domenica 19 dicembre 2010

IL CONSORZIO DI TUTELA DEL FRASCATI LASCIA LA STRADA DEI VINI E IMBOCCA QUELLA DEL NON "RITORNO"



Il Consorzio, dopo aver “perduto” tutti i Ricorsi presso i veri Tribunali per l'imbottigliamento in zona, il Frascati si avvia verso l'ultimo capitolo di una storia millenaria. Basta leggere gli ultimi comunicati stampa emanati dal Consorzio, per capire la confusione che regna tra i dirigenti, che non riescono a darsi una strategia comune per uscire dalla crisi.

Le escursioni dei prezzi del Frascati sul mercato, la dicono lunga capacità dei dirigenti del Consorzio di darsi una progettualità per il rilancio di un grande vino. Dall'ottenimento della prima DOC d'Italia ad oggi, il Frascati è caduto nell'immobilismo più totale, si sono perse tutte le occasioni di rinnovamento e progettualità per adeguare un prodotto alle nuove esigenze di mercato. L'immobilismo ha relegato il Frascati negli scaffali dei supermercati a 1,60 €. mentre il Frascati sciolto e sciolto 0,80 €. E' il caso di citare Virgilio: OLIM HORTACI DESTI FIDEM IGNOTAM.

Colgo l'occasione per riportare dei dati di uno studio da uno studio del 13 settembre us/ riportato nell'ultimo comunicato stampa pubblicato il 15/12/ cm. Emanato dal Consorzio.


“E’ importante notare che nonostante la produzione massima consentita nel Frascati DOC e’ di 130 q.li/ha, negli ultimi anni la media di produzione si e’ fissata al di sotto di 120 q.li/ha. I costi di produzione sono pertanto anche riferiti a “quintale di uva” prodotta.”

In sintesi, sono identificati i seguenti costi per la gestione e produzione di uva Frascati DOC per l’annata 2009-2010:

Costo considerato per gestione vigneto Frascati DOC

Costo in € rif alla gestione di 1 ha. Costo in € corrisp. a 1 q.le di uva Frascati DOC
Produzione 130 q.li/ha Produzione 120 q.li/ha


Solo manodopera e materiali per tutte le op. agricole. 4746.11 36.51 € 39.55

Con aggiunta di costi generali (manutenzione, amministrazione, assicurazione,

parziale copertura imposte e tasse). 5918.36 45.53 € 49.32
Costo addizionale ammortamento impianti e macchine. 1500.00 11.54 € 12.50

=====

Toale costa Q.le € 101,37


Precedentemente già Paolo Mascherucci aveva fatto una valutazione in relazione ai costi di produzione resa ettaro valore di mercato ne l 1970 Ha 1 costo q.le

Ha 1 13.490 mercato £ 9.000

Ha 4 “ “ “ 11.570 “ “ £ 9.000

Ha 9 “ “ “ 8.900 “ “ £ 9.000

L'indice nel 1975 peggiora notevolmente

Ha 1 “ “ 18.650 “ “ £ 12.000

Ha 4 “ “ 18.860 “ “ £12.000

Ha 9 “ “ 17.630 “ “ £12.000

Una cosa mi indigna, che i dati suddetti non son stati resi noti da i rappresentanti dei viticoltori nel C.d.A. del Consorzio nell'occasione della trattativa per il prezzo delle uve. Non ci vuole una laurea in economia per valutare che le perdite economiche da parte dei viticoltori e da tempo che producono in paerdita. L'incomprensibile controsenso delle dinamiche commerciali tra gli stessi dirigenti del consorzio che rappresentano anche aziende qualificate è inspiegabile. Come è possibile che un'azienda qualificata “puntuale” nei pagamenti verso i viticoltori ( anche se paga poco ) che vende il Frascati a 3€, e si siede al tavolo con chi paga le uve poco e quando gli “pare” vendendo lo stesso vino a circa1,60 €. nella stessa catena distributiva. Da qui il calo di produzione dai 700.000 hl agli attuali 120.000. Il controsenso che il Frascati di qualità conquista i “3 Bicchieri” a significare la qualità che si confronta con i prezzi da saldo. Come è possibile che i Dirigenti del Consorzio, rappresentanti di Aziende Vitivinicole di grande prestigio, compreso quella del Presidente, non si rendano neanche conto dei “danni” che stanno facendo proprio alle aziende di provenienza? E ancor peggio è il comportamento dei rappresentanti dei viticoltori, che “tacciono” quando devono “parlare” e “parlano” quando devono stare “tacere”. Tacciono quando ci fanno sapere che non ci sono “giacenze”. “Tacciono” quando il Dirigenti del Consorzio prendono atto che i viticoltori lavorano in perdita. “Tacciono” sull'uscita del Consorzio dalla “Strada dei Vini. “Tacciono” alla notizia che stanno chiedendo “contributi” per lo smaltimento delle giacenze, in contraddizione con l'esiguità “annunciata” delle “rimanenze” sulla produzione 2009. Tacciono sulla cementificazione “selvaggia” del territorio vinicolo. “Tacciono” sull'abbandono dei vigneti da parte dei viticoltori ormai esasperati. Mi pongo una domanda: con chi abbiamo a che fare? Tanto con chi abbiamo a che fare, che l'Associazione Produttori Uve sotto lo slogan “100 ettari sotto un'etichetta” intende favorire i soci proponendo l'auto imbottigliamento in conto terzi del proprio vino e commerciarlo singolarmente. 100 ettari di vigneto producono un milione di bottiglie che verranno vendute al prezzo di vendita di 4 € la bottiglia. Mi domando con quale piano “commerciale finanziario” intendono affrontare un mercato difficile come quello del vino di Frascati , che per logica avrà sicuramente una lenta e difficile penetrazione vista la concorrenza?.

