sabato 13 luglio 2013

“CINAFRICA” E “EURABIA” I NUOVI CONTINENTI DEL MONDO.


Di Paolo Pellicciari
Ero ragazzino e a scuola ci chiedevano di contribuire per la fame in Africa. Sono diventato grande e ancora chiedono di contribuire per la fame in Africa. Per la stampa di tutti i giorni si ha la sensazione che l'Africa è un continente inesistente, o ancor peggio pensiamo che i gli africani ancora vestono con un “gonnellino” di paglia lo scudo e la lancia.
La televisione ci raffigura un popolo affamato, malato, per dirlo con una parola disperato.
Dopo la visita di Papa Francesco a Lampedusa, ho voluto di capire, da chi e da che, fuggono gli africani, tanto da affrontare un viaggio con i rischio della vita.
Cina e Africa, da come si legge qua e la non hanno un rapporto idilliaco. Investimenti in cambio di materia prime. Dal 2009 ad oggi lo scambio commerciale e passato da 10 miliardi di dollari a 200 nel 2012.
Le imprese cinesi sono presenti anche i paesi a “rischio” dell'occidente. La presenza del nuovo presidente Xi Jinping a Durban dei grandi paesi emergenti ( Cina, Brasile, Russia, India e Sudafrica) ha confermato l'interesse di Pechino per l'Africa e il proseguimento della Conferenza “Cino-Africana” del 2006.
Sviluppo infrastrutturale o imperialismo economico?
I cinesi nuovi colonizzatori? I Cinesi dicono di voler adottare una politica di non ingerenza nella cosa pubblica, di collaborazione reciproca e di cooperazione. Tuttavia la presenza massiccia di lavoratori immigrati cinesi, sta alimentando tensioni con le popolazioni indigena. In Mozambico, Namibia, Niger, Angola e così via. Tra gli episodi più gravi, l’uccisione di un dirigente cinese in una miniera di carbone durante uno manifestazione di minatori (Zambia, agosto 2012). Qualche mese prima, durante uno sciopero, funzionari cinesi della stessa compagnia mineraria avevano sparato sui lavoratori ferendone una decina. Già alla fine dello scorso decennio rivolte anti-cinesi erano scoppiate in Lesotho e Zambia.
La critica ai metodi brutali utilizzati dalle compagnie minerarie, i bassi salari, la mancanza di rispetto dei lavoratori. Talvolta anche con la complicità dei governi per i metodi capitalistici di stato cinese.
L’invasione di prodotti a basso costo, dall’abbigliamento all’elettronica, rischia di distruggere produzione e commercio locali e alcuni esponenti politici africani parlano esplicitamente di “neocolonialismo” che ricordano le “passate esperienze economiche dell’Africa con l’Europa” Tuttavia, oltre al dato quantitativo, occorre notare che nelle ultime tre decadi gli investitori, un tempo esclusivamente europei o statunitensi, provengono soprattutto dai paesi asiatici e in particolare dalla Cina, la cui presenza in Africa si colloca nel più ampio contesto della strategia di sicurezza energetica e di approvvigionamento di risorse naturali che Pechino sta attuando a livello globale. In quest’ottica numerosi osservatori accusano la potenza asiatica di promuovere un nuovo modello di imperialismo economico, attraverso il suo ruolo di principale investitore sul territorio africano, utilizzando quindi gli accordi d’investimento come un mero strumento per garantire sicurezza energetica, disponibilità di risorse naturali e un continuo flusso di esportazioni verso i mercati africani. In Cina mancano sbocchi e risorse? Pechino ‘compra’ il Continente Africano.
Per conoscere meglio le prospettive globali di Pechino, dobbiamo spostarci in Africa. È qui che da anni si svolge un match serrato tra Cina e Stati Uniti, impegnate a contendersi lo scettro di maggiore potenza mondiale. A trasformare l’Africa da continente-oggetto in scacchiere geopolitico fondamentale, concorrono tre fattori più uno: il peso esercitato nel protocollo energetico delle due superpotenze; la guerra al terrorismo, in particolare di matrice islamica che trova qui crescente spazio vitale; il progressivo allontanamento dell’Africa dall’inezia post-coloniale, con diversi Paesi intenzionati ad emergere a livello regionale e addirittura globale, come nel caso del Sudafrica. Più di recente, si è aggiunta la necessità per Pechino di accaparrarsi nuovi terreni coltivabili e intensificare l’importazione di prodotti agricoli, necessari per preservare la sicurezza alimentare, mai come ora in pericolo.
