara allora, l'istituto superiore più importante della Georgia. L'istituto era tenuto dai Gesuiti con ferrea disciplina. Stalin stesso rilevò nell'intervista a Ludwing, come il seminario fosse diretto con sistemi gesuitici da un “regime vergognoso”. Il loro sistema base – affermò – nell'indagare, nello spiare, nell'entrare strisciando come vermi nelle anime della gente e offendere i sentimenti. Che bene può venire da questo? Per esempio, lo spiare nel dormitorio. Suona la campana per il the del mattino, andavamo al refettorio e quando tornavamo nelle nostre stanze scopriamo che nel frattempo è stata fatta una perquisizione e tutti i nostri cassetti erano stati frugati. Tutta l'organizzazione e la direzione della scuola aveva una gestione fortemente autoritaria, basate interamente alla sorveglianza “poliziesca” e sulla repressione in costante clima di delazione e di sospetto, ci trattavano come bestie. Chi contravveniva a quest'ignobile regolamento, erano pronte sanzioni di vario tipo: dalle “note disciplinari”, fino all'isolamento, più o meno lungo, in una “cella monastica” di punizione. Oltre a ciò vanno aggiunte le continue perquisizioni personali e la scarsità di vitto, i locali freddi privi di stufe, con dormitori affollati dove venivano stipate circa una trentina di persone. Questo è il quadro delle pessime condizioni di vita degli allievi del seminario di Tiflis.
Lo “stalinismo”, un esempio su tutti.
"Il padre di Stalin, era un calzolaio, proprietario di un piccolo laboratorio che, non più in grado di far fronte alla concorrenza dei grossi fabbricanti, di scarpe. Chiude bottega e prende lavoro, nella fabbrica di scarpe Adelkhanov, a Tiflis. È andato a lavorare nello stabilimento, non con l'intenzione di diventare un salariato permanente, ma con lo scopo di mettere da parte un po' di denaro, accumulando risparmi che lo mettesse in grado di riaprire la propria bottega. Come vedete, la posizione di questo calzolaio, è già proletaria, ma la sua coscienza è ancora non-proletaria, anzi, è interamente piccolo-borghese. In altre parole, questo calzolaio ha già perduto la sua posizione piccolo-borghese, ma non è ancora venuta meno in lui, la coscienza piccolo-borghese, che si attarda a prendere cognizione della sua nuova posizione “sociale”
Faccio fatica, a non individuare la stessa esperienza ai giorno d'oggi nel mondo occidentale, ma con una differenza, mentre il padre di Stalin, dopo la chiusura della sua bottega, trova lavoro in una fabbrica di scarpe, un artigiano o un piccolo imprenditore nel mondo occidentale chiude bottega e si trova “all'improvviso” disoccupato.

