giovedì 23 ottobre 2008

QUALE DOMANI PER L'ECONOMIA EUROPEA?

di Paolo Pellicciari

QUALE DOMANI PER L’ECONOMIA EUROPEA?

Congetture e catastrofismi caratterizzano il dibattito politico - economico di questi giorni. Eminenti economisti discutono e paventano il crollo dell’economia di mercato, la crisi del sistema economico americano e forse mondiale. Nessuno, tuttavia, offre una chiave di lettura dell’accaduto e tanto meno nessuno dice quello che i cittadini debbono fare per mettere a riparo i risparmi di una vita. Almeno quelli di quanti non hanno affidato i loro averi ai fondi pensione - Soffriranno anche i viticoltori - Da quando, una mattina di pochi giorni fa, ci siamo svegliati e abbiamo appreso da telegiornali che sul mondo si era abbattuto un ciclone economico che stava travolgendo l'intero sistema finanziario. Possibile che nessun economista abbia dato l’allarme in anticipo? si chiede Paolo Pellicciari - A dire la verità uno c'è stato e lo ha fatto con insistenza, almeno per una ventina di anni: Lyndon LaRouche (self-made economista e politico americano riscoperto e rilanciato in questi giorni anche dai nostri politici) finora inascoltato fautore di una Bretton Woods 2 - E nessuno è andato in biblioteca: nei libri sulla grande crisi del '29 è dato trovare l'immagine speculare degli stessi avvenimenti con il presidente Franklin Delano Roosvelt impegnato a sospendere l'attività di oltre 6 mila banche che avevano dimenticato il loro ruolo commerciale e si erano gettate nella speculazione finanziaria. Tra questi libri suggeriamo "Che cosa è il denaro?" di G.D.H. Cole pubblicato a Firenze da Sansoni nel 1936 - Ne trarrebbero utili ispirazioni quei governi europei e quello americano che hanno alzato delle barricate finanziarie per proteggere le banche e il tessuto economico, senza valutare i pericoli derivanti dall'enorme bubbone dell'economia e della finanza off-shore e delle multinazionali fuori da ogni controllo statale - Intanto i valori delle materie prime stanno precipitando su livelli di stagnazione e così i prezzi agricoli, uve comprese

Cosa è successo? Perché?

Il passato è la radice del futuro. Nel luglio del 1944, a Bretton Woods, si preparò la ricostruzione del capitalismo globale, riunendo 730 delegati provenienti dalle 44 nazioni alleate per la conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni Unite (United Nation Monetary and Financial Conference) dopo tre settimane di dibattito i delegati firmano gli accordi di Bretton Woods

Gli accordi erano un sistema di regole e procedure per regolare la politica monetaria internazionale.

Le caratteristiche principali di "Bretton Woods" erano due; la prima, l’obbligo per ogni paese di adottare una politica monetaria tesa a stabilizzare il tasso di cambio ad un valore fisso rispetto al dollaro che veniva così eletto a valuta principale, consentendo solo delle lievi oscillazioni delle altre valute; la seconda il compito di equilibrare gli squilibri causati dai pagamenti internazionali, assegnato al Fondo Monetario Internazionale (F.M.I.)
Gli accordi di Bretton Woods diedero speranza di superare la sconfitta degli anni 30, periodo in cui il controllo del mercato dei cambi aveva minato il sistema di pagamenti internazionali su cui era basato il commercio mondiale. Agli USA era permessa l’emissiane incontrollata di moneta, fatto contestato più volte da Francia e Germania in quanto gli USA esportavano la loro inflazione impoverendo il resto del mondo. Il sistema di controllo della conflittualità "economica" crollò definitivamente nel 71, a seguito della decisione degli USA di sganciare la propria valuta dal dollaro. E nel dicembre il Gruppo dei Dieci firmò l’accordo Smithsonian Agreement, che mise fine agli accordi di Bretton Woods, svalutando il dollaro e dando inizio alla fluttuazione dei cambi. Dalle "ceneri" del Bretton Woods rimangono il FMI, la banca mondiale e nel 1995 nasce il WTO World Trade Organization (Organizzazione Mondiale del Commercio)

Dove è finito il mercato dei capitali perfetto?

Possibile che nessun economista abbia dato l’allarme in anticipo? Da quel periodo ad oggi un’evoluzione liberista (non capitalista) ha portato il mondo economico mondiale in una sorta di deriva incontrollata alla ricerca affannata di profitto basato più su elementi virtuali che produttivi.

L’economista Franco Modigliani, Premio Nobel per l’Economia, nel 1958, insieme a Merton Miller.

Con il Mo.Mi. sostenevano che la regola d’oro per i dirigenti d’azienda non deve essere la massimizzazione del profitto, bensì quella del valore di mercato dell’impresa. Da qui le banche cambiano il processo di valutazione del credito con riflessi complessi e in più di qualche occasione abusati. sviluppano un teorema che prende il nome di "Mo.Mi" iniziali di Modiglioni e Miller . Il teorema spiega che in un mercato dei capitali perfetto, il valore di mercato dell’impresa è indipendente dalla sua struttura finanziaria. Una tesi inaudita all’epoca. Modiglioni sosteneva che i valore di un’impresa non dipende dalla sua struttura finanziaria, bensì dal valore attuale e dai profitti futuri.

A ritroso nei secoli

Già nel 1600 c’erano forma di finanziamento sofisticate di opzioni poi utilizzate ampiamente alla borsa di Amsterdam tanto che Josè Penso de la Vega scrisse un libro "Confusion de Confusiones" nel quale dissertava con ironia e disprezzo su tali complicati e astrusi meccanismi finanziari. Così in Inghilterra, nel 1773 dopo uno scandalo borsistico la legge proibì alla borsa londinese la contrattazione di opzioni e future.