Aldilà delle cose note, ci sono delle novità. I Consorzi hanno finito il loro ruolo di controllo oggi affidato a “Valoritalia”. Un nuovo Ente finalizzato al controllo della filiera vinicola in Italia. Valoritalia assumerà sicuramente un atteggiamento super partes nella filiera vinicola del Frascati, presupponendo trasparenza nei sorteggi per effettuare i controlli nei vigneti e negli stabilimenti vinicoli. É chiaro che i “sorteggi” debbono avvenire con avviso pubblico onde evitare condizionamenti possibili, vista la “convivenza” nello stesso ufficio con il Consorzio. Si potrebbe aprire una nuova era, e visto il caos “agitato” che regna nella filiera del Frascati invito il Sindaco di Frascati ad aprire un tavolo dove apertis verbis tutti possono intervenire sui temi del prossimo futuro, cementificazione, area metropolitana, cubature di salvaguardia, e rilancio della filiera vitivinicola e redditività produttiva.


Paolo Pellicciari

1!/12/2010

venerdì 19 novembre 2010

MORTALITA' PASSAGGI PEDONALI

L'Asaps lancia l'allarme per la messa in sicurezza. In 10 anni 200mila i pedoni investiti

I passaggi pedonali devono urgentemente essere messi in sicurezza con una più attenta manutenzione della segnaletica orizzontale. Servono nuove strategie con innovativi sistemi di illuminazione (LED), con più frequenti passaggi a chiamata, e una campagna di sensibilizzazione sia verso i conducenti che verso i pedoni stessi, "ricordando fino allo sfinimento che ci si deve rendere il più visibili possibile, specie di notte e col maltempo, e che quando noi vediamo una macchina in arrivo, non è affatto detto che il conducente abbia visto noi".

A chiederlo, sottolineando la necessità di sanzioni frequenti per chi viola le regole, è l'Asaps, che cita i recenti dati ACI-Istat.

"Numeri folli", come li definisce l'Associazione, perché in pratica 57 pedoni al giorno vengono investiti e feriti, mentre 2 perdono la vita. E’ calcolato che 35 pedoni ogni 100.000 abitanti ogni anno finiscono sotto le ruote di un veicolo ed è significativo che il 35% è investito sugli attraversamenti pedonali, compreso il 25% di quelli che sono stati uccisi.

Il fenomeno, di fatto, sembra inarrestabile. In Italia negli ultimi 10 anni è come se fossero sparite intere città come Padova o Taranto (200.000 abitanti).

"Un esercito di fanti della strada decimato dalla frenesia della mobilità, dalla distrazione in servizio permanente effettivo, dalla velocitàsottostimata, dall’alcol e dalla droga efficaci ausiliari della mortalità stradale", ha scritto Giordano Biserni, presidente dell'Asaps.

Le principali vittime restano gli anziani: 368 (57%) avevano più di 65 anni (211 maschi 57% e 157 femmine 43%), mentre quasi la metà (50%) dei pedoni morti aveva più di 70 anni. Insieme a loro anche tanti bambini: 19 lenzuoli bianchi. In questo caso sono state le bambine a prevalere con 13 decessi, rispetto ai 6 dei maschi, e la fascia più colpita è quella cha va da 0 a 4 anni con 9 bambini morti. Anche fra i 20.640 pedoni feriti (+0,6%) prevalgono le femmine, con 11.142 ospedalizzazioni (54%) rispetto ai 9.498 feriti maschi (46%).

Le regioni che contano il maggior numero di investimenti di pedone sono nell’ordine la Lombardia con 3.835, il Lazio 2.542, la Toscana 1.771, l’Emilia Romagna 1.434, il Piemonte 1.408. Fra le province al primo posto negli investimenti c'è Milano (2.423), seguita da Roma (2.245), Genova (832), Torino (807), Firenze (680) e Napoli (587), mentre le città che contano il maggior numero di decessi sono Roma con 52 morti fra i pedoni, seguono a distanza Milano con 27, poi Napoli con 8, Bologna e Venezia con 7.