giovedì 13 settembre 2012

QUELLO CHE NON FECE L'IDEOLOGIA FA L'ECONOMIA

Di Paolo Pellicciari

Nel 9 maggio del 1950 con la dichiarazione di Schuman, Ministro degli Esteri Francese, si da l'avvio al processo di integrazione Europea. La dichiarazione, prospettò il superamento delle rivalità tra Francia e Germania legate dalla produzione del carbone e dell'acciaio grazie alla creazione di un'Alta Autorità per la messa in comune delle riserve europee di tali materie prime. Con la dichiarazione del 9 maggio Schuman, pose le basi per la futura Comunità Economica Europea.
La fine della seconda guerra mondiale ci porta la democrazia. La contrapposizione politica tra il vecchio P.C.I e la D.C si concluse con la vittoria della D.C. di De Gasperi. De Gasperi applicando l'Enciclica Rerum Novarum che basa la politica economica sul “risparmismo” un processo economico tra lo “statalismo” e il “capitalismo”, sulla meritocrazia in sintesi un'Enciclica promulgata nel 1891 ancora attualissima. La politica economica di De Gasperi cambia la vita degli italiani che passano dal “somaro” alla “600”, Tanto che nel 1960 la Lira viene premiata dal Financial Times con l'Oscar per le stabilità grazie al governatorato della Banca D'Italia di Donato Menichella.
Il 25 gennaio del 1959 Papa Giovanni XXIII annuncia il Concilio Vaticano II
Nel 1965 si conclude il concilio Vaticano II, Il 24 novembre, viene emanata la Costituzione Dogmatica della Chiesa. Di cui riporto il primo punto.
1. Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa. E siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano, continuando il tema dei precedenti Concili, intende con maggiore chiarezza illustrare ai suoi fedeli e al mondo intero la propria natura e la propria missione universale. Le presenti condizioni del mondo rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente congiunti dai vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire la piena unità in Cristo”. Nascono i movimenti del 68.
Il Sessantotto è stato un movimento sociale e politico ancora oggi controverso: molti sostengono che sia stato il movimento che ci ha portato ad un mondo “utopicamente” migliore e molti altri sostengono invece il contrario ovvero che sia stato un movimento che ha spaccato e distrutto la moralità e la stabilità politica mondiale fondata su valori “borghesi, capitalistici, e clericali.
Negli anni immediatamente successivi al Concilio, Papa Paolo VI e i suoi successori dovettero infatti fare i conti con una profonda emorragia di sacerdoti e religiosi che interpretarono l'attenzione al mondo in maniera diversa dall'effettiva dottrina della Chiesa. Prese forza il movimento dei “preti operai”, già attivo dal secondo dopoguerra in Francia, ma che dopo il Concilio trovò nuovo vigore grazie anche all'approvazione da parte dello stesso Paolo VI di tale pratica, precedentemente ritenuta illegittima da Pio XII e Giovanni XXIII. Nacquero le “ Comunità Cristiane Di Base” le quali, soprattutto in Sud America, testimoniando la vitalità delle Chiese locali che assunsero una dimensione assai rilevante, che dura ancora oggi. Sempre in America Latina, molti teologi seguaci della teologia della liberazione abbracciarono la lotta marxista. Da parte opposta, Monsignor Lefevre rifiutò invece la riforma della liturgia ed altri pronunciamenti di "apertura" del concilio, tra cui quelli sull'ecumenismo, ponendosi di fatto in una situazione di rottura con la Chiesa di Roma.
Si da avvio, all'era “Comunionista”
A partire dal 1970 si è verificata una nuova ondata di liberalizzazione del commercio mondiale, anche attraverso accordi e istituzioni internazionali appositamente concepite quali il GATT e successivamente il WTO finalizzate all'abolizione progressiva delle barriere al commercio internazionale.
Quanto ai rapporti tra GATT e Comunità, Europea prima ed Unione Europea poi, sono regolati, nel diritto comunitario, dall'articolo 113 del Trattato di Roma (come successivamente modificato dal Trattato di Maastricht il quale attribuisce all'Unione Europea una competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune fondata su principi uniformi, specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l'uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di “dumping” e di sovvenzioni. L'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), conosciuta anche con il nome inglese di World Trade Organization (WTO), è un'organizzazione internazionale creata allo scopo di supervisionare numerosi accordi commerciali tra gli stati membri. Vi aderivano, a luglio del 2008, 153 Paesi a cui si aggiungono 30 Paesi osservatori, che rappresentano circa il 97% del commercio mondiale di beni e servizi. Le vendite in dumping sono state disciplinate dalle norme internazionali antidumping (che sono state incluse progressivamente nell'ambito del General Agreement on Tariffs and Trade (GATT 1947) e che pertanto oggi sono previste dall'Organizzazione Mondiale del Commercio (GATT 1994), ma sono altresì contemplate dal Diritto Comunitario a tutela della libera concorrenza in quanto capaci di determinare gravi distorsioni sul mercato di importazione e di attribuire un vantaggio di base all'impresa importatrice nei confronti degli altri soggetti (produttori o esportatori) che operano nel mercato di importazione per lo stesso bene o servizio. Nella “palude” di degli accordi internazionali si nasconde una “feroce” forma di capitalismo. Un capitalismo che specula su tutto, anche su gli alimenti per la sopravvivenza dell'umanità. Un capitalismo che sta bruciando anche il “risparmismo” ovvero quell'economia frutto di lavoro, di risparmio che ogni buon padre di famiglia si riserva per garantire il futuro. Ho la sensazione che tutto questo faccia parte di una strategia preordinata. A meta degli anni 80 comincia una graduale impennata del debito pubblico italiano che è poi stato l'alibi per alienare il patrimonio pubblico italiano. Tanto che già nel 1991 comincia il processo di “privatizzazione” del patrimonio pubblico italiano concordato sul panfilo Britannia nel 1992. Non si riesce a capire, come mai, nonostante tutto il patrimonio alienato, ancora abbiamo un debito pubblico di sensibili proporzioni. Non credo di scrivere eresie, se penso che c'è tutto un disegno preciso per accaparrarsi il patrimonio pubblico degli stati occidentali. Inoltre la “speculazione” sta acquistando intere Regioni in paesi sottosviluppati per acquisire le ricchezze di superficie e sotterranee, ribaltando il principio della concessione a favore della proprietà. Il rovescio della medaglia è rappresentato dai flussi migratori causati dai nuovi “padroni” che non gradiscono “estranei” nelle loro proprietà. Questo tipo di speculazione, sta livellando l'economia dei cittadini ridotti in povertà con una “nomenclatura” ad alto reddito. Non escludo che nel prossimo futuro un nuovo ordine mondiale stravolga l'organizzazione governativa che conosciamo. Il nuovo ordine mondiale stravolgerà il sistema di vita, niente sarà come prima. Il mondo non sarà governato dalle leggi dettate a Mosè dal Dio creatore del cielo e della terra, ma dal “Dio Denaro”. Un ordine dove il mondo occidentale pagherà il prezzo più alto, in quanto caduto nel vortice dell'indebitamento, complice una classe politica “inetta” e “asservita” al nuovo sistema economico gestito dai “poteri economici”. Indebitamento scaturito dagli accordi internazionali, proposti e gestiti da politici o sedicenti tali, che ci hanno portato al tracollo finanziario soprattutto del mondo occidentale. Prendiamo il caso della Grecia, una popolazione di circa 11.milioni di abitanti, pari al 2,2% della popolazione europea che è di circa 730 milioni di abitanti? Credo di no. Allora? Quel giorno ( il 9 maggio del 50) al Quai d'Orsay di Parigi nel Salon de L'Horologe, Schuman propose il progetto di unità delle nazioni: Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemdurgo, e Paesi Bassi. Da qui nacque G7. Ovvero sette nazioni avevano il sistema industriale più potente del mondo. Oggi l'economia è distribuita nel G 20 causando pianificazione in basso dei renditi individuali vittime anche dell'”oppressione fiscale”. In sintesi i paesi emergenti applicando la politica economica dettata dalla Rerum Novarum stanno emergendo. Mentre il mondo occidentale avendola “abbandonata” sta “affondando” economicamente. Sessantadue anni dopo l'intervento di Schuman, il nostro Presidente del Consiglio con il “cappello in mano” in giro per l'Europa a chiedere “Carità”

giovedì 21 giugno 2012

"ARRIVEDERCI ROMA" CON CALICI ECCELLENTI A PALAZZO BRASCHI

di Giancarlo Panarella e Paolo Pellicciari
"Roma vetrina d'eccellenza" per la promozione e la diffusione dei prodotti tipici del Lazio - Inaugurato oggi nel Museo di Palazzo Braschi l'articolato programma di eventi nel centro storico della Capitale, organizzato dall'Arte dei Vinattieri e dalle Botteghe storiche dell'artigianato romano
(www.enopress.it). Inaugurata oggi a Palazzo Braschi "Calici Eccellenti", una vetrina d'eccellenza che è stata individuata dall' Arte dei Vinattieri (enoteche aderenti al consorzio CO.VI.RO.) e dall' Associazione Botteghe storiche Roma, in collaborazione con:le aziende vitivinicole partecipanti, Le vigne del Lazio, l'Associazione esercenti pubblici esercizi, l'Accademia della cultura enogastronomica, Associazione uliveti del Lazio, Consorzio Vino Chianti, Enopress on-line (comunicazione).