Il bisogno di materie prime.
In questo scenario, il Dragone è riuscito a giocare bene le proprie carte, prevalendo in molti casi sul potente rivale occidentale. L’escalation è iniziata nel 1996, quando la Cnpc, gigante pertrolifero cinese, stipulò i primi accordi con il Sudan – che attualmente esporta in Cina il 50% del suo greggio –, sfruttando l’allontanamento dei Paesi occidentali seguito alle sanzioni Usa contro il regime di Khartum. In breve, gli interessi di Pechino si sono estesi a gas, diamanti, oro, platino, rame, ferro, legnami e altre materie prime, necessarie per sostenere il fabbisogno di risorse dell’inarrestabile macchina produttiva cinese. Ancora pochi anni, e la superpotenza asiatica si è trasformata nel più vorace ‘cliente’ di 50 Paesi africani, modificando drasticamente anche le prospettive future di governi e dittature, disposte ad assecondarne la politica.
Milioni di ettari di terra finiti in mano straniera. Così si uccide il futuro del Continente nero. Come fermare l'assalto?
La chiamano il colonialismo del nuovo millennio questa corsa all'accaparramento delle terre di mezzo mondo. Anziché le navi, i nuovi coloni utilizzano gli aerei.
E per aggiudicarsi ettari su ettari di terreno fertile non si affidano al fucile, “ma a valigette piene di soldi” Il territorio di conquista preferito è, ancora una volta, il Continente africano, con i suoi Stati immensi e i governi logorati dalla corruzione. Ma non disdegnano neppure America Latina, Malesia, Indonesia e perfino gli ex Stati comunisti dell'Europa orientale, Ucraina in testa. Pensare che prima del 2008, l'anno della crisi alimentare globale, l'agricoltura non interessava quasi più a nessuno. A occuparsi dell'utilizzo delle terre dei paesi in via di sviluppo erano rimaste le solite ong e poi la Cina, che ben prima degli altri ha fatto dell'Africa il suo forziere di risorse naturali. Ma la vertiginosa ascesa dei prezzi di materie prime, agricole incluse, ha convinto molti Stati e altrettanti investitori ad aggiudicarsi abbondanti quantità di terreno in casa altrui. Secondo le stime dell'Ifad, più di qualche decine di milioni di ettari di terra sono, stati acquistati negli ultimi due anni da entità straniere, per la maggior parte in Africa e Sud America. In totale, un centinaio di milioni di ettari, sono stati vittima dell'"accaparramento terriero". Non ci vuole la palla di cristallo per capire che i nuovi proprietari “Sfrattino” con direzione “Europa”, i residenti che non hanno preso un “dollaro” di quelle “valigette” piene di soldi. Mentre qualche “dittatore corrotto”, se ne sta in qualche spiaggia per miliardari a prendere il sole. Al contempo, il mondo cambia la sua geopolitica complice il denaro.

14/07/2013

martedì 9 luglio 2013

ERA UN PAESAGIO DOLCE E LUSINGHIERO. IL PIAVE MORMORO' "NON PASSA LO STRANIERO!"

Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio

dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"
Ma in una notte triste si parlò di tradimento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
per l'onta consumata a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"
E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
voleva sfogar tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', straniero!"
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suol vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!
MA 100 ANNI DOPO!!!!!!!!!!!