Future e derivati

Nel 1972 si cominciava ad affermare il mercato future dei prodotti finanziari in coincidenza con le incertezze sugli andamenti dei tassi d’interesse, di inflazione, di cambio, portate dalla soppressione del sistema dei cambi fissi di Bretton Woods. I derivati comportano un forte legame tra i singoli mercati; i mercati dei derivati e quelli delle borse, quelli monetarie delle diverse valute dei paesi diversi, sono resi interdipendenti da una rete fittissima di contratti e di connessioni.
Le aziende per sopravvivere finanziariamente hanno trasferito gli impianti verso i paesi terzi con manodopera a basso costo. Facendo del paese d’origine mercato, e nel paese terzo produzione. Questo ha causato arretratezza per la perdita di competenze e disoccupazione innescando un’altra causa che ha fatto crollare il sistema economico occidentale .
L’insieme degli strumenti elencati ha avuto un fortissimo sviluppo nell’ultimo periodo. Già nel giugno 2004 il mercato over the counter aveva raggiunto, secondo la Banca dei regolamenti internazionali, un valore totale di 220 mila miliardi di dollari; alla fine del giugno eravamo ormai a 430 mila miliardi, sempre di dollari. Purtroppo è stato disatteso l’allarme di un sistema economico finanziario minacciato da una bolla speculativa che prima o poi sarebbe scoppiata con conseguenze preoccupanti. Purtroppo la "Globalizzazione" senza regole strutturali, ha portato al trasferimento di capitali incontrollato senza tener conto delle esigenze economiche – produttive dei vari stati a vantaggio dei paesi terzi con mano d’opera a basso costo e senza diritti sindacali. E' tempo di ripristinare i diritti doganali per bilanciare l’economia con i paesi terzi. Il sistema economico globale è saltato per la disparità dei valori in gioco a favore dei paesi terzi, riducendo la redditività delle aziende, e il Prodotto Interno Lordo.

L’intreccio tra economia e politica grava sullo sviluppo e in momenti come l’attuale è necessario ritornare alle competenze: la banca deve fare le banca, la politica deve fare la politica, il sindacato deve fare il sindacato. Ma, soprattutto, è necessario che lo Stato si riappropri di Energia, Autostrade, Ferrovie, Acqua e Sanità, unitamente a nuovi insediamenti produttivi per risolvere i problemi occupazionali e decentrare l’economia per una più equa distribuzione della ricchezza. Perchè al centro del dibattito politico - legislativo ci sia il cittadino e l’onestà comportamentale della classe politica. Utopia.

Da diversi anni si guarda all’Europa come panacea dei mali della politica nazionale. Ma quale Europa? Tanto per ricordare, l’Unione Europea nasce con il contributo essenziale anche dei Frascatani quali Pietro Micara e Pietro Campilli cancellati dalla memoria da quelli che stanno elevando Frascati a “borgata”.

Pietro Micara con Robert Schumann misero le basi “costituzionali” dell’Europa tenendo conto delle culture similari tra le nazioni aderenti. Pietro Campilli pose le basi economiche quale Primo Presidente della Banca Europea. L’Europa di allora aveva il potenziale industriale più potente degli Stati Uniti dunque ponte economico per l’economia orientale con conseguente ricchezza per gli europei. L’Europa di allora aveva tutti i presupposti per diventare il primo polo industriale del mondo.

Non è andata cosi, è troppo lungo spiegare i tanti perché. L’Europa perdendo i connotati originali, e aprendo ha corso il rischio di sfaldari. Un “genio” si inventa “l’Euro” approvato dal Consiglio Europeo di Madrid del 1995 che va a sostituire l’ECU (European Currency Unit ) Unità di Conto Europeo. Con un mio articolo prima del 95 definii l’Euro: Una “Sola”. Perché “Sola”? L’Euro fu varato per tenere unite le nazioni fondatrici in via di scissione. L’inflazione causata dall’euro e stata peggio dell’Ecu. L’Euro è una moneta che poggia su nulla, dobbiamo prendere atto che l’Europa non è una Nazione Grande. L’Europa e uno “Stato” non “Stato” come può sostenere una “moneta” non “moneta.

Una Europa che non protegge i sui Confini, non protegge la sua Industria, non protegge la sua Agricoltura, non protegge la sua Cultura, non protegge la sua Religione e ancor peggio non protegge il suo Cittadino. Che Europa è ?

“Made in China”

domenica 19 ottobre 2008

QUALE FUTURO PER IL FRASCATI

www.enopress.it). Lo scorso anno le uve della d.o erano state quotate 0,42 euro il quintale, ma le nuove quotazioni non sono state fissate - Paolo Pellicciari, viticoltore frascatano commenta la riunione consortile di ieri nel testo che segue.

Frascati quale futuro? No quale passato!
"Dopo tremila anni di storia il Frascati s’avvia inesorabilmente al tramonto, commenta Pellicciari che così riferisce sull'incontro destinato a fissare la quotazione delle uve, ma che non avrebbe raggiunto risultati per l'assenza degli imbottigliatori.
"Oggi si sono riuniti i viticultori per decidere il prezzo delle uve per l’annata 2008. Purtroppo mancavano gli interlocutori, avvero gli imbottigliatori, ma l’assenza più clamorosa è stata quella della Coldiretti un organismo che a Frascati in conflitto d’interessi risiede nei locali di uno imbottigliatore.
"Peggiore umiliazione non ci potevano riservare, considerandoci così alla stregua di "servi" del sistema vinicolo frascatano, rivedendo a ribasso il prezzo delle uve nonostante la galoppante inflazione e l’aumento dei carburanti e dei fertilizzanti .

Un’Assemblea piuttosto vivace, anche con qualche tensione "addormentata" più da argomentazioni discorsive che da interventi veri e propri.
"Come al solito, godo di un trattamento "privilegiato" debbo insistere non poco per avere la parola e spiegare le eventuali iniziative da intraprendere per arginare lo "sciacallaggio" delle nostre uve. Ma quando ho cominciato a parlare delle prossime iniziative della U.E sui vini italiani, apriti cielo, il Presidente de Consorzio Dott, Dario De Santis è andato su tutte le furie supportato da due "compari" per impedendomi, riuscendoci, di concludere il mio intervento. La cosa non mi sconvolge più di tanto, ma dimostra ancora una volta la strategia confusionaria, con lo scopo di ottenere il solito nulla di fatto, e favorire al contempo gli imbottigliatori.

