sabato 25 giugno 2011

IL RITORNO DELLA VITE SULL'ALBERO

Data di inserimento: venerdì 24 giugno 2011


(www.enopress.it). Il 28 febbraio 2011 Enopress ha dato ampio spazio all'esperimento condotto da Cantine Novelli in Umbria - Con il titolo TRAIBO: IL VINO CHE VIENE DAGLI ALBERI ha dato notizia della della riscoperta di parte dell’enologia umbra, presentando l’evoluzione nel pensiero del Trebbiano Spoletino e la nuova sfida: in epoca di globalizzazione, ricreare la forma storica maritata ad acero, antieconomica perché implica la gestione di ogni vite come un vero e proprio albero, dove ogni operazione viene svolta manualmente.

1900: Il Trebbiano Spoletino cresce sugli alberi.
2000: il Trebbiano Spoletino rischia l’estinzione perché, ormai, ritenuto vitigno poco produttivo nella sua forma tradizionale, maritata ad acero.
2003: Cantina Novelli, grazie alla lungimiranza di Stefano Novelli, inizia il lavoro di recupero, compiuto con lo staff del Prof. Attilio Scienza.
2011: Il Trebbiano Spoletino diventa Doc e rinasce il suo successo.

Cantina Novelli illustrerà in cosa consiste il progetto, che riporterà in produzione questa antica forma, straordinaria per il valore storico e paesaggistico. Se il progetto vigneto è ancora all’inizio, nel calice il 16 marzo sarà presentato Traibo, prodotto con le uve provenienti dal più bel vigneto maritato all’acero dell’intera valle spoletana, composto da piante prefillossere, tra gli 80 e i 100 anni, che hanno "vissuto" le due Guerre Mondiali. L’uva prodotta da queste piante straordinarie, veri e propri alberi, ha caratteristiche speciali. Anzitutto perché, per selezione naturale, sono sopravvissuti solo i ceppi migliori, che oggi possiedono apparati radicali profondi, che rendono la pianta meno soggetta alle oscillazioni climatiche. Inoltre, a 3 metri di altezza dal suolo, le uve si trovano in condizioni ottimali, ben esposte ai raggi solari e protette dall’umidità del terreno. Questo permette di condurre le uve a perfetta maturazione, vendemmiando alla fine di novembre, ai primi segni di appassimento, ancora in perfetto stato di sanità.

Traibo
Con Traibo Cantina Novelli completa la gamma del Trebbiano Spoletino, che annovera la versione tradizionale e lo spumante metodo classico. Tutte e tre le versioni saranno presentate in degustazione.
Alla vendemmia delle uve, a fine novembre segue, in cantina, la pressatura e poi la fermentazione, che avviene in legno, in botti di acacia della capacità di 500 l. In botti di rovere avviene l’ elevagé a contatto con le fecce fini.
L’evento del 16 marzo sarà anche l’occasione per presentare la mostra fotografica dedicata agli antichi volti del Trebbiano Spoletino, quelli dei contadini che hanno permesso di conservare questo vitigno. In epoca di globalizzazione, quindi, Cantina Novelli lancia una nuova sfida: tornare alle origini e recuperare un legame con il territorio più vero.

Sull'argomento della 'vite maritata' all'albero abbiamo ricevuto da Paolo Pellicciari un' interessante rassegna storica - iconigrafica che volentieri ptoponiamo qui di seguito, sotto il titolo la vite resa 'vedova' dell'albero, l'olmo - tra i più utilizzati - a seguito delle innovazioni colturali

La vite "vedova" dell'Olmo
Spesso nelle citta o nei paesi la toponomastica ci ricorda l'O
lmo. Molti giovani e non più giovanissimi si domanderanno perchè una strada è dedicata ad un albero.
L'Olmo è un albero che ha una lunga storia legata alla viticoltura. Già gli antichi avevano consacrato l’Olmo a Morfeo, uno dei mille figli del Sonno. La sua funzione, come spiega il nome, che deriva da morfé = «forma, figura», era quella di assumere l’aspetto di esseri umani "addormentati".

L'Olmo è un albero che può raggiungere i 20-30 metri di altezza, con un chioma densa e irregolare, tronco diritto, molto ramificato, soprattutto in alto. Il tronco, che supera facilmente il metro di diametro, ha raggiunto in esemplari secolari, come quello vissuto in Francia dal 1200 fino al secolo scorso, i 9 metri. Alla base del tronco spesso ci sono dei polloni. La corteccia, di colore grigio-bruno, è molto suberificata e screpolata verticalmente. I rami giovani sono coperti da peli che perdono già nel secondo anno di vita diventando suberosi. E' un albero molto longevo, infatti può superare i 600 anni di vita.