Ideatore e animatore della manifestazione è il presidente dell' Arte dei Vinattieri Claudio Arcioni, la cui famiglia festeggia quest'anno l'80.mo anniversario del Centrovini Arcioni che ha guidato lo sviluppo della più moderna e qualificata offerta di vini e specialità nella Capitale. L'iniziativa di Claudio Arcioni ha incontrato un complimento assai significativo dal presidente della Commissione Attività Produttive della Regione Lazio, Francesco Saponaro, il quale lo ha definito "imprenditore culturale" cui le autorità pubbliche debbono riconoscere un'alta capacità nella pluriennale azione promozionale svolta a favore del vino italiano.
Arcioni, appassionato cultore del vino, ha sempre dedicato una forte attenzione culturale all'azione promozionale, svolta affiancando la presentazione dei vini ad iniziative presso università, musei ed accademie culturali. Importante anche l'attenzione dedicata agli abbinamenti dei vini all'enogastronomia romana.
La manifestazione nel corso degli anni è andata a ritagliarsi una posizione di assoluto rilievo, diventando una efficace vetrina per i produttori vinicoli, nonché una passerella gradita al grande pubblico, agli enoappassionati, ma anche ai molti turisti sempre più numerosi e interessati alle bellezze della Città Eterna.
Quale migliore stage della Roma monumentale, della città che richiama ogni anno milioni di visitatori da tutto, per un numero che supera quello di alcuni Paesi europei messi assieme? Quale migliore palcoscenico di quello offerto a pellegrini e credenti dai riti della città papale? E' in questo spettacolare contesto che si colloca l'appuntamento organizzato dall'Arte dei Vinattieri che si propone così al centro del panorama degli eventi vitivinicoli italiani per l'estate.
Una vetrina d'eccellenza
Un'intera città quale palcoscenico ideale per efficaci manifestazioni promozionali, non solo verso il pubblico capitolino, ma anche verso quello dei numerosi visitatori stranieri interessati e spesso affascinati dalle diverse declimazioni dell'enogastronomia di qualità.

Il programma di eventi e degustazioni nel Centro Storico
Non solo enoteche: molte Degustazioni sono in programma anche presso artigiani e botteghe storiche, nel centro storico di Roma, nei rioni Parione, Ponte e Regola; al Museo di Roma Palazzo Braschi per l'odierno 'brindisi inaugurale' caratterizzato dalla partenza di 10 ragazze in bicicletta che distribuiranno nei rioni le mappe dove si svolgeranno le degustazioni e l'esposizione di strumenti e dei prodotti degli artigiani.
E ancora: a Piazza San Simone Degustazione in banchi d'assaggio, Salotto in piazza, esposizione di mobili d'antiquariato a cura dei negozi di via dei Coronari Concerto a cura del Conservatorio di Santa Cecilia; a Piazza Farnese Banco d'assaggio Consorzio Vino Chianti, Selezione di vino Chianti "Un rosso fresco per l'estate"; a Via dell'Orso e vie limitrofe, tra le botteghe artigiane con lavorazioni e mostra di opere realizzate dai maestri artigiani delle botteghe storiche; e, infine Salotto artistico letterario con consultazione di volumi, testi e saggi a Piazza della Moretta.
Nei giorni scorsi Enopress ha invocato per Roma un ritorno agli anni di grande attività culturale, di somma produzione artistica caratterizzata anche da un cinema che aveva diffuso nel mondo immagini, luoghi e personaggi indimenticabile. Roma stage della migliore cinematografia, laboratorio delle arti e dell'artigianato, della canzone, dei richiami attorno a una fontana, la Fontana di Trevi in cui lanciare una moneta e sognare un ritorno.
Arrivederci Roma, dunque con i suoi ritrovi tipici, con il suo vino, il 'Vino di Roma'. Ancora una volta nel 'negozio accanto', nelle botteghe che le danno vita e colore. Non solo sterili elenchi cartacei dedicati a burocratiche denominazioni, ma il vino a Roma e il Vino di Roma quali partecipi delle diverse espressioni dei valori del territorio e della Città che non solo è Caput Mundi, ma anche Caput Vini. Interi territorio che si rigenerano nell'innovazione, nel consumo consapevole, nel marketing, in quella paziente ricerca che ha aperto intere provincie a sperimentazioni e nuovi vitigni. Capace di investire fiduciosa nel futuro. Un modo di pensare giovane che crei entusiasmo nelle giovani generazioni, mettendo da parte le sterili frizioni tra quegli enti territoriali deputati alla promozione e alla tutela dei nostri vini e dell'agroalimentare.
L'intento dell'evento è anche quello di  salvaguarda un ricco tessuto urbano, fatto di tradizioni centenarie e di storia che rischia letteralmentedi scomparire nella sorda battaglia condotta dalle nuove forme della grande distribuzione chje allontanano il commercio tradizionale dai centri urbani, minacciando di silenziare quella vitalità di cui, appunto, il centro di Roma è testimonianza giornaliera. Un indirizzo che, in mancanza di una adeguata programmazione istituzionale per le attività commerciali, rischia di condannare al vuoto dell'essere la Città. Allora, alle migliaia e milioni di cittadini, di giovani, di turisti non resterebbe che tentare una spedizione notturna in uno sperduto outlet oltre il raccordo o ad un iper pronti a riprodurre Colosseo e Terme in cartapesta, e un Campo de' Fiori sponsorizzato da una multinazionale dell'agroalimentare
La chiusura di molte attività sarebbe una gravissima perdita per il centro della nostra, così come di tutte le città. Programmi culturali e di intrattenimento concertati tra le istituzioni e le associazioni di categoria, assieme a lungimiranti politiche del commercio, potrebbero ovviare all'annunciata perdita di identità urbana. Una battaglia già avviata all'insegna del "Negozio Accanto", prezioso servizio a km.0 per la cittadinanza.