"La mancanza di un rappresentante del Comune di Frascati, la dice lunga sul clima esistente in quanto è evidente che i nostri terreni hanno un interesse edilizio e il trattamento riservato ai viticultori inasprisce gli animi e disarma la volontà di continuare.
L’esasperazione è una brutta consigliera in quanto fa diventare facile preda di molti palazzinari che si aggirano nella zona per accaparrarsi i terreni al disotto del prezzo di mercato. La storia si ripete, nel 1191 i romani sconfissero i tuscolani (predecessori dei frascatani) nella battaglia di Prataporci. Tuscolo venne rasa al suolo e cosparsa di sale per impedirne nuova vita.
A distanza di circa un secolo, i romani stanno tornando questa volta senza spargimento di sangue, ma con la compiacenza della classe politica frascatana, Quasta volta non butteranno sale ma comento, ignorando tremila anni di storia e di sudore, approfittando dei nostri terreni salvaguardati dalla devastazione dell’abusivismo e dal degrado."

IL "FRASCATI" DOPO TREMILA ANNI, QUALE FUTURO?

(www.enopress.it). Riceviamo dal 'frascatano' per antonomasia, Paolo Pellicciari un accorato quanto veemente pamphlet sulle vicende passate e recenti del Frascati. Alcune delle argomentazione sono state gridate da Paolo Pellicciari in occasione delle recenti celebrazioni dei Vinalia.

Il "Frascati", quale futuro? di Paolo Pellicciari
"
La stessa domanda che si potrebbe fare ad un novantenne. Ho scritto molto sulla stampa locale sull’argomento, ma nessuno, ripeto nessuno, ha dato seguito ai miei appelli. Ne l’Amministrazione Comunale e tanto meno il Consorzio a Tutela dei Vini Tipici unito alla Coltivatori Diretti. Solo i viticultori hanno solidarizzato con me, per questo ho chiesto in via informale solidarietà a qualche rappresentante politico ma aldilà del colore, ma si sono tutti defilati.
Che sono censurato dalla stampa locale e mi impediscono di argomentare sulle tematiche che riguardano Frascati nel suo complesso.
Peccato, un vino di storia millenaria, insignito della prima D.O.C d’Italia, dalle grandi "tavole"declassato agli scaffali degli autogrill.

Quando tratto l’argomento vinicolo, non posso non pensare al povero On. Pietro Campilli fondatore della cantina Valle Vermiglia, più volte Ministro nei Governi De Gasperi a cui si deve l’ottenimento della D.O.C. per il "Frascati" la prima in Italia. Come non posso dimenticare il Dott. Renato Sacerdoti, fondatore della cantina Fontana Candida, quale presidente della Roma Calcio non fu difficile inserire il "Frascati" nella qualificata ristorazione romana. All’epoca il "Frascati" lo si poteva trovare all’Hotel De Paris di Monte Carlo, allo Zematterof di Zermatt, o al Teatrò di Parigi. Anche l’Alitalia serviva ai suoi passeggeri il "Frascati" con un effetto pubblicitario divulgativo senza eguali.
L’intelligente azione commerciale impostata da Campilli, Sacerdoti, dal il conte Zandotti e altri, hanno di fatto uscire il Frascati da un’orbita romana proiettandola in quella internazionale, dando così valore e prestigio al nostro vino. Prestigio e fama che richiamano l’attenzione del Credito Svizzero ( allora cassaforte della Nestlè ) che con la sua "Wine Food" acquista, unito ad un lotto di diverse cantine in Italia, le aziende frascatane "Valle Vermiglia e Fontana Candida. Sottolineo che a Frascati addirittura due cantine furono oggetto d’interesse. Questo a conferma del prestigio riconosciuto al "Frascati.

Qualche anno fa la Wine Food venne acquistata da G. I. V. Gruppo Italiano Vini che ne continua l’attività.
La fama conclamata del Frascati richiama l’attenzione di più di qualche speculatore più o meno spregiudicato elevando il "Frascati" a vino del miracolo in quanto riescono a moltiplicarlo come il "pane e i pesci". Speculatori sconsiderati che sono preoccupati di rimpinguarsi solo al portafoglio.
Questo tipo di "speculazione" ha compromesso irrimediabilmente l’immagine e la qualità del prodotto riversando sui viticultori la "catastrofe" commerciale conseguente e annullare al contempo l’attività qualitativa delle aziende agricole.
Mi ricordo la "sceneggiata" sull’imbottigliamento in zona, un’attività giuridica che ha sicuramente suscitato l’ilarità del settore, bastava che i produttori concordassero di far uscire il"Frascati" imbottigliato e il gioco era fatto. Certo il Frascati avrebbe perso l’appellativo di "miracolato"
Pochi mesi or sono un’altra "sceneggiata" ha l’onore della scena, la ricorrenza dei quaranta anni della D.O.C Frascati. Una rappresentazione che aveva più l’aria di una ricorrenza di una "morte" che di un "compleanno".

Qualche settimana fa un’altra "sceneggiata" è stata rappresentata a Frascati, una manifestazione con oggetto il vino di Frascati , tante "Autorità" si sono avvicendate con argomentazioni più o meno attinenti in una scenografia faraonica unita ad una passerella di "degustazioni" protagonista di una farsa teatrale che si è conclusa con la calata del "sipario" senza applausi. A che cosa è servita? .
A Frascati il tempo " vinicolo" si è fermato a quaranta anni fa, tutto come all’ora, stesso disciplinare, stessi vitigni, stesse confezioni, l’immobilismo più assoluto. I responsabili del Consorzio, non hanno provveduto a seguire l’evoluzione verso la D.O.C. G. adeguando il processo produttivo alle esigenze dei degustatori. In sintesi il Frascati avrebbe avuto tutte le caratteristiche per diventare un Vino di chi se lo può permettere e non un vino da sosta autostradale. La declassificazione del prodotto è stata "pagata" soprattutto dai viticultori da £ 130.000 a 40 € al quintale. Una perdita economica per i viticultori di circa 50 miliardi delle vecchie lire.
Qualche hanno fa andai a parlare con il responsabile vinicolo del Commercio Estero per rendermi edotto delle quote di mercato del Frascati nell’esportazione. Una delusione: il povero funzionario si mise le mano ai capelli. Che: Il Frascati? Lasci perdere un vino "sputtanato", meglio classificarlo "I. G. T. che Frascati. Sul mercato estero un "disastro"
Per rendere edotto il popolo "vinicolo" e politico, ho scritto sulla stampa locale diversi articoli dettagliando i vari aspetti della vicenda e accusando i responsabili di questo stato di cose con incisività fuori dall’ordinario. Non è successo niente, tutta i gruppi politici di Frascati hanno ignorato i miei appelli, unito ai responsabili del Consorzio dei Vini Tipici con il silenzio rumoroso della Coltivatori Diretti, che, guarda caso, in pieno conflitto d’interessi, risiede all’interno dello stabile di proprietà di un imbottigliatore.