Basterebbe leggere i dati appena descritti per capire che quando si parla di passaggi pedonali servono le dovute attenzioni.

Non ci sono professionalità deputate alla soluzione di queste problematiche. Le variabili nel complesso delle problematiche relative alla conduzione del veicolo sono diverse. In primo luogo le condizioni psico fisiche del conducente, le condizioni meccaniche dal veicolo, lo stato di usura dell’impianto franante, e lo stato della superficie stradale.

I grafici sottostanti sono stati rilevati dagli atti della Commissione Pellicciari per valutare le decelerazioni veicolari in prossimità dei passaggi pedonali.


Come si può notare dal grafico n° 1 all’aumentare della velocità lo spazio di frenata aumenta con una proporzionalità quadratica (cioè se la velocità raddoppia, lo spazio di frenata quadruplica); quindi sarebbe opportuno aumentare la distanza di sicurezza, in modo che sia maggiore dello spazio di frenata, per evitare situazioni pericolose con rischio di incidenti. Con il grafico sottostante si misura la distanza per istallare i rallentatori di velocità in prossimità dei passaggi pedonali




Dal grafico, n° 2 si può notare, che lo spazio di frenata varia in modo inversamente proporzionale alla forza frenante applicata.

Quindi se l'efficienza dei freni diminuisce il veicolo tende a percorrere prima di fermarsi una distanza maggiore.



Nel piano nazionale della mobilità veicolare focalizza i passaggi pedonali con un grado di pericolosità e per mortalità.

Vediamo perché, in base agli spazi d’arresto di un veicolo:



Strada asciutta

Velocità 20 km 30 km 40 km 50 km 60km

t. reazione m 5,5 8,3 11 16,6 19

frenata m. 2 4,5 8 12 12,5

arresto m 7,5 12,8 19 26 34

Strada bagnata

arresto m 9,5 17,8 27 38,8 52



E’ chiaro il motivo dell’alta mortalità sui passaggi pedonali?



Vorrei ricordare a tutti che quando si parla di strada dobbiamo mettere al centro il cittadino.

Mi spiego meglio: se la strada è progettata male ci muore il cittadino di destra e di sinistra per cui la dialettica si deve svolgere su tematiche di ordine tecnico e non demagogico.





Il Regolamento di Attuazione del Codice della Strada (DPR 495/1992, come modificato dal DPR 610/96) all’Art. 179. (Art. 42 Cod. Str.) prescrive per i rallentatori di velocità al comma 5:

I dossi artificiali possono essere posti in opera solo su strade residenziali, nei parchi pubblici e privati, nei residences, ecc.; possono essere installati in serie e devono essere presegnalati. Ne è vietato l'impiego sulle strade che costituiscono itinerari preferenziali dei veicoli normalmente impiegati per servizi di soccorso o di pronto intervento”.

Vi ricordo a tutti che la strada è “assassina” e chi guida deve sapere e tenere ben presente che c’è un modo per salire in macchina, e tre per scendere. Ti fanno scendere perché sei morto, scendi in carrozzella, oppure con le proprie gambe.

Il fine settimana teatro delle stragi

Le strade in cui ci si scontra più spesso sono quelle urbane, teatro del 44% degli incidenti mortali.

Il mese più nero è luglio: quando la gente è in fila per le vacanze. In generale, nel corso dell’anno, giovedì e venerdì si sono rivelate le giornate con la maggior concentrazione di incidenti (33.414 e 33.349) e feriti (46.120 e 46.038).

Sabato invece è stato il giorno in cui sono morte più persone (708; 16,7% del totale); le 18 l’ora più critica (17.367 con 297 morti e 24.664 feriti), mentre tra le 22 e le 6 si sono verificati gli incidenti più pericolosi: 27.872 (12,9%) che hanno causato il decesso di 986 persone (23,3%) e il ferimento di altre 45.242 (14,7%).


Emergenza ciclisti

Le auto sono state la categoria di veicoli maggiormente coinvolta: 269.035, pari al 66,9% dei veicoli. Seguono 55.028 motocicli (13,7%), ciclomotori (6,6%) e biciclette (3,9%). L’indice di mortalità medio dei veicoli è stato pari a 0,9%, per motocicli e biciclette è stato più che doppio (1,9%).

Vi porto a conoscenza dei dati statistici sulla mortalità stradale e come potete constatare nelle aree urbane si deve porre più attenzione alla sicurezza stradale.

E’ necessario che l’attività sanzionatoria non deve riguardare solo gli utenti della strada ( automobilisti e così via ) ma anche gli Enti proprietari delle strade (statali, provinciale e comunali) dovrebbero essere penalizzati. Trovo ingiusto che un automobilista che supera i 50 km ora venga multato, e un Comune che “sbaglia” l’istallazione della segnaletica stradale con tutte la conseguenze del caso è immune da qualunque sanzione.