Roma una capitale certamente unica al mondo, per i suoi scenari architettonici di grande pregio artistico paesaggistico. Ogni angolo è un'opera d'arte, ogni piazza diversa intrisa di storia. La fusione tra il passato remoto e quello prossimo da la sensazione di assistere ad un cambio di scena continuo che fanno di Roma una città particolare, frutto di una evoluzione culturale sviluppatasi nel tempo, quale città cosmopolita per eccellenza. L'evoluzione etnica residenziale romana, ha contribuito alla selezione degli alimenti che sono la radice della cucina romana. Non c'è dubbio che la cucina romana, è la selezione di varie ricette provenienti dalle diverse etnie che si sono succedute dall'antica Roma ad oggi. Non ci scandalizziamo se oggi vediamo nella ristorazione etnica anche il Kebab. I puristi arriccerebbero il naso, ma sul piano turistico potrebbe rilevarsi una grande risorsa per la completezza dell'offerta turistico culinario che offre la città.
Da quel che risulta, Roma ospita circa 25 milioni di turisti l'anno. Un bel numero non c'è dubbio. Con un forte incremento del 6 per cento anche per lo scorso mese di maggio, eppure assai poco viene fatto per rinnovare verso questo turismo l'affascinante 'favola', il mito della Città di Arrivederci Roma.
Non solo monumenti
Peraltro Roma non è solo monumenti o opere d'arte, Roma è famosa per la sua cucina, per le sue stornellate interpretate da Claudio Villa che rappresentava la colonna sonora della Roma di Trastevere. Gli faceva eco Renato Rascel con le fettuccine e vino dei castelli nella storica trattoria Squarciarelli, citata nella sua "Arrivederci Roma" che invidiava i turisti che arrivavano per visitare la città eterna. Che cosa rimarrà di tutto questo? Sarà difficile conservare la tradizione romana, con il decentramento commerciale in atto ormai da tempo. Al centro dell'azione politica ci deve essere la conservare della storia e la cultura di Roma? Dobbiamo dare merito alle associazioni culturali che con la loro vivacità intellettuale propongono manifestazioni di rilievo per tenere vivo lo spirito culturale della città di Roma. Associazioni che soffrono a promuovere i loro prodotti. Spesso, i conflitti burocratici e l'intreccio delle competenze, impediscono lo sviluppo propositivo delle varie iniziative finalizzate alla promozione dei prodotti tipici del Lazio. "Chi non è capace a guadagnar soldi, non è capace a spenderli". Questo adagio calza con i comportamenti della classe politica. Più è scadente la classe politica e più è "decadente" la Città, Come sta cambiando Roma? Sta cambiando di pari passo con la classe politica, I "politici" non sono più organo rappresentativo dei cittadini, ma spesso si possono paragonare a dipendenti di una virtuale rappresentanza di un'azienda "invisibile" dove si potrebbero celare "Lobby" potenti, che condizionano l'attività amministrativa dei Comuni, anche a scapito degli interessi dei cittadini. In sintesi, nonostante l'aumento turistico, non si riesce a vendere in modo significativo i prodotti tipici del Lazio.
Anche il settore vinicolo soffre di questo stato di cose, nonostante due Enoteche pubbliche, una Regionale e una Provinciale collocate in punti strategici e di grande pregio commerciale. E' evidente la necessità di riorganizzare i flussi turistici indirizzandoli al centro del sistema tipico romano, formato dalla Piccola Distribuzione Storica, composta da Enoteche, Botteghe Storiche, i Pubblici Esercizi, la Ristorazione, La Gastronomia unito alla parte monumentale-museale della città.
In sintesi manca un "Potente Assessorato al Turismo. C'è necessità di nuova progettualità che, all'insegna di storia e cultura, rilanci il tessuto produttivo e sociale dell'intera regione e la sua immagine nel mondo.
Non a caso il presidente della Commissione Attività Produttive della Regione Lazio, Francesco Saponaro ha riconosciuto nell'evento "un'occasione valida per affermare il valore della qualità del Made in Roma e nel Lazio in un singolare abbinamento tra gli storici artigiani della capitale e in non meno storici locali dei 'vinattieri' i cui lontani progenitori erano associati nella confraternmita che aveva sede a Palazzo della Cancelleria, tra Campo de'Fiori e Piazza Navona, i centro attorno al quale si irradiano a raggiera le storiche botteghe romane"..
Non a caso stage dell'evento è la Roma monumentale, la città che richiama ogni anno milioni di visitatori da tutto, per un numero che supera quello di alcuni Paesi europei. Quale migliore palcoscenico di quello offerto a pellegrini e credenti dai riti della città papale? E' in questo spettacolare contesto che si colloca l'appuntamento, che si propone così al centro del panorama degli eventi per l'estate.
La manifestazione nel corso degli anni ha confermato il suo indirizzo promozionale e culturale in grado di esaltare le iniziative produttive e commerciali, ma anche il suo carattere di efficace vetrina delle realtà cittadine e regioanli, nonché passerella gradita alla cittadinanza e ai turisti.
"Roma, tiene a sottolineare Francesco Saponaro, è anche uno dei principali mercati italiani, tra i più importanti del continente, tanto da essere considerato il palcoscenico ideale per efficaci manifestazioni promozionali, non solo verso il pubblico capitolino, ma anche verso quello dei numerosi visitatori stranieri interessati e spesso affascinati dalle diverse declimazioni dell'enogastronomia di qualità, che rappresenta il goloso corollario dell'evento".