UDITE! UDITE! UNIDE!
Di recente L’U.N.E.S.C.O voleva elevare i vigneti del Frascati Patrimonio dell’Umanità per la storia millenaria, per aver dato origine alla divulgazione dei vigneti unitamente con l’espansione dell’Impero Romano, per aver selezionato i vitigni che hanno dato origine allo "Champagne (presente anche nelle canzoni in dialetto) e allo Spumante" in sintesi il Frascati quale espressione dell’archeologia vinicola ancora pulsante.
Il Frascati avrebbe avuto una risonanza commerciale a livello mondiale, una nuova strategia per la riqualificazione del prodotto, unito ad una rivalutazione economica di notevole proporzione.
Una "combriccola" di (non riesco a trovare un aggettivo idoneo) facendo passare sotto silenzio la questione ha creato un danno enorme all’economia locale causando il "coma" irreversibile del Frascati.
Quando si gusta il Frascati degli imbottigliatori vediamo il Giallo Paglierino che rappresenta "l’Oro", simbolo della ricchezza degli imbottigliatori, dal sapore "Amaro" viene in mente la speculazione selvaggia, mentre il retrogusto fa pensare al "sudore" del viticultore. Questo è il Frascati.

Non ci vuole la palla di cristallo per capire che sotto, sotto ci siano degli interessi edilizi occulti che intendono speculare sulla esasperazione dei viticultori che potrebbero cedere i terreni per disperazione a due lire. A Frascati è voce comune "il compare costruisce quanto gli pare, e il frascatano con la vanga in mano. "Grotte Portella" 230.000 m.c. Grotte Maria 30.000 m.c. Euro Spin cubatura illimitata. Sai come è, terreni esposti in zone areata, assolati e panoramici, ci vuole poco.
Se poi aggiungiamo l’intollerabile degrado di Frascati. Stanno tagliando gli alberi, deavastando le bellezze architettoniche, non c’è più informazione turistica, ne i Vigili Urbani, ne l’Ufficio Turistico sono in grado di indirizzare i turisti.

Vorrei ricordare Ettore Petrolini che così descrisse Frascati:
"Guarda Frascati e tutto un sorriso un paradiso na bellezza da ‘ncanta.
Frascati oggi:
Guarda Frascati è tutto ‘nmpianto, un inferno, decadimente che nun se po’ più guardà.

Concludo dando merito alle Aziende Agricole quali: Casale Marchese, Agricola Porzia, Conte Zandotti , Santarelli, Carlo Micara, Santa Benedetta e ( qualche altro che mi sfugge e a cui chiedo scusa ) che producono un Frascati di grande qualità. Curano le uve, controllano tutto il processo di produzione fino all’imbottigliamento con amorevole attenzione tanto da essere premiati, perché sono loro che tengono alto il prestigio del Vino di Frascati."

IL FRASCATI TRA PASSATO E FUTURO

da www.enopress.it

C'era una volta il Frascati, il vino dei Castelli, il vino di Roma per eccellenza, portato nella capitale con le caratteristiche botticelle, i variopinti carretti trainati da muli e cavalli che rifornivano quelle mille osterie che Barth, scrittore tedesco aveva reso famose in tutta Europa con il suo impareggiabile libro "Osterien", antesignana guida ai locali più famosi e frequentati.
La stessa Roma era allora famosa per le sue vigne, che ora sono ricordate solo in una ricca toponomastica con nomi come Via della Vite, Vigna Clara, mentre vigneti correvano attorno al Colosseo verso il Laterano e dal colle del Quirinale, oltre Porta Pia e lungo la Via Nomentana. Un ricordo dell' intensa viticoltura di epoca romana che oltre al Nomentanum vantava il Vaticanum.

Bene ha fatto il Consorzio di Tutela del Frascati nel marzo scorso a denominare Vinalia Prioria le 'giornate di studio e degustazione' sul Frascati. Risale a Varrone il ricordo le feste tuscolane "Vinalia" dedicate al vino nuovo del Tuscolo ed alcuni provvedimenti relativi alla sua esportazione in Roma. E la bontà di questo vino e le bellezze di Frascati sono ben sintetizzate dalla vena romanesca di Francesco Possenti:
" Frascati è un castelluccio che t'incanta
e le bellezze sue ce l'ha da venne
Pe' questo er frascatano se ne vanta.
Torlonia, Lancellotti e Aldobrandini
Ce se fecero fa' ville stupenne
Fra il verde de' le querce e de li pini.
Ce stai da Papa e nun te stanchi mai
De ritornacce e d'assaggià quer vino
Che un antro uguale, ar monno nun ce l'hai.
Pe' benedillo nun ce so' parole;
e sia asciutto, pastoso o cannellino,
pare de beve ner bicchiere er sole!"

Questo il vino e la cittadina castellana di allora. Ma accanto alle ville stupende di un tempo, cemento e costruzioni dei nostri giorni hanno conteso i terreni alle vigne e al verde. Di pari passo si è appannato quel 'sole' nel bicchiere che aveva entusiasmato anche il celebre Dalmasso. Questi, nella sua "Storia della vite e del vino in Italia", ricordava oramai molti anni fa come il medico di Sisto V, Andrea Bacci, autore di uno dei primi trattati sui vini d'Italia, avesse definito Frascati "luogo di delizie, generoso di uve e di vari frutti", mettendo in evidenza che quegli industri coltivatori avevano propagato nelle loro vigne le viti più elette d'Italia" dalle quali si ottenevano vini che venivano forniti "ai conviti principeschi , nonché alle mense borghesi di Roma".