Concludo citando Andreotti, che in un libro scrisse: “la Legge è Uguale per Tutti” peccato che la scritta sia alle spalle del giudice.


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domenica 31 ottobre 2010

TRADIZION, CULTURA, STORIA DEL VINO DI FRASCATI

TRADIZIONE, STORIA E CULTURA ATTORNO ALLE VIGNE LAZIALI

RISALGONO A ENEA I VIGNETI DEL LATIUM

(www.enopress.it). Portano addirittura alla nascita di Roma le origini dei vigneti del Latium: Da Enea al Sommelier, Passando per la Grande Distribuzione - Venerdì 29 ottobre dalle ore 17 alle 21:30, presso il Grand Hotel St. Regis, Via V.E. Orlando,3, in occasione della DEGUSTAZIONE delle ECCELLENZE del LAZIO, Dalla tradizione alle nuove tendenze, organizzta dall' Arte dei Vinattieri, si tiene la presentazione dei volumi: "Frascati ai tempi di Nannì" di Paolo Pellicciari e "I vini pontini" di Mauro Maccario - Inoltre, l' Editore David Ghaleb presenta la preziosa collana dei libri dedicati alla tradizione del territorio e alla cultura del Viterbese.

Enopress è lieta di anticipare l'intervento di Paolo Pellicciari, autore del bel libro "Frascati ai tempi di Nannì" sul tema delle vicende millenarie che caratterizzano le origini dei vigneti del mitico Latium.

Da Enea al Sommelier, Passando per la Grande Distribuzione, di Paolo Pellicciari
In vino veritas. "Qui bene bibit bene dormit, qui bene dormit non peccat, qui non peccat vadit in caelum, ergo qui bene bibit vadit in caelum!"

Origini dei vigneti del Latium
Come si racconta nell'
Eneide, Enea, figlio della dea Venere, fugge da Troia, ormai presa dagli Achei, con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio. Dopo un lungo peregrinare approda nella Latium vetus ( antico Lazio ) . Qui, Enea viene favorevolmente accolto dal re Latino e da sua figlia Lavinia. Enea, innamoratosi di lei deve però affrontare Turno, re dei Rutuli, a cui il padre l'aveva inizialmente promessa in moglie. Sarà l'uccisione del giovane cortigiano latino Almonte, avvenuta in una rissa coi Troiani, a fornire a Turno il pretesto di un intervento armato.

Terminata la guerra Enea poté sposare Lavinia e fondare la città di Lavinio in onore della moglie. (l'odierna Pratica di Mare) Le popolazioni d’allora avevano una struttura tribale dediti alla pastorizia, e ad una primordiale struttura agricola basata perlopiù su prodotti spontanei tipici del territorio. Da Lavinio si inoltra nel territorio fino ai colli albani Secondo gli storici la città di Alba Longa fu fondata da Ascanio, o figlio di Enea, trenta anni dopo la fondazione di Lavinio.

Dai Colli Albani al monte Tusculum il passo è breve, e Telegono, figlio di Ulisse o al re latino Latino Silvio, nipote del Silvio figlio di Enea si insediano nella comunità di cui sono stati rinvenuti reperti piuttosto antichi, che portano la datazione dei primi insediamenti umani all'età del rame. L'abitato vero e proprio, situato sulla sommità della dorsale vulcanica del Tuscolo, sorse attorno all'età del ferro. Il geografo tedesco naturalizzato italiano Filippo Cluverio afferma che la città venne fondata dai Latini circa trecento anni prima della guerra di Troia. Il territorio di Tuscolo non era certo il "cucuzzolo" che vediamo oggi, ma si estendeva dall’odierna Anagni all’area pontina fino al mare.

I greci nella fattispecie oltre alla civiltà portarono anche la vite per produrre il vino. Il vino già allora oltre ad essere bevanda rappresentava un simbolo religioso tanto da essere definito nettare degli Dei. A seguire viene fondata Roma nell’anno 753 a.C. secondo lo storico latino Varrone, sulla base dei calcoli effettuati dall'astrologo Lucio Taruzio.

Alla nascita di Roma, Tuscolo era già una comunità organizzata e già coltivava la vite importata dai greci anni prima, per cui già all’epoca nelle nostre zone si produceva vino. Il vino oltre ad essere bevanda, era anche nutrimento essenziale per fornire calorie a sostegno delle attività che all’epoca dovevano essere piuttosto faticose. Roma per la natura geografica, e la sete di potere, inizia lentamente ad espandersi e Tuscolo diventa il naturale fornitore di vino ai romani dall’ora. Dal primo nucleo abitativo Roma inizia una graduale espansione tanto da conquistare un impero. Più si espandeva l’impero e più piantavano vigneti che nei secoli a seconda della zona si connata una menzione, da qui, i vari nomi dei vitigni e vini. Nessuno può negare le origini tuscolane dei vari vitigni coltivati in tutto il mondo.