mercoledì 13 giugno 2012

QUALE EUROPA NELLA GLOBALIZZAZIONE

Di Paolo Pellicciari

L'Europa una realtà geografica, ma certo non politica. Mi ricordo quando Robert Schuman e Pietro Micara padri dell'Europa, pensavano una federazione di stati, con la stessa estrazione culturale classica espressa in lingue diverse. La libertà conquistata dopo la sanguinosa seconda guerra mondiale, la necessità di ricostruire sul piano sociale, culturale, e industriale, avevano creato le basi per una “potenza” che metteva “paura” all'America e alla Russia. Ero più che ragazzino e questi discorsi mi sono rimasti nella mente. Tornando a oggi che cosa è l'Europa? L'Europa è uno Stato non Stato con un Parlamento che non è un Parlamento, con una Moneta non Moneta, una sorta di “parassita democratico” che sta succhiando fasce di democrazia sempre più consistenti, e risorse economiche sempre più cospicue, atte a finanziare potenti lobby. In Europa ci sono 17 Stati sovrani nell'Euro Zona e 28 stati nell'Unione. Dunque 17-28 governi, 17-28 Parlamenti; 17-28 Corti Costituzionali; e soprattutto 17 o 28 Opinioni Pubbliche. Una sorta di torre di Babele costruita dalle lobby industriali e finanziarie a tutela dei loro interessi. L'economia viaggia veloce, mentre la politica va a rallentatore. Questo crea squilibri, intercontinentali incontrollati, con nuove problematiche, che si identificano con la Globalizzazione. Cinque anni fa si poteva legiferare in materia di scambi commerciali iniziando la scrittura delle leggi dell'economia globale. I governi occidentali erano liberi di prendere qualunque iniziativa, anche al World Economic Forum del 2008 a Davos, occasione per cominciare a nazionalizzare le banche cosa che non è avvenuta. La nazionalizzazione delle banche avrebbe ridato sovranità decisionale alla politica, invece i governi occidentali hanno passivamente scelto di fare quello a cui auspicava il sistema di potere della finanza e delle banche, acquistare tempo, far finta di niente, nel frattempo caricare sui debiti pubblici le perdite accumulate negli anni della finanza “Chemin de Fer” e poi continuare a speculare più di prima. Le “banche sistemiche” furono l'alibi per il salvataggio delle maggiori banche fallite, in quanto banche del “sistema” dell'economia moderna. La nazionalizzazione delle banche le avrebbe ricondotte nella vocazione tipicamente bancaria raccogliere risparmio e capitali per finanziare imprese, famiglie investimenti reali. In sintesi la nazionalizzazione avrebbe separato tra economia produttiva ed economia speculativa, evitando garanzie pubbliche per procedere verso un fallimento lasciando agli speculatori i rischi e i costi prodotti negli anni. In sintesi si è persa l'occasione politico-economica di agire alla radice della crisi, consentendo la continuazione in proprio del vecchio sistema deviato. La centralità politica della finanza e delle banche rispetto ai popoli, così si è sostituito il welfare sociale con il bank welfare a spese della collettività. Da alcune stime la bolla speculativa si aggirerebbe di 1,5 quadrilioni di dollari, equivalenti di 1,500.000 miliardi di dollari cifra astronomica. Così la quantità dei derivati sono tornati a crescere esponenzialmente, anche perché, le scommesse si sono spostate sui tassi d'interesse e sui titoli degli Stati. Stati che prima hanno salvato la finanza, e ora per ringraziamento ne vengono “divorati”. La speculazione mirata, riguarda il cibo, le derrate alimentari, infatti, con il calcolo della morte, causa disperazione alla disperazione dei paesi poveri, così la speculazione è rimasta sistemica, nelle banche sistematiche. Senza tener conto della “finanza ombra” che opera fuori da ogni controllo, con un volume pari alla metà di quella regolare. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, nei paesi del G 20 entro il 2020 i debiti pubblici sono destinati a salire fino al 120% bruciando nel presente il futuro delle prossime generazioni. Il mondo occidentale aveva una una connotazione politica ed economica strutturata a partire con la Carta Atlantica del 1941 e poi con gli accordi di Bretton Woods del 1944. La politica e l'economia a braccetto nel processo economico globalizzato. Con il Gramm-leach-Bliley del 1999 che dispose la sostanziale abrogazione della vecchia legge Glass-Steagall del 1933 che vietava la commissione tra Banche Ordinarie, Banche d'Affari, e Assicurazioni così autorizzando le banche a mescolare credito, assicurazione e commercio, riducendo così le riserve a garanzia. Poi con l'approvazione, nel 2000, della legge sull'over-the-counter che legalizzo i “derivati”. La scelta di eliminare molte di dette regole, c'è stato un intenso processo politico, sistematicamente ispirato dall'idea che il mercato è infallibile. Un processo politico e legislativo che non si è fermato agli USA, ma si è esteso in tutto l'occidente creando l'asimmetria tra mercato globale e diritto locale. Un'asimmetria che ha aperto agli operatori finanziari vasti spazi speculativi nell'anonimia, aprendo grandi spazi di attività regolati in patria, ma deregolati e perciò impuniti. Comi si fa a condannare l'illecito se non c'è legge? O ancor peggio, si è aperto per attività posizionate dentro finte, pur tuttavia, internazionalmente, acriticamente e ipocritamente riconosciute. E' questo in particolare l'habitat, in cui ha preso forma e consistenza il cosiddetto shadow banking, la finanza ombra, parallela alla finanza ufficiale e spesso in realtà della stessa emanazione irregolare. L'idea che trasmette è quella dell'alchimia come religione rituale del nuovo capitalismo. Come Faust e Mefistofele creano l'argent, così la bulimia di ricchezza tipica e propria della nuova tecnofinanza la fa uscire dal limitato dominio della realtà fisica, davvero troppo piccola rispetto all'avidità, alla voglia di profitto degli operatori, e perciò tende a elevarla, iperbolica e velleitaria verso l'infinito. Così non parleremo più della fame nel mondo, ma della fame del mondo 12/06/2012

martedì 22 maggio 2012

GLOBALIZZAZIONE E SPECULAZIONE DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

