lunedì 21 marzo 2011

FRASCATI E' TORMENTONE PER L'OPERAZIONE "DISTILLAZIONE"

Data di inserimento: venerdì 18 marzo 2011


(www.enopress.it). Registriamo l'intervento odierno di Giorgio Capponi sul web e ne diamo conto nella sezione 'Opinioni' - "Il Consorzio di tutela vede in questo la strada per il rilancio, i contrari la considerano la mazzata finale, scrive Capponi" - Gli argomenti: Distillazione Frascati doc, interrogazione di Adotti - Il consigliere di opposizione: "Quale vino è destinato a questo processo?": Il dibattito continua

E' sempre acceso il dibattito intorno alla possibilità di distillare il Frascati doc in eccesso.

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Il Consorzio di tutela, che qualche settimana fa ha approvato il provvedimento, nei prossimi giorni dovrebbe avere - scrive Giorgio Capponi - un nuovo incontro col ministero delle Politiche agricole per definire i dettagli dell'operazione e - soprattutto - conoscere quanti dei 13mila ettolitri richiesti (a fronte di una produzione annua compresa tra i 100 e i 110mil ettolitri, vale a dire circa 15 milioni di bottiglie) potranno effettivamente essere destinati alla distillazione. "Questa - dice il presidente del Consorzio, Mauro De Angelis - è una strada virtuosa per migliorare la qualità del nostro prodotto e contemporaneamente ridurre le quantità, producendo a medio termine un aumento del prezzo delle uve. D'altra parte il contenimento della produzione, fino ad una riduzione del 20%, è requisito indispensabile per ottenere il finanziamento".

Attraverso fondi regionali il ministero consentirà quindi ai produttori di distillare (ad uso industriale) il Frascati doc in eccesso, pagando 40 centesimi a litro. "In questo modo - aggiunge De Angelis - sarà possibile smaltire le eccedenze evitando che queste vengano utilizzate per 'tagliare' il vino nuovo o peggio vengano immesse sul mercato sottoprezzo".

Non tutti, però, gradiscono la distillazione, considerando il processo l'ennesimo colpo di scure sull'immagine del Frascati doc. Nel merito il consigliere di opposizione Alessandro Adotti ha presentato qualche giorno fa un'interrogazione per - essenzialmente - capire "quale vino è destinato alla distillazione" e, ancora, capire qual è la posizione del Comune su questa vicenda.

I conti però sembrano non tornare. "Per la prima volta - aggiunge infatti De Angelis - l'intera produzione del 2009 è stata commercializzata. Un ottimo risultato che ci fa essere molto ottimisti per il futuro". Ma allora: quale vino verrà effettivamente destinato alla distillazione?

giovedì 17 marzo 2011

ESTIRPARE E RIMPIANTARE E' TUTTO UN LAVORARE

Data di inserimento: mercoledì 16 marzo 2011

(www.enopress.it). L'Europa cambia le regole del gioco in piena partita vinicola con una serie di ripercussione nel tessuto vinicolo italiano - Prima ci fa estirpare vigneti e - commenta Paolo Pellicciari - poi, con un'inversione di rotta liberalizza la viticoltura

La riforma dell'articolo 90 del regolamento 479/2008 dell' Organizzazione Comune del Vino, poi modificato dall'articolo 85 octies del regolamento 491/2009. l'Europa con detti provvedimenti elimina i diritti di reimpianto liberalizzando il sistema viticolo europeo. Così il sistema delle di limitazioni produttive a garanzia della territorialità varato nel 1972 per controllare la produzione andrà a decadere. Dal 2015 si apre un'altra era vinicola con risvolti tutti da scoprire. La liberalizzazione consentirà di impiantare vigneti in modo indiscriminato senza nessun controllo.

L'unica condizione sarà quella d'avere la titolarità del terreno. Nel provvedimento sono previste delle deroghe concesse agli stati membri, ma fino al 2018. Dopo di che "anarchia" più assoluta. Non ci vuole la palla di cristallo per capire che i paesi più colpiti saranno l'Italia e la Francia con la storia vinicola di lunga data e con vini prestigiosi e famosi nel mondo.

Non poco "malumore" regna nell'ambiente dei viticoltori dell'Unione. Anche alcuni capi di stato come Nicolas Sarkoszy e Angela Merkel si sono detti contrari alla liberalizzazione dei diritti. Anche perché abolendo le "licenze" produttive si andrebbe verso una produzione standardizzata, senza identità e al più basso costo possibile. La parlamentare francese Catherine Vautrin ha concluso che la liberalizzazione potrebbe innescare un vero e proprio boom delle superfici vitate. Secondo una prima stima, si calcola che gli ettari di vigneto nel giro di pochi anni potrebbero raddoppiare se non triplicare le superfici vignate. Il Chianti potrebbe passare da 17.000 a 35.000 ha.

Inoltre è da presumere che, non avendo più controllo delle superfici, non sarà più possibile controllare la quantità vinicola prodotta. Ci si potrebbe trovare nel paradosso che si piantano vigneti e il sistema industriale vinicolo acquisti vino a prezzi convenienti in altri stati. Non a caso con l'Organizzazione Comune Mercato, si possono identificare vini provenienti da altri Stati con i nomi prestigiosi.

Non si fa peccato pensare che dietro queste strategie legislative ci siano i consigli della grande distribuzione che - date le dimensioni e le capacità della retee distributiva - ha necessità di grandi quantità di vino e di alimenti in generale. Se confermata la notizia che la UE ha concesso ad un prodotto della Cina il riconoscimento DOP c'è da domandarsi con quale controllo. Non sta a me commentare che i processi economici individuali stanno cambiando con fasce elevate di reddito e a basso reddito. E' evidente che la quantità, spesso anche a scapito della qualità, deve rientrare nei costi di distribuzione. Ecco che si arriva al vino incartonato, dealcolizzato, truciolato, "rosato" e chi più ne ha più ne metta, mentre per il vino di alta qualità restano due strade verso il mercato "ricco", cioè quello da Enoteca e rivendite specializzate e da Grande Ristorazione. Questo significa che il sistema vinicolo di qualità deve mandare segnali chiari.

Paolo Pellicciari