Da quell’epoca fino alla fine dell’ottocento la vite ramificava sugli Olmi. Tanto che l’Olmo viene pregiato come albero della vita, per questo ogni comune doveva intitolargli una strada. Frascati che non si fa mancare niente ha una strada, una piazzetta e un vicolo.

Dicevo, che il vino era ed è un simbolo religioso. Fino alla nascita di Cristo era definito il nettare degli Dei. La religione Cattolica eleva il vino a "Sangue di Cristo" dando un’importanza liturgica di grande importanza e sacralità. Nel 500 dopo Cristo, Anicio Tertullo signore di Tuscolo crea un impianto rivoluzionario per soddisfare le richieste di vino provenienti da Roma ormai una città. Comincia ad utilizzare il palo ( passone) al posto dell’Olmo. Cosi diventa il precursore della viticoltura moderna ancora oggi i passoni sono portanti del vigneto. Nell’Anno 1191 I tuscolani perdono la battaglia di Prataporci, e Tuscolo viene messa a ferro e fuoco, e cosparsa di sale per impedire ogni forma di agricoltura. I superstiti fondarono Frascati e ricominciarono la coltivazione della vite.

Un mecenate e raffinato buongustaio fu il cardinale Scipione Borghese- l’artefice delle più belle e fastose ville tuscolane - così descrive le bellezze dei luoghi, che già in quel tempo, prima della metà del '600 , era giustamente rinomato : "della bontà del sito non mi è necessario dirlo, perché la virtù et la varietà et la opportunità del terreno si mostra pur anco hoggidì, quando le sue vigne producono frutti et liquori di tale squisitezza, che io non intendo in quale parte si trovino migliori". Tra i più antichi ed illustri intenditori del "Frascati" - anche perché ne fu il primo e più autorevole estensore delle norme di coltivazione e vinificazione nel suo celebre trattato De Agricultura - spicca certamente Marco Porcio Catone detto Il Censore. Originario di una famiglia di viticultori tuscolani , uomo sapiente, abile politico e oratore, capitano valoroso, governatore di province, gradiva egli stesso porsi al lavoro delle sue terre assieme ai propri dipendenti, dividendone poi il cibo semplice ed il vino genuino.

Varrone ricorda le feste tuscolane "Vinalia" per il vino nuovo del Tuscolo ed alcuni provvedimenti relativi alla sua esportazione in Roma. Con questo buon vino, al dire di Macrobio, Ortensio innaffiava i celebri platani che aveva piantato sulle liete pendici tuscolane perché crescessero più rigogliosi. In questa carrellata dei più antichi cultori e frequentatori del Tuscolo, come non ricordare il grande Marco Tullio Cicerone, che vi possedeva la prediletta tra le sue ville dove amava rifugiarsi di preferenza e da dove trasse il titolo la sua più celebrata opera filosofica, le "Tusculanae disputationes"?

Anche Lucullo, il celebre generale romano, passato alla storia più per la predilezione della buona tavola che per quella di armi e di studi, possedeva una splendida villa alle falde del Tuscolo dove si dilettava ad invitare amici, quali Cicerone e Catone l'Uticense - pronipote del grande Marco Porzio - ospiti non solo della sua fornitissima biblioteca ma altresì dei suoi famosissimi banchetti, dove certamente il vino tuscolano scorreva abbondante. Intorno all’anno mille, quando l’antichissimo Municipium Tuscolanum si era trasformato in rocca feudale dei Conti, i potenti alleati degli Imperatori di Germania, tra i più grandi cultori del vero vino di Tuscolo, vi fu Cristiano di Mangoca, generale di Federico Barbarossa frequentatore abituale delle taverne tuscolane

Si deve giungere a Paolo III Farnese (1533-49) - Papa italianissimo, che prima di salire al soglio di Pietro era stato vescovo suburbicario della diocesi ed aveva appreso ad amare Frascati e le sue bellezze naturali, per vedere ristabilire la supremazia del Frascati sul vino d'Oltralpe. Dopo aver dichiarato che " i vini francesi danno alla testa" Paolo III li bandì senz'altro dalla sua mensa.

Dopo la seconda metà del secolo XVI fu assai sentita la necessità di tutelare il costo della vendita dei vino, destinati al popolo. Coincide con questo movimento di vera e propria tutela del consumatore l'apparizione della "fojetta" (1589) imposta da Sisto V. Precursore di questo regime di tutela fu Marcantonio Colonna, Signore e Vicario di Giulio II della Rovere, che negli statuti concessi alla città di Frascati stabiliva in alcuni importantissimi articoli regole che ancor oggi vengono ribadite in decreti. Precisamente detta l'art. 96: "che il vino delli forestieri si venda a ellezione dei soprastanti" (quindi un Consorzio di Difesa e Tutela ante litteram). "Statuimo et ordiniamo che qualunque del detto castello, ovvero altri che venda vino, che lo portassi fori d'esso castello, a vendere in esso, che sia vino latino, non sia lecito a nessuno venderlo più di quello che gli sarà imposto dagli soprastanti, et chi contraffarà paghi pena di soldi vinti per qualunque volta et per qualunque misura". Verso il 1600 a Villa Taverna per caso viene scoperto "Zinzeru" il vino "frizzante" della campagne di Frascati detto "Romanella" nomignolo della Perpetua del cardinale Ferdinando Taverna. Il primo "spumante" in assoluto.