E in occasione delle recenti 'Vinalia' volute dal Consorzio e dai produttori più impegnati sul fronte della qualità, si è discusso su terapie e programmi per riportare il Frascati ai fasti del passato. A cominciare dalla viticoltura e dal ripristino di quei vitigni tipici che caratterizzavano il vino, da completare con realizzazione di una categoria 'Superiore' - grazie al riconoscimento della Docg, ottenuta con minori rese di uva per ettaro. Per smentire quanti avevano addirittura osato definire il Frascati 'malato terminale' proprio in occasione dei lavori delle Vinalia.

Sfatiamo una leggenda
Tra i presenti ai Vinalia Priora abbiamo notato per vivacità d'interventi Paolo Pellicciari che così si presenta. "Per la mia "cultura" vinicola, ho frequentato l’università di mio "Nonno" Sono frascatano da generazioni. Come tutti i frascatani possessori di vigna più o meno grande, per cui da bambino il mio parco giochi era la vigna, d’estate e il tinello d’inverno. Ancora oggi continuo a mandare avanti i vigneti per quanto tempo ancora? Sarò l’ultima generazione. ( che tristezza ).Tutto quello che so sul vino e la storia di Frascati mi è stato insegnato da mio nonno e da mio padre. Se avrò ancora occasione racconterò la vita, e i personaggi che ruotavano nella viticoltura frascatana".

Paolo Pellicciari
Tra i 'frascatani' è uno scomodo e ribelle depositario della memoria di Frascati e del suo vino. Custode di mille ricordi, conoscitore dei moderni protagonisti del Frascati come il Campilli di Valle Vermiglia, dei Micara dell'enogastronomia e della Curia vaticana; proprietario di una ‘vigna più o meno piccola’, di una 'Fraschetta' e della grotta di famiglia; contestatore e 'notaro' a suo modo della storia di questo vino. La sua conoscenza del Frascati è frutto di una passione senza limiti, come traspare dalle notazioni che ha inviato via mail a Enopress, e che volentieri pubblichiamo, quale contributo alla conoscenza e stimolo per un dibattito. Perchè dai ricordi numerosi e disordinati si passi alla progettualità e al rinnovamento. Ricordi e ipotesi che testimoniano tuttavia dell'importanza di un passato.

"Sfatiamo una leggenda" si propone Paolo Pellicciari e scrive: "Da più parti si attribuisce la scoperta dello "Champagne" a Dom Perignon benedettino allievo dei Gesuiti del convento di Chalons sur Marme."Invece, per Pellicciari "tutto nasce dal fatto che la sorella Paolina, il fratello, e la madre hanno soggiornato per diversi anni a Frascati. Paolina a Palazzo Micara, mentre il fratello e la madre a Villa Rufinella, oggi Villa Tuscolana. Non potevano mancare di far assaggiare a Napoleone il vino delle "campagne" di Frascati.
Il vino di Frascati per antonomasia era il Cannellino. Un vitigno generato dopo una lunghissima e travagliata selezione. Un vitigno delicato facile alle malattie tipiche della vite necessario di notevoli cure ma tanta fatica veniva premiata da un vino di eccezionale particolarità chiamato "Cannellino" che sgorgava dalla cannella della cupella a cui si beveva. Un vino che per la delicatezza si teneva in piccoli tini e forse da qui l’adagio "dentro la botte piccola c’è il vino buono"
La particolare caratteristica del Cannellino ne faceva un vino anomalo nel contesto vinicolo dell’epoca , esso si bevevo soprattutto d’estate, in quanto la variazione di temperatura dalla grotta a 12° in superficie a 25 – 30 ° il rifermentava creando bollicine di anidride carbonica dall’effetto frizzante con un gusto leggermente dolciastro che il "mondo" è venuto a gustarlo per la particolarità e dando al contempo fama e prestigio al vino di Frascati. Questo perché era intrasportabile: come veniva portato già a Roma perdeva le sue caratteristiche.

Da questo tipo di vino nasce "zinzeru" dopo chiamato "Romanella".
La Romanella era la perpetua del Cardinale Ferdinando Taverna 1558 – 1619, al secolo (sembra ) Giovanna Rinaldi. Una romana minuta nella statura, vestita senza eccessi che faceva di sicuro tenerezza ai Frascatani dell’epoca tanto da appellarla con il nomignolo di Romanella. Cosicchè oggi, con il termine Romanella sono definite cose semplici, veloci, senza importanza.
Ritorniamo ai fatti: i vignaioli frascatani dell’epoca cominciavano a consegnare il vino per la stagione estiva ai nobili romani che risiedevano nel periodo estivo a Frascati tra cui il celeberrimo Card. Ferdinando Taverna (nei giorni nostri Villa Taverna, a Roma, è la munifica residenza dell' ambasciatore americano). Purtroppo il Cardinale dovette interrompere le vacanze e ripartire per Viterbo. Con le vacanze successive si preoccupò di consumare il vino della stagione precedente. La Sig.ra Rinaldi andò a prendere in vino, allora contenuto in un' anfora porcellanata e, non appena tolto il tappo d’abete, il vino ne fuoriuscì spumeggiando.
Cosa era successo? Come tutti sanno il vino e la vite "viaggiano" insieme, fiorisce la vite e fermenta il vino, si vendemmia e fermenta il vino per cui il vino del Cardinale aveva subito tre fermentazioni, da qui la generazione di anidride carbonica e la conseguente azione frizzante. Ecco "zinzeru" il primo nome del vino frizzante naturale.
Scoperto l’arcano delle fermentazioni a Frascati si comincia a produrre il vino "scoperto" dalla "Romanella" e da qui il nome definitivo di "Romanella"
All’epoca non esistevano ancora la bottiglie in uso oggi, si usavano anfore porcellanate contenenti circa due litri di vino tappate con tappi d’abete con base a cono per poterle impilare in tavole forate e sovrapposte una su l’altra.