(www.enopress.it). Il termine globalizzazione, di uso recente, è stato utilizzato dagli economisti, a partire dal 1981, per riferirsi prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e grandi aziende - Il fenomeno invece va inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti sociali, tecnologici e politici, e delle complesse interazioni su scala mondiale che, soprattutto a partire dagli anni ottanta, in questi ambiti hanno subito una sensibile accelerazione In campo economico la globalizzazione indica la progressiva abolizione delle barriere commerciali, ovvero l'aumento dei volumi del commercio internazionale, dei flussi internazionali dei fattori della produzione e dei lavoratori e la crescente integrazione economica delle nazioni. Con la stessa parola ci si riferisce anche all'affermazione del fenomeno delle imprese multinazionali nello scenario dell'economia mondiale: in questo ambito si fa riferimento sia alla delocalizzazione di una o più fasi produttive che alla tendenza delle stesse ad ampliare i propri mercati di sbocco. Quale futuro? - Di questi tempi è difficile capire dove ci porterà il sistema politico internazionale, in una realtà, in completa e costante evoluzione. C'è da domandarsi quale futuro per le prossime generazioni. E' facile guardare al passato perché il futuro dell'umanità non sta più in mano alla politica ma all'economia. Quando la politica è dettata dall'economia diventa presbite. Oggi è difficile individuare i confini tra politica e economia. Di certo oggi l'unico settore veramente in forte crescita è la speculazione. Le regole contabili sono diventate elemento strategico, di certo suicide. Ecco perché è necessario elaborare un nuovo sistema di "accuunting standars and rules" Si ha la sensazione che le azioni politiche siano dirette ad aiutare banchieri e maneger. La speculazione è di certo una delle cause di questa crisi economica. Ritorno a Bretton Woods? - Sempre a livello politico dobbiamo individuare la necessità di un sistema "antispeculazione" innovativo finalizzato ad un capitalismo frutto di lavoro e non parassitario, come dire dal volto umano. Con queste importanti misure, con regole generali basate sulla trasparenza. L'attuale crisi è decisamente diversa dalle precedenti. I un mondo globalizzato, essa ha un impatto immediato su tutti i Paesi, tutti i mercati, tutte le società. L'instabilità nei mercati finanziari, la crisi, sta influenzando l'economia reale, il livello del benessere delle persone, la stabilità sociale e politica. C'è la necessità di organizzare una nuova Bretton Woods. Le vecchie regole sono diventate obsolete. I flussi commerciali regolati da Doha Round, hanno raggiunto un punto di stallo, offrendo l'occasione per fissare nuovi criteri commerciali. In un soffio di tempo, in poco più di dieci anni è cambiata la struttura e la velocità del mondo. Meccanismi che normalmente, avrebbero occupato decenni e decenni di storia sono stati concentrati e fatti esplodere di colpo. Il vaso di Pandora - C'è da sapere chi ne ha voluto e causato l'apertura del "vaso di Pandora" liberando forze che oggi sono difficili da controllare. Quando la storia, compie una delle sue svolte, quasi sempre ci troviam davanti l'imprevedibile, l'irrazionale, l'oscuro il violento e non sempre il bene. Forse da qui il Rapporto Urban Operetions in the Year 2020. Redatto dalla RTO (Studies Analysis and Simulation Panel Group, SAS-030). La RTO l'Organizzazione per la Ricerca e la Tecnologia della NATO e' il centro di convergenza delle attività di ricerche/tecnologiche (R&T) per la difesa in seno della NATO. L'Operazione Terrestre o Operazione Urbana (UO-2020) all'orizzonte dell'anno 2020 e' uno studio che esamina la natura probabile dei campi di battaglia, i tipi di forze terrestri le loro caratteristiche e capacita'. Lo studio ipotizza l'andamento della popolazione mondiale entro l'anno 2020 dove la previsione demografica prevede una popolazione di circa 7,5 miliardi di abitanti concentrati soprattutto all'interno di grandi città. Purtroppo la previsione demografica per il 2020 sarà molto più alta del previsto. Dunque il processo economico originato dalla globalizzazione continua a svilupparsi consapevole di eventuali sommosse cruente. Del Vecchio proprietario di LUXOTTICA e più grande imprenditore italiano spiega come funziona l'Italia, anzi....come non funziona l'Italia e perché, allertando il business internazionale che conta sulla situazione nel nostro paese. Vox clamantis nel deserto, la sua opinione è fondamentale, soprattutto in questo momento, e per una ragione ben specifica: perché Del Vecchio è sceso in campo (non ama e non ha bisogno di visibilità) andando all'attacco del cuore della finanza italiana? Dice Del Vecchio "Finchè Unicredit e le Generali facevano le banche andava bene. Poi si sono buttati nella finanza e hanno perso la testa. Ho visto sotto i miei occhi trasformarsi Profumo. Partecipazioni, fusioni, investimenti a pioggia inutili e perdenti, con l'unico fine di agguantare soldi veloci e facili, invece che produrre impresa, con l'unico risultato di ottenere perdite colossali e bonus di uscita per diverse decine di milioni di euro. Nel periodo 2004-2010 il tasso di crescita del valore nozionale dei derivati over-the-counter è stato pari al 132%,mentre l'espansione dei cds è stata tre volte più veloce, pari al 367%. in particolare, tra il 204 e il 2007 vale a dire fino alla crisi subprime il mercato dei CDS, si è moltiplicato addirittura 8 volte a conferma della natura altamente speculativa che questo prodotto ha assunto. Non voglio avventurarmi nella giungla delle formule di riferimento, ma è evidente che la globalizzazione ha creato molte disfunzioni sul piano finanziario. Una volta la banca faceva raccolta, e finanziava e sosteneva investimenti produttivi, anche assumendosi dei rischi. Grazie all'alchimia finanziaria le perdite vengono girate a terzi, una sorta di giro del cerino, e l'ultimo che rimane paga "pegno". Il pegno, nella fattispecie è il patrimonio immobiliare dei debitori. Ovvero una sorta di "perdita" fittizia. E' evidente e necessaria una revisione degli accordi internazionali per bilanciare il sistema economico, ricollocando le banche nel ruolo distinto ed istituzionale Chi fa "sportello" chi fa "affari" e chi fa "assicurazione" al fine di finanziare la produttività per un processo industriale competitivo senza portare il costo del lavoro per fare concorrenza ai paesi terzi. Non è possibile presentare il "conto" alle classi più deboli. Non si può continuare a fabbricare disoccupati tartassati e milionari straricchi. In qualsiasi parte del globo, la politica è fatta di ideali, trame e baratti. Questi ultimi sono un ingrediente fondamentale nella logica del potere, soprattutto di quei poteri forti che non danno niente per niente e al momento buono presentano le cambiali da pagare. Tra gli ambienti finanziari che si aspettano da Monti qualche gesto concreto di buona volontà c'è sicuramente Goldman Sachs, la potente merchant bank americana nella quale il Professore ha lavorato a partire dal 2005, e che ha ingaggiato anche personaggi come Mario Draghi, Romano Prodi, Massimo Tononi e per ultimo il gentiluomo di Sua Santità, Gianni Letta. Paolo Pellicciari

giovedì 12 aprile 2012

QUANDO L'INDIGNAZIONE GRIDA

OLIM HORTACI DESTI FIDEM IGNOTAM

Di Paolo Pellicciari

(www.enopress.it). Più passa il tempo e più il dibattito sull'economia diventa incandescente. La ricaduta sui cittadini della manovra economica "Salva Italia" sta creando sconcerto, disorientamento e indignazione tra gli italiani, ormai stressati da circa quarant'anni di lacrime e sangue.

Cittadini "super tartassati" solo perché proprietari di un bene primario la casa, oppure, di una piccola o media attività imprenditoriale. L'indignazione si fa più vigorosa nella fascia dei redditi più bassi vedi, pensionati e disoccupati ormai ridotti alla disperazione.
Finalmente si cominciano a udire gli allarmi provenienti da organismi istituzionali quale il Garante della Privacy prof. Francesco Pizzetti docente di Diritto Costituzionale un uomo "liberal-cristiano" a cui si è sempre ispirato, ha definito lo stato Fiscale Neo totalitario. "Siamo in presenza di strappi forti allo Stato di diritto e al concetto di cittadino che ne è la radice". Perché «è proprio dei sudditi essere considerati dei potenziali fuori legge. È proprio dello Stato non democratico pensare che i propri cittadini siano tutti possibili violatori delle leggi. In uno Stato democratico, il cittadino ha il diritto di essere rispettato fino a che non violi le leggi, non di essere un sospetto priori. Per questo è importante che si consideri questa una fase di emergenza dalla quale uscirne al più presto. Se così non fosse, ha concluso, anche lo spread fra democrazia italiana e democrazie occidentali sarebbe destinato a crescere». Anche la Corte dei Conti ha criticato il metodo con cui si procede per individuare gli evasori fiscali.
Oggi abbiamo a che fare con lo Spread monetario che sta condizionando la vita economica delle nazioni. Lo spread uno "strumento" altalenante che cala e cresce a in concomitanza delle aste dei titoli di stato.