Il Dalmasso, nella sua "Storia della vite e del vino in Italia", ricorda come il medico di Sisto V, Andrea Bacci, autore di uno dei primi trattati sui vini d'Italia, avesse definito Frascati "luogo di delizie, generoso di uve e di vari frutti", mettendo in evidenza che quegli industri coltivatori avevano propagato nelle loro vigne le viti più elette d'Italia" dalle quali si ottenevano vini che venivano forniti "ai conviti principeschi, nonché alle mense borghesi di Roma".

Il Frascati vino di Roma per eccellenza.
Durante l’ultima guerra molto del terreno vignato del Frascati, vien calpestato dai carri armati e dopo il conflitto i vigneti vengono ripiantati manualmente, con grandi sacrifici e patimenti dei frascatani vocati alla viticoltura. La produzione si aggirava, intorno ai 700.00 hl Negli all’incirca negli anni 60 comincia il processo di qualificazione dei vini varando i decreti che costituiscono le DOC. Nel Lazio il Frascati ottiene il riconoscimento della prima DOC d’Italia. Poi a seguire tutte le altre

Nel contempo inizia l’era della grande distribuzione, gradatamente si insediano supermercati in tutte le città d’Italia, attraendo l’industria alimentare per le quantità di prodotti consumati dal sistema distributivo. Non poteva fare eccezione il sistema industriale vinicolo. Molti vini prestigiosi si trovavano e si trovano negli scaffali dei supermercati a causa anche del grande potere d’acquisto condizionando sempre più a ribasso il prezzo dei vini. L’industria vinicola di fatto si è trovata "impicciata" in un sistema più impegnativo del previsto. Per competere con i prezzi imposti la cronaca ci ha informato di frodi vinicole di notevoli dimensioni che hanno screditato tutta l’industria vinicola italiana. Anche i questi giorni ci sono sotto esame 2 milioni di litri di vino.

In un processo di pianificazione in "basso" dell’economia si avverte la necessità di realizzare prodotti vinicoli sempre più economici etichettati con marchi prestigiosi. Errori gravissimi, perche si va a comprare un vino dal marchio prestigioso ad un certo prezzo, e al supermercato le troviamo a 3 € creando un danno "occulto" ad effetto ritardato.

Nell’era moderna si guarda sempre di più al Sommelier figura emergente nel mondo vinicolo. Professione che non ha una grande storia, la nobiltà romana non frequentava la ristorazione tradizionale romana. I pranzi o le cene avvenivano nelle loro residenze romane o di campagna, con i vini prodotti nei loro vigneti. Serviti dai loro maggiordomi, perchè solo loro si potevano avvicinarsi ai commensali versando il vino spesso in calici di Boemia o d’argento. Mentre i camerieri "valletti" servivano le varie portate.

Il Sommelier celebrante di un rito antico
Oggi il Sommelier ha assunto un ruolo importante in un processo qualitativo in atto, del vino, perché è colui che garantisce la qualità e la caratteristiche da consigliare in relazione alle varie portate. Esso assume non volendo il ruolo di un "Sacerdote" che celebra un "rito" laico, finalizzato alla scelta più appropriata di un vino che ne valorizzi l’anima che contiene. Dobbiamo dare merito ad Arcioni per il lavoro promozionale che svolge a favore delle Enoteche. Arcioni con le sue iniziative, volge lo sguardo al futuro. Non a caso il presente è il frutto del passato e il seme del futuro. E guardare al futuro significa capire le nuove generazioni, le nuove etnie presenti nel nostro territorio, e valutare i prodotti da immettere sul mercato, e non sempre i nostri prodotti calzano queste esigienze.

Nel Lazio si fa il vino Dar Tempo de Noè e questo avrà pure un valore aggiunto? In una realtà globalizzata non si può pensare di soddisfare le esigenze di un mercato pianificato. Dobbiamo pensare ai nuovi ricchi dobbiamo assumere la presunzione di produrre un vino per chi se lo può permettere. Mettendo sul piatto del valore storia, tradizione, esclusività e qualità, qualità e qualità.

Grazie a Claudio Arcioni, alle enoteche storiche romane e a tutte le autorità invitate presenti per aver organizzato questa splendida manifestazione tematica sui vini del Lazio, che hanno origine dalla viticoltura da quando la nostra regione si chiamava Latium

martedì 19 ottobre 2010

Il FRASCATI DI QUALITA' CONQUISTA TRE BICCHIERI

Complimenti alla Cantina Poggio le Volpi il Gambero Rosso gli attribuisce Tre Bicchieri.