"Lo Champagne dalle Campagne di Frascati"
"Dom Perignon conduceva i vigneti del convento e il vino per ragioni geografiche era basso di gradazione doveva sicuramente additivare il vino con sostanze zuccherine o derivati. Così fino all’arrivo di Napoleone, dopo una vacanza frascatana, a Chalons sur Marme per preparare la battagia contro i Prussiani. A Frascati, Napoleone aveva bevuto e gli era piaciuto, il Vino delle Campagne di Frascati. Tanto gli era piaciuto che prese i vitigni e li fece piantare nella vigna già gestita da Dom Perignon, Da qui il nome di "Champagne", dalle "campagne" di Frascati. E nel 1998 Chalons sur Marne viene ribattezzata Chalon en Champagne.

Francesi e piemontesi allievi dei frascatani?
"Sulle orme del frizzante vino di Frascati, anche in Italia si comincia ad apprezzare il vino spumeggiante, tanto che con l’unità d’Italia arrivano a Frascati i piemontesi prendono i vitigni e comincia la produzione di Asti, Una nota casa di Spumanti quando fa la pubblicità a ridosso di Natale evidenzia che dal 1850 che producono spumante. Poi viene la Franciacorta. La stessa procedura per la "Romanella", a differenza che noi poniamo in fermentazione la bottiglia dritta al contrario di Franciacorta che la colloca capovolta. A noi frascatani non ci devono insegnare niente peccato che a Frascati è amministrata da persone più dedite al cemento che alla frascatanità.

Gli errori in viticoltura
Tornando al vitigno "padre" dei vini frizzanti una sciagurata quanto mai imprevedibile innesto con il "ceppo" americano ci ha privato per sempre del Cannellino. Subito dopo la seconda guerra mondiale i viticultori frascatani furono costretti ad innestare il ceppo americano pensando ad un rimedio per contrastare la delicatezza del vitigno del Cannellino. Ma non fu cosi, l’innesto con il ceppo più "forte" ha annullato quello più debole: un errore fatale per il Cannellino che non esiste più. Oggi sulle tavole c’è un altro Cannellino. E un’altro Frascati."

Si piatu e "romanelle" pe l’utemu dell’anno? Mio padre: va pià a u tinellu e romanelle che stasera brinnemo. E ricordo mio nonno ogni volta che si parlava del Cannellino piangeva.

FRASCATI, UN VINO NOBILE DIFESO DA UNA 'GUARDIA NOBILE'

Frascati - "Il vino Frascati è "difeso" da un corpo di "guardie nobili" eredi difensori di un prodotto che generazioni di custodi hanno consentito di millennio in millennio di farlo arrivare fino ai nostri giorni. Vi ricordate il film "il Marchese del Grillo" interpretato dal compianto Alberto Sordi? In Una scena vediamo il Papa ( Paolo Stoppa ) convocare la Guardia Nobile a Sua difesa, visto l’imminente arrivo dei Francesi. Un cast di attori più o meno malandati, ottuagenari costituivano il corpo della Guardia Nobile del Papa che avrebbero dovuto difenderlo.

Le 'guardie nobili'
"A Frascati una pletora di addetti "bruciati" dal sole, ultra sessantenni, che con nobiltà e sacrificio continuano sopra le forze a lavorare le vigne con tecniche di lavoro millenarie, per difenderle dal cemento e dalla speculazione "vergognosa" protratta dagli imbottigliatori. Non è esagerato definirli Guardia Nobile se non martiri. Quanti sono morti in campagna, anche malati andavano alla vigna perché c’era sempre qualcosa di urgente da fare.
"A tal proposito vorrei citarne un esempio che la dice lunga sulla speculazione di cui sono oggetto i viticultori al pari di altri agricoltori. Per la vendemmia 2007 un noto Imbottigliatore decise di convocare tutti i conferenti per realizzare un progetto qualità. L’iniziativa no poteva che suscitare plauso, tanto che proposi una sorta di "organizzazione " parallela per la formazione del personale, la gestione dei trattori, e quanto ancora necessitava per integrare l’attività viticola con quella vinicola una sorta di "corpo" unico tra viticultore e vinificatore.

Obbiettivo qualità !
"L’agronomo messo a disposizione dall’imbottigliatore ha seguito e consigliato i trattamenti al fine di ottenere uve di qualità. Al momento della vendemmia c’è stata la selezione delle uve e distribuite in comparti diversi a seconda della gradazione e delle qualità. Ciò a significare che le uve migliori generano un vino di qualità superiore di conseguenza venduto a prezzo più alto di un vino generato da uve mediocri. Le uve al viticultore vengono pagate tutte allo stesso prezzo, bune o cattive che siano.
Tradotto in chiave economica una bottiglia di qualità può essere venduta franco cantina a 3 € di cui 75 cent. rappresentano il costo dell’uva. In pratica l’imbottigliatore guadagna 1€ mentre il viticultore con 75 cent. di € lavora le vigne e consegna le uve in cantina. Pagate contanti? No il 50% a dicembre e il restante a giugno.

"E’ speculazione questa?
Penso di si, o è peggio. Nessuno si chiede il perché del silenzio della classe politica sulle problematiche dell’agricoltura italiana.....
"Non posso non ricordare Bonomi, e le battaglie a favore dell’agricoltura. All’epoca i rappresentanti degli agricoltori sedevano nei Consigli Comunali e nel Parlamento. Altri tempi. Mi piacerebbe sapere quali proposte scaturiscono dai dirigenti della ConfAgricoltura e dalla Coldiretti. E Quali sono i progetti a difesa dell’agricoltura italiana.
Da qui la mia solidarietà a tutti gli agricoltori che in questi giorni stanno manifestando per far valere i propri diritti ma perderanno la battaglia, perché in prospettiva non ci sarà il ricambio generazionale. La Guardia Nobile dell’agricoltura. Quale "giovane" intraprenderà un’attività per arricchire i trasformatori? Da che è mondo è mondo, il centralismo economico ha sempre generato fame."