Speculazione allo stato puro.
Già nel 20008 Enopress si domandò quale futuro per l'Economia Mondiale? Anche la Regina Elisabetta interrogò i docenti universitari di economia domandando! "Voi" dove stavate? La domanda ancora attuale, si potrebbe fare agli economisti italiani, ma "dove stavate"? A questo proposito si potrebbe interrogare anche il prof. Monti. Scusi, ma Lei dove stava?
Da quel tempo ad oggi, nulla cambiato, nessuna iniziativa da parte dei responsabili dei Governi è stata intrapresa per cambiare il sistema economico "innescato" dalla globalizzazione. Come se tutto fosse preordinato in un disegno perverso per concentrare le ricchezze del mondo in un unica "entità" governata da un "King of Gold".

Non a caso ogni vertice internazionale che si è tenuto alla conclusione ci ha tolto un pezzo di democrazia, questo lo vediamo negli alti incarichi europei e nazionali non hanno il suffragio elettorale. Brutto segno.
Con la globalizzazione, si è dato spazio ad una nuova forma di ricchezza, che non è frutto del lavoro e dall'ingegno del singolo cittadino o di più cittadini, ma di origine "parassitaria" che sta sottraendo risorse economiche creando sottosviluppo e disperazioni tra i popoli. Con la centralizzazione "monopolistica" dell'economia, ogni Stato, dove i governanti si devono "prostrare" supplicando "King of Gold" a fare investimenti nel proprio paese. Questo significa l'abrogazione del sistema democratico al volere di Sua "maestà" "King of Gold che imporrà le sue "regole".

The King of Gold e l' Outlet Europa

La ricchezza dal "volto disumano" Il capitale dominante dunque, capitale "dittatore". Non credo di scrivere uno sproposito, ma si comincia connotare un "dittatore" che sta mettendo ai posti chiave dei governi nazionali e internazionali uomini "devoti" al nuovo "King" sua maestà il "denaro". Governanti che operano fuori dai dettami costituzionali, Il "carico" fiscale sta superando il 45%. del reddito, senza considerare la fiscalità indiretta. Un livello che ha pochi confronti nel mondo. "Il fatto rischia di portare a fenomeni di controllo sociale di dimensioni spaventose". Si potrebbe benissimo parlare di "violazione dei diritti umani" a fini finanziari. Ecco perché non è tollerabile che una Banca Centrale, che non ha nessuna responsabilità ne l'obbligo di spiegare quello che fa, possa continuare a creare disoccupazione mentre tutti i governi restano silenziosi. C'è da domandarsi il perché del silenzio. Tanto silenzio che gli stati occidentali sono costretti a vendere "gioielli di famiglia".

"OUTLET EUROPA" Inizia l'era coloniale Da Londra a Roma, da Madrid ad Atene i Governi del Debito offrono ai nuovi "Mecenati Globali" (CINA, INDIA, EMIRATI ARABI E QATAR) Il loro patrimonio storico; palazzi, aziende pubbliche, compagnie elettriche, villaggi abbandonati e persino le montagne. Con le casse vuote, si è costretti a vendere per monetizzare miliardi di euro per pagare i debiti. La cosa che sorprendente che la classe politica che ha creato la voragine del debito pubblico ancore sta al potere. Aver abolito i comitati di controllo è stata una "catastrofe".
Iniziative del genere, fino a due-tre decenni or sono, avrebbero suscitato ondate di panico, sentimenti di umiliazione e proteste di massa: come quando Margaret Thatcher vendette ai privati le ferrovie britanniche. Stavolta, invece, sono in pochi a scandalizzarsi: casomai ci sarebbe da meravigliarsi - sembra essere la tipica reazione - se gli stati indebitati d´Europa provassero a tenerseli, tutti quei beni, con i tempi che corrono. «Il ragionamento è duplice», scrive il Columnist Tom Bawden sul quotidiano Independent. «Da un lato la gente ritiene che sia meglio cedere ai privati un edificio o un servizio pubblico piuttosto che aumentare le tasse o tagliare l´assistenza sociale. E dall´altro, scoprendo sui giornali la lunga lista dei beni posseduti dallo stato, tanti cittadini si domandano: ma ne abbiamo davvero bisogno? A che cosa serviva esserne proprietari?». Quali sono le ragioni del debito? Chi sa a quanto ammonta la spesa pubblica? Credo che un commento il tema lo merita. In Italia la spesa pubblica ammonta ad 800 miliardi per anno solare. Con Monti capo di un governo "burocrazzista" formato da burocrati "milionari" che si guardano bene di ridursi lo stipendio "arroccati" sui diritti acquisiti. Lo scandalo è che continuano gli sperperi della politica e delle esenzioni fiscali clientelari. Nel frattempo, aumentano il numero dei fallimenti, dei disoccupati, in sintesi, sta fermando il processo economico con il conseguente impoverimento dei cittadini. A mio avviso è il palese segnale che i cittadini sono considerati gli "schiavi" del terzo millennio. O ancor peggio "polli" da spennare. Ma poi? Una mattina del 15 luglio 1789, al suo risveglio, Luigi XVI riceve dal Duca de Larochefoucauld-Liancourt gli comunica la notizia della presa della Bastiglia e domanda: Una rivolta? "No" è la risposta, è una "rivoluzione". Luigi XVI non aveva capito la differenza e fu mandato alla ghigliottina.