Finalmente una buona notizia.

Una azienda vinicola del Frascati ottiene l’ambito riconoscimento dei “Tre Bicchieri del Gambero Rosso. La Cantina Poggio le Volpi con un lavoro di selezione ha dimostrato che il frascati è un grande vino che va salvaguardato e protetto dalla”armata” di betoniere che stanno invadendo il nostro territorio.

Trovo discutibile l’atteggiamento del Sindaco di Frascati strumentalizzando il premio affermando che il Frascati è un vino d’eccellenza e per questo meritevole di onori.

Grande plauso ai dirigenti del Consorzio in particolare al presidente Mauro De Angelis per l’attività svolta in favore del Frascati.

Caro sindaco, se tu leggessi i miei articoli di renderesti conto della drammatica situazione in cui versa il Frascati ormai da più di qualche lustro a causa della speculazione che ha subito da imprenditori senza scrupoli che nessuno ha mai ostacolato.

Quando il presidente del Consorzio si riempie la bocca con le noiose frasi fatte, trite e ritrite che lasciano il tempo che trovano, evidenziando un terrificante immobilismo che non porta da nessuna parte.

E’ mia convinzione che prima il Presidente del Consorzio si dimette e meglio è.

L’affermazione, ottenuta dalla cantina Poggio le Volpi è uno “Schiaffo” alle aziende che vendono il Frascati alla grande distribuzione a 1,90 al consumatore.

Il Presidente del Consorzio si deve dimettere perché la vendemmia 2010 rivela una drammaticità produttiva di uve tra il 30/40% di meno a causa della peronospora. Anche il Sindaco di Monteporzio Luciano Gori ha di recente confermato il calo di produttività, e nonostante ciò, non c’è la corsa della aziende vinicole ad accaparrarsi la materia prima per soddisfare le richieste di vino da parete dei loro clienti. Se tanto mi da tanto, debbo ritenere che qualche mercato rimarrà “scoperto” e per logica di mercato dovrebbe aumentare il valore della singola bottiglia, secondo le logiche del mercato tra domanda e offerta.

Ai viticoltori che gli viene il tasca? Senza ombra di smentita posso dire “niente”

Se la legge di mercato non viene attuata c’e da ipotizzare ripeto ipotizzare che potrebbero essere vere le voci che viene importato vino dalla Spagna e dalla Grecia. Per sgombrare il campo da ogni dubbio è necessari che “Valoritalia” espleti un controllo a trecentosessanta gradi per accertare esattamente quanta uva e quanto vino viene prodotto.

Al contempo il Sindaco di Frascati dovrebbe imitare l’iniziativa dell’Assessore Regionale del Piemonte che ha convocato un tavolo per mediare il prezzo delle uve tra i produttori e gli imbottigliatori. L’intesa che ne è scaturita una valutazione delle uve per la vendemmia 2010 97,20 €/q (quintale). Parliamo di ASTI. Per il Brachetto DOC128,38 €/q (quintale).

Il confronto con il prezzo delle uve con le uve del Frascati è abissale. Ma non stiamo parlando del vino famoso ne mondo, di grande tradizione, e chi più ne ha più ne metta. Ciò a dimostrazione del fallimento della politica commerciale avallata dal Consorzio di Tutela ecco perché il Presidente si deve dimettere. E il Sindaco è invitato a convocare un tavolo per stabilire il prezzo delle uve.

Concludo facendo i complimenti alla cantina Poggio le Volpi per il risultato raggiunto che darà sicuramente un segnale di qualità. La qualità ha sempre "pagato"

Paolo Pellicciari

lunedì 18 ottobre 2010

CHE DICE LA POLVERINI? CHE TE MORI!

Primo ok al piano sanitario.

Ma il confronto resta aperto

Vertice Polverini-tecnici del ministero. Via al dialogo con il territorio. La governatrice: "E' andata bene. Entro una settimana chiudiamo la verifica".

Il piano ospedaliero incassa un'approvazione di massima da parte dei tecnici del governo, anche se il tavolo di confronto rimarrà aperto per rimodulare qualcosa e avviare un confronto con i territori coinvolti. Con una mossa a sorpresa, la governatrice Renata Polverini ha chiesto e ottenuto di anticipare a ieri il tavolo di confronto con il governo sul piano di riordino della rete ospedaliera presentato lo scorso 30 settembre in qualità di commissario ad acta per la sanità. «Abbiamo chiesto noi e abbiamo ottenuto l'anticipazione del tavolo tecnico di verifica sul piano di rientro della sanità, rispetto alla possibilità che era stata ventilata ieri addirittura di rinviare i tavoli alla prossima settimana», conferma la Polverini, che, motivando tale scelta, spiega di «aver voluto illustrare nel dettaglio tutto il nostro piano di rientro. Ci siamo dovuti confrontare anche rispetto alla drammatica situazione dalla quale siamo partiti. Ho chiesto e ottenuto che il tavolo rimanga aperto perché così ho la possibilità in questi giorni, come sto facendo, di sentire i sindaci ed eventualmente raccogliere qualche indicazione dal territorio».