"La Parabola della vite e dell'Olmo".
Un agricoltore aveva molti alberi nei suoi campi e viti che davano molto frutto, fra le quali una di qualità pregiata di cui era molto orgoglioso. Un anno questa vite fece molte fronde e pochi grappoli. Un amico disse all'agricoltore: interpellò diversi agricoltori ma ognuno gli proponeva una soluzione più o meno praticabile. Un giorno un ignoto viandante entrò nel campo e si accostò alla vite. Toccò le foglie, prese in mano una zolla di terra, l'annusò, la sbriciolò fra le dita, alzò lo sguardo al tronco di un albero che sorreggeva la vite. Il viandante gli disse che l'albero era cresciuto troppo e le radici soffocavano quelle della vite. "Ma tu chi sei? Dimmelo perchè io possa avere fede". "Io sono il Sapiente. Chi crede in Me sarà sicuro" e se ne andò. Così l'agricoltore mise a nudo le radici dell'Olmo tagliò quelle a ridosso delle radici della vite, così l'anno successivo la vite riglogliosa aveva ripreso vita con bellissimi grappoli di uva ripagandolo delle fatiche.

La vite è femmina
La vite è prolifica e vigorosa ma è femmina, ha bisogno di avvinghiarsi per salire ha bisogno "dell’omo" come dicono in Toscana, dell’omo mica dell’uomo. La vite va maritata e l’immagine è letteraria e poetica la vite si avvinghia e cresce per dare il suo frutto, non è parassita e asfisiante come la vitalba e l’edera, la vite si sposa all’acero in collina, e all’olmo, in pianura.
In Italia la coltivazione della vite ebbe inizio nel I millennio a.C. Con Enea esule troiano che portò varietà domestiche di Vitis vinifera originarie del Vicino Oriente e grazie ai Tuscolani che selezionarono e la diffusero. La vite maritata è un sistema di coltura dei vigneti già in uso dai tempi antichi ed è rimasto il modo di coltivazione in molto luoghi fino a almeno cinquantanni fa; un modo di coltivare che richiede particolare sapienza nella potatura: la vite viene potata e con lei l’albero a cui è avvinghiata.

Il matrimonio tra la vite e l'olmo
L'Olmo è un albero che ha caratteristiche particolari sviluppa in altezzza e il suo fogliame consente di distribuire il sole tra il mattino e il pomerigio e nelle ore più assolate di mezzo giorno d'estate l'ombra protegge i grappoli dalla calura estiva.
La coltivazione della vite, prevede la presenza di un tutore; nell'antichità i contadini usavano come tutore un albero vivo. I tiscolani svilupparono questa tecnica di coltivazione con due varianti: l' alberata, ove la vite è tenuta legata ad un singolo albero, e la piantata, ove le viti, legate ad alberi disposti in filari, sviluppano i loro rami lungo funi legate tra i vari alberi. Interessanti esempi di alberate sono oggi ancora presenti in alcuni coltivi del centro sud d'Italia. Mentre i Greci, le cui tecniche di coltivazione si erano già affinate nella Madre Patria, in Italia utilizzarono sostegni morti, nel Latium coltivarono le loro viti legandole ad alberi vivi (Viti maritate).

L’insieme vite-albero tutore, era definita dagli antichi Romani arbustum gallicum perché comune nella Gallia Cisalpina ove i Galli continuavano la tecnica di coltivazione della vite maritata messa a punto precedentemente dagli Etruschi. Va ricordato che lo stesso Plinio distingue questo sistema dall’ arbustum italicum, precisando che con quest’ultima tecnica i tralci delle viti passavano anche da albero ad albero dando vita a dei veri e propri filari (SERENI, 1972; 2003). L’antica tecnica di maritare le viti agli alberi si è mantenuta col passare dei secoli. Questo sistema di coltivazione è raffigurato in numerosi dipinti Nel XVII secolo l’agronomo TANARA (1644) distingue due sistemi di coltivazione della vite maritata.

Il divorzio tra la Vite e l'Olmo
Un tempo si poteva leggere che "la vite si maritava con l’olmo". Un tempo andato perché oggi i sostegni ai moderni filari di viti sono fatti con pali di legno appositamente tagliati e impregnati per meglio poter durare nel tempo, se non si tratta di sostegni artificiali.
Le prime testimonianze scritte in proposito sono quelle di Columella e di Catullo che chiamava "vedova" la vite disgiunta dall’olmo.

Catullo non è rimasto il solo fra i poeti latini ad usare l’unione fra l’olmo e la vite come metafora di "unione necessaria" all’amore: Marziale, poeta diseguale per l’intonazione varia dei suoi versi, dal salace al nostalgico, dal lascivo al didascalico, descriveva così l’affetto degli sposi. Una corona di vite, un ramo d’olmo ed un alcione poggiato sul braccio sono gli ornamenti con cui il mito classico ha rappresentato in forma di figura l’unione matrimoniale ed un amore indivisibile.
Purtroppo l'amore tra la vite e l'olmo è finito da tempo, oggi dell'Olmo ci sono rimaste le vie e le piazze e le viti sole e inconsolabili allineate in filari nei nostri vigneti.

Paolo Pellicciari