LO 'TSUNAMI' SU VINO E VIGNETI ITALIANI

da ww.enopress.it

"Dio s’è "distratto", scrive Paolo Pellicciari a sottolineare la profondità dei mutamenti progettati, e gli stanno "adulterando" il vino simbolo della sacralità religiosa. I Conventi dovranno ripiantare i vigneti per garantire l’integrità del vino per la Messa
Uno "Tsumani" si sta abbattendo sui nostri vigneti, l’ O C M Vino, stravolgerà il sistema vinicolo italiano causando danni irreversibili a tutto il comparto costruito con anni di lavoro. Alcuni giornalisti si sono cimentati affrontando gli aspetti legati alla produzione vinicola italiana, con risvolti piuttosto critici che vanno presi in considerazione, per la salvaguardare il meglio dei nostri prodotti agricoli."
Già nel 2002 la UE ( presidente della Commissione Prodi ) ha inteso modificare il Reg. 753/2002 concedendo ai paesi terzi la possibilità di fregiare i loro vini, prodotti con uve non italiane ne europee, con nomi tipicamente italiani o europei. ( Brunello, Passito, Amarone ….) E si da la possibilità a molte aziende produttrici ed imbottigliatrici di acquistare partite di vino a buon mercato dall’estero tagliando i nostri prodotti, poi venduti come italiani.

Questo, alla faccia della tracciabilità.
Vini delle stesso nome, ma di dubbia qualità, sicuramente più concorrenziali, dato i costi inferiori vanno a privare l’Italia, di un mercato proficuo, di un valore, ma anche dell’identità culturale. A seguito di ciò, alcuni paesi terzi hanno incrementato l'impianto di vigneti tra cui la Cina, che ne ha impiantati per circa 150.000.

Il vino delle cooperative
Il 22 novembre del 2007 si riunisce a Roma la Confcoperative per discutere sull’ O C M Vino dando di fatto il benestare sull’operato della Commissione per i sostegni economici al settore, ma critici per l’etichettatura a proposito dell’indicazione del vitigno sui vini senza origine geografica per non danneggiare le denominazioni d’origine e soprattutto i vini con indicazine geografica su cui molti produttori europei hanno investito. Auspicando al contempo un periodo transitorio di tre – cinque anni necessario per adeguare le strategie commerciali più opportune.
Teniamo presente che in Italia ci operano circa 600 cooperative che producono venticinque milioni di ettoletri di vino per un valore di circa 4,5 miliardi di euro, con un fatturato pari al 60% del mercato. Non ci vuole la palla di cristallo per capire che faranno la parte del leone sui finanziamenti messi a disposizione dalla U.E. per questo settore.

La UE con nota IP/08/656 DEL 29/04/2008 dal titolo Riforma della PAC: Il consiglio adotta ufficialmente una riforma del settore vitivinicolo che aumenterà la competitività dei vini europei.
Verranno emanate Misure di sviluppo rurale - Diritti di impianto abolizione nel 2015 eventuale mantenimento a livello nazionale fino al 2018. - Eliminazione progressiva dei regimi di distillazione - Estirpazione: si introduce un regime di estirpazione volontaria su un periodo di tre anni per una superficie di 175.000 ettari - Miglioramento delle norme in materia di etichettature - Zuccheraggio: riduzione dei livelli massimi - La UE con nota IP/07/1008 dal titolo Riforma della PAC; la riforma del vino aiuterà l’Europa a riconquistare i mercati perduti - Abolizione delle misure di gestione del mercato - Divieto di impiego di zucchero per l’arricchimento - Regime di estirpazione di 200.000 ettari con valori decrescenti da 7,174 Euro/ha a 2938Euro ha al quinto anno - Cessazione delle restrizione agli impianti; il sistema dei diritti sarà prorogato fino al periodo transitorio (dicembre 2013) poi abolito da 1° gennaio 2014 - Pratiche enologiche - Migliori norme di etichettatura;

Domanda?
Cosa è successo in tre mesi nel passaggio dai primi 170.000 ha a 200.000 ha?
Come comunicato dal Ministero delle Politiche agricole il 04/08/2008, si autorizza la possibilità di confezionare i vini a denominazione di origine controllata (DOC) in contenitori alternativi al vetro (cartone) esclusi vini DOC designabili con superiore, vigna e riserva.
"Abbiamo preso atto delle richieste del mercato, in particolare della domanda dei paesi del nord Europa, dove il "bag in box" può essere un utile strumento di penetrazione del vino italiano"
A seguito della regolamentazione emanata dalla UE l’Associazione "Città del Vino" con un comunicato stampa del 22/08/2008 lancia l’allarme annunciando l’abolizione delle Docg e delle Doc.
Il REGOLAMENTO (CE) n. 479/2008 del 29 Aprile 2008 modificando i regolamenti ( CE)1782/2003,(CE) n.1290 /2005 e (CE)n.3/2008 e abrogando i regolamenti (CEE) n. 2392/86 e (CE n. 1493/1999 azzerando la normativa rinnova di fatto i fondamentali della produzione vinicola italiana.

Infatti interpretando l’art.34 punto "a" del capitolo IV, il vino si classificherà con due menzioni: "denominazione di origine" e "indicazione geografica" punto "b" distinguendo due concetti nalla classificazione del vino, es: Brunello, Chianti, ecc. dovrebbero appartenere alla classificazione "denominazione" mentre Frascati ed altri dovrebbero essere classificati come "indicazione geografica".
A questo punto anche un paese terzo può chiedere protezione relativa a una zona geografica situata nel paese richiedente. Nel capo IV Art. 82 punto 3 regolamento (CE) n. 479/2008 del 29/04/2008, l’importazione dei prodotti di cui al paragrafo 1 è soggetta alla presentazione di:
a) un certificato che attesta il rispetto delle disposizioni di cui i paragrafi 1 e 2 redatto da autorità competente figurante in un elenco che sarà reso pubblico dalla commissione nel paese da cui proviene il prodotto.
b) un bollettino di analisi rilasciato da un organismo designato dal paese da cui proviene il prodotto, nella misura in cui il prodotto si destinato al consumo umano diretto.