sabato 24 marzo 2012

Viva Pizzetti, lo Stato Fiscale è Neototalitarismo

Viva Pizzetti, lo Stato Fiscale è Neototalitario
Sia lode e gloria al giustissimo allarme lanciato dal garante della privacy, Francesco Pizzetti, a chiusura del settennato del suo incarico. Pizzetti insegna diritto costituzionale – ho dato l’esame con lui, a Torino - e l’impronta liberal-cristiana ne ha sempre ispirato la dottrina. Lode e gloria a lui che afferma finalmente come sia giusta sì la lotta all’evasione fiscale, ma che «siamo in presenza di strappi forti allo Stato di diritto e al concetto di cittadino che ne è la radice». Perché «è proprio dei sudditi essere considerati dei potenziali mariuoli. È proprio dello Stato non democratico pensare che i propri cittadini siano tutti possibili violatori delle leggi. In uno Stato democratico, il cittadino ha il diritto di essere rispettato fino a che non violi le leggi, non di essere un sospettato a priori. Per questo è importante che si consideri questa una fase di emergenza dalla quale uscire al più presto. Se così non fosse – ha concluso – anche lo spread fra democrazia italiana e democrazie occidentali sarebbe destinato a crescere». In piccolo, lo ricordo tutte le mattine agli ascoltatori di radio24, e spesso c’è chi dice che difendo gli evasori. Il solo fatto che lo Stato abbia inculcato tale riflesso condizionato, per cui ogni misura finisce per essere buona purché l’erario incassi di più, testimonia il rischio strisciante di diventare sudditi prima nella psiche, e poi di fatto.
La lotta all’evasione ha spinto ormai i governi di sinistra prima, di destra poi, dei tecnici ora, a un crescendo di misure che non hanno eguali in alcun Paese avanzato, anche se la propaganda fiscale dice il contrario. Il limite al contante a 1000 euro, per esempio, non c’è in Germania come non c’è nel Regno Unito. In Francia c’è un limite mensile alle operazioni in contanti oltre il quale scatta la segnalazione. A cominciare dal 2012, in Italia siamo passati dalla fotografia statica dei saldi di conti bancari prima vigente, alla condivisione in banche dati pubbliche dell’intera dinamica quotidiana di ogni operazione bancaria di ciascun residente. Consentendo così ad Agenzia delle Entrate e pubblici ministeri il controllo comportamentale e profilato di ciascuno di noi. L’agente delle imposte, come il pm, sulla mera successione temporale di operazioni bancarie potrà disporre l’apertura di fascicoli in cui il semplice determinarsi di flussi può costituire ipotesi di violazione fiscale e reato.
Molti pensano che tutto ciò sia necessario. Ho già scritto che mi ha dato molto da riflettere il libro ultimo del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, Soldi Sporchi. Quando a Grasso ho chiesto in trasmissione se ritenesse giusta questa misura, mi ha risposto che difendere l’opacità e la libertà del capitale transnazionale è difendere la possibilità della mafia di nascondersi, e con lei di tutti coloro che vogliono nascondere i proventi agli Stati e al fisco. Ho rabbrividito, sentendo la privacy di contribuenti e imprese accomunata alla mafia.
Il professor Pizzetti, in questi anni e ieri, ha sempre sottolineato come tutti questi dati condivisi in banche dati pubbliche iperporose, e con migliaia di punti d’accesso, siano un’enorme forma di formaggio che fa gola a molti topi. L’esperienza di questi anni dovrebbe averci dimostrato la difficoltà di controllare davvero l’infinito numero di punti di accesso a banche dati unificate, tributarie e catastali, bancarie e contributive. Per limitare gli abusi il garante della Privacy si è trovato, vista l’esilità della struttura di cui era a capo, a  svuotare l’oceano con un cucchiaino. Cinque anni fa i soli punti d’accesso nei Comuni italiani risultavano oltre 90mila. Oggi, dopo gli sforzi di Pizzetti, ne restano oltre 20mila. La promessa tracciabilità degli ingressi a fini di controllo resta teorica, le password sono spesso condivise. A tali accessi si sommano migliaia di altri nell’intero sistema periferico delle quattro agenzie tributarie, guardia di finanza, forze dell’ordine, polizia giudiziaria. La tracciabilità è ancor più virtuale che nei Comuni. Malgrado il giro di vite che si tentò dopo lo scandalo relativo agli accessi – centinaia, erano – per controllare Prodi e sua moglie, oltre a Berlusconi e famiglia.
Dovremmo inoltre tutti ricordare il fenomeno su cui hanno indagato diverse Procure, il mercato nero opaco e parallelo delle security private –  funzione affidata nelle imprese italiane non a caso spesso ad ex appartenenti dei corpi dello Stato. E’ un mercato illecito che prospera esattamente su dati ricavati illecitamente da punti d’accesso alle banche dati sensibili pubbliche, accessi omertosamente effettuati da ex colleghi e amici in cambio di piaceri e denaro.
Ieri il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino ha ricordato dove sia giunto intanto  il peso fiscale per chi le imposte le paga: «un livello che ha pochi confronti nel mondo». Non sarà solo il mendace 45% di qui al 2014, come dice la contabilità pubblica. Levando dal denominatore, il Pil, il 17% di nero inglobatovi dall’Istat, allora la pressione fiscale reale come tante volte abbiamo ripetuto con Luca Ricolfi si innalzerà intorno al 60% del Pil, e il total tax rate sul reddito lordo delle le imprese salirà oltre il 68% attuale. Occorrerebbero almeno 50 miliardi di entrate pubbliche in meno, ha aggiunto Giampaolino, 32 in meno sul lavoro e 18 per le imprese, per riavvicinarci alle medie europee.
Invece, governasse la sinistra o governasse la destra, la spesa pubblica corrente e le entrate al suo inseguimento sono sempre e solo salite. Più di 20 punti di Pil di maggior pressione fiscale in 30 anni, nell’arco di una sola generazione. Mentre i Paesi ad alto prelievo hanno modulato aumenti in un secolo da Bismarck in poi, in cambio di un’efficienza pubblica che da noi manca, e con assai minori fenomeni di nicchie di impresa e mercato protetti, al riparo di prezzi e tariffe e aste falsate governate dal pubblico, il che spiega la dinamica di crescita incredibile  dei beni e consumi intermedi della PA nel nostro Paese, solo scalfiti da meccanismi di acquisizione centralizzata tipo Consip. Insieme alle piante organiche superfetate – negli anni ‘70 i dipendenti pubblici sono aumentati del 34,5% contro un più 7,2% dei lavoratori privati, negli anni ‘80 del 15,%, contro il 4,9% privato, avevamo 22 dipendenti per lavoratore pubblico nel 1970, sono 13 scarsi oggi - sono le forniture fuori controllo la realtà cancerogena della spesa pubblica italiana, non i servizi finali da tagliare al pubblico, come ogni volta la politica lamenta allontanando da sé la scure di diminuzioni reali dei livelli di spesa. Tasse e spese insieme sono scesi di punti e punti di Pil in paesi come Svezia, Germania, Irlanda, Australia, Nuova Zelanda. Solo da noi da anni e anni ci sentiamo ripetere che le spending review sono in corso perché la politica non si sa dove tagliare con precisione. E che la montagna del debito pubblico non si abbatte con cessioni dei mattoni di Stato, ma con gli avanzi primari realizzati cavandoci ancora più sangue da un reddito sempre più magro.
E’ anche per tutto questo, che fare spallucce alla violazione fiscale della privacy, aderire alla tesi secondo la quale nulla ha da temere chi nulla ha da nascondere, significa essersi mentalmente arresi a George Orwell. Tanto vale aggiungere allora che l’ignoranza è forza e lo slogan che da sempre è proprio dei totalitarismi:cioè che la privacy è l’ombra dietro la quale si nascondono i nemici dello Stato. Di Oscar Giannino