Sull'esito del tavolo la governatrice è cautamente ottimista: «È andato bene, abbiamo approfondito gli aspetti tecnici, organizzativi e finanziari e quindi siamo ormai in una fase di verifica aperta che si concluderà, pensiamo, la prossima settimana. Siamo convinti di farcela, credo ci vorrà qualche giorno, ma non moltissimi anche perché abbiamo l'importante scadenza del 31 ottobre». Termine, quest'ultimo, fondamentale: se il piano verrà promosso il governo sbloccherà i 420 milioni di fondi Fas necessari a scongiurare l'aumento delle aliquote Irpef e Irap. «Il tavolo è aperto e continueremo a lavorare in questi giorni rispetto ad alcune questioni che oggi abbiamo approfondito», conclude la Polverini che si definisce «soddisfatta perché il lavoro che abbiamo fatto è stato apprezzato. Ora si tratta di trovare la soluzione migliore che porti alla convalida del piano». E, a proposito di confronto, i medici del Lazio annunciano lo sciopero generale della sanità regionale. Le motivazioni verranno spiegate domani dal vertici regionali dell'Anaao Assomed. Mentre Cgil, Cisl e Uil tornano a chiedere alla Polverini un incontro urgente per confrontarsi sul piano di riordino della rete ospedaliera.

sabato 16 ottobre 2010

SANITA'! "MANCO ROMA SE SARVA"

Posti letto, così cambiano gli ospedali di Roma: I numeri del piano Polverini




Allegato D. Sono 140 pagine, all’interno del decreto 80 della presidente Renata Polverini per il riordino della rete ospedaliera, che riassumono quanto succede alla voce posti letto e reparti negli ospedali del Lazio. Fino ad oggi si è parlato molto dei 24 ospedali che saranno riconvertiti, tutti nell’hinterland e nelle altre province del Lazio, dei 2.800 posti letto che saranno tagliati; meno di come saranno riorganizzati gli ospedali romani.

In alcuni casi si potenzia, in altri si ridimensiona. Ci sono i 73 posti letto che perde il San Giovanni, i 158 del Gemelli, i 105 dell’Umberto I. Il subcommissario Morlacco ha spiegato che in molti casi si calcolano posti letto che non vengono utilizzati. Ma ci sono anche strutture con il segno positivo: i + 20 del Campus biomedico, i + 24 del Sant’Andrea, i + 46 di Tor Vergata.

Anche su Roma ci sono le prime mobilitazioni. Una delle più forti è quella del Cto, lo storico ospedale della Garbatella che perde oltre settanta posti letto, dove per oggi è prevista una fiaccolata contro il ridimensionamento della struttura che andrà a unificarsi, dal punto di vista amministrativo, con il Sant’Eugenio. Dipendenti e cittadini marceranno in un percorso che prevede anche il passaggio vicino al palazzo della Regione e al Cto. Sotto accusa, ricorda il presidente dell’XI Municipio, Andrea Catarci, la chiusura del «pronto soccorso, della Breve osservazione intensiva e lo spostamento della neurotraumatologia e dell’Unità Spinale stessa».

Ieri, invece, al San Filippo Neri c’è stata una inaugurazione: il nuovo padiglione D. Si tratta di un edificio di sette piani, 12 mila metri quadrati, 61 posti letto ordinari e 21 day ospital. A inaugurarlo c’era la presidente della Regione, Renata Polverini. Ha visitato la nuova struttura, costata 15 milioni di euro dove lavoreranno 175 persone, di cui 49 medici e oltre 100 infermieri. E’ stato in questa occasione che la Polverini ha spiegato che, di fatto, il piano consegnato martedì al tavolo interministeriale di valutazione non cambierà, anche in questi dieci giorni concessi per un confronto con i sindaci. Ha detto: «A chi manifesta voglio mandare un messaggio molto chiaro: non avranno la mia disponibilità a salvare ospedali che non lo sono più, perché se l’84 per cento dei ricoveri è per geriatria allora non sono più ospedali ma Rsa. Salveremo gli ospedali che fanno gli ospedali. Gli altri li trasformeremo in ospedali del territorio e nessuna mobilitazione potrà fermare questa opera di risanamento. E’ prioritario ottenere l’ok al piano di rientro, perché da esso, ha ricordato, dipende lo sblocco del turnover, lo stop all’innalzamento delle tasse (se accadrà le aziende scapperanno e le famiglie saranno sottoposte a una forte pressione fiscale), fondi Fas e la possibilità di realizzare strutture pubbliche. Senza il piano non possiamo fare neanche una stanza. Dunque ci auguriamo che il piano passi perché non voglio nemmeno immaginare questa regione senza il piano».