Una procedura che dovrebbe mettere in allarme i consumatori e gli organismi di tutela. Anche perchè significa abdicare alla funzione di controllo e garanzia della salute dei cittadini. Nella fattispecie non solo serve uno ente delegato al Controllo ma anche l’investitura dei vari Ministeri della Salute al fine di controllare regolarmente e costantemente la catena alimentare compreso il vino.
L’oncolgo Veronesi sostiene, infatti, che i tumori non vengono per quello che respiriamo ma per quello che mangiamo,

Il vino come la Coca Cola?
Il Ministro Zaia con nota del 23/07/2008 asserisce: "dobbiamo attuare l’OCM vino conservando le identità territoriali che sono l’essenza del nostro patrimonio enologico e quindi dei nostri vini. Nella stessa nota il Ministro stabilisce che nel triennio 2009 – 2011 si dovranno estirpare 58.435 ettari di vigneto.Non solo, al Commissione europea si riserva la possibilità di altre riduzioni per ogni singolo Paese.
I 58.435 ha estirpati come saranno convertiti? Quanti viticultori disoccupati senza ammortizzatori sociali. Quanti vigneti impiantati da poco saranno estirpati con un danno enorme per i viticultori. Intere famiglie sull’astrico ? Quante piccole cantine dovranno chiudere

Il Ministro Zaia è un rappresentante della Lega, di cui il cavallo di battaglia è il "federalismo" In un mutamento politico da centro sinistra a centro destra doveva imporre un processo di "federalismo" vinicolo per salvaguardare un tradizione millenaria vanto nel mondo. Come non dimentico le enunciazioni di critica sull’ operato della "U.E." da parte della Lega. Tanto che in Parlamento nella votazione di ratifica del trattato europeo si sono "stracciati" le vesti ma alla fine hanno votato si. All’ora?

Il vino non è un prodotto industriale
Che il sistema delle doc era obsoleto si sapeva che andava rivisto per garantire qualità e certezza del prodotto a garanzia del cliente. Ma "questa rivoluzione" di queste proporzioni non era certo auspicabile.
"Nell’articolo Il vino come Coca Cola di Enopress si sottolinea il disagio del mondo vinicolo italiano, quando vede declassati i valori del vino di qualità, che sono tradizione, territorio, storia, cultura e abiltà nella conduzione del vigneto e in cantina.
In Europa operano circa 200.000 supermercati sa vendessero una bottiglia di vino al giorno in un anno smercerebbero oltre 60.000.000 di bottiglie l’anno. Proviamo ad immaginare quanti milioni di bottiglie vengono distribuite dalla grande distribuzione. Nonostante ciò ci fanno estirpare i vigneti. C’è qualcosa che non suona.Lo "tsumani" che si sta abbattendo sui nostri vigneti, causerà danni incalcolabili per tutto il comparto e nessuno non sta facendo e farà niente per evitarlo. In un mio recente intervento sul tema "la politica di domani". ho sottolineato in modo ironico il cambiamento della sociologia tra la prima e la seconda repubblica.

Perchè il vino non diventi un simulacro, destinato a consumatori abbrutiti, ora più che mai schiacciati da eventi finanziari che allo tsunami normativo e produttivo aggiungono quello finanziario. La crisi economica globale, con la pesante recessione che annuncia tempi di grandi difficoltà nei consumi e nelle esportazioni, deve essere motivo di riflessione e di ritrovata fiducia in quello che è il solo baluardo, la qualità".

FRASCATI, LA PRIMA DOC D'ITALIA DIVENTERA' UNA 'DOP'

da www.enopress.it

L’Europa cancella le Doc, dopo quarant’anni di storia e tradizione. Un futuro nebuloso se non drammatico per i vini italiani. L'Unione Europea ha tracciato le linee guida di un processo "rivoluzionario" che penalizzerà irrimediabilmente la viticoltura italiana con il rumoroso silenzio dei Deputati Europei italiani. L’azzeramento improvviso di un processo di qualità avviato da quarant’anni sarà cosi traumatico che per rimetterlo in piedi ci vorranno anni. Tra un anno solo Dop e Igp - "Condanna a morte" per tante e famose denominazioni del bel paese enoico, con l'entrata in vigore del sistema di classificazione UE. Per il Lazio 11 Dop e 1 Igp sostituiranno l'attuale sistema".

Quaran’anni fa la prima Doc in Italia
"Il Frascati è la prima Doc d’Italia, continua Pellicciari, grazie ad un’intuizione di Carlo Micara, frascatano discendente di una famiglia che ha "fatto" Frascati. Carlo Micara, giovane studente in agraria all’università di Perugia, viene a sapere che il vino Doc in Francia esisteva da più di un secolo. Approfondisce l’argomento e avendo il vino nel dna, come tutti i frascatani, investì il fratello Sen. Pietro Micara Sindaco di Frascati Sottosegretario al Turismo nel governo Moro, "padre" dell’Europa con Robert Schuman, e attivo organizzatore della costituenda N.A.T.O. Personaggio di grande rilievo culturale e spessore umano che pochi possono vantare..

Il Sen. Pietro Micara "girò" il problema al Sen Paolo Desana per evitare il conflitto d’interessi in quanto proprietario dei vigneti di famiglia. Il Sen. Paolo Desana, Democristiano anch’egli, appassionato viticultore a cui anche Bonomi spesso faceva riferimento, preparò la legge, ma prima di presentarla la sottopose al Sen Pietro Micara che dopo averla letta invitò lo stesso Desana sottoporla anche al’On. Pietro Campilli, anche lui frascatano fondatore della Democrazia Cristiana e più volte Ministro al bilancio dei governi De Gasperi.
"Due pezzi da "novanta" in collaborazione ottennero con facilità l’approvazione della legge da parte del Parlamento e per questo il Frascati nel 1963 ha ottenuto il primo riconoscimento della prima Doc in Italia.Ecco perché è improprio attribuire a Paolo Desana la paternità della Doc
Pietro Micara e Pietro Campilli li ricordo sempre con commozione, per me, sono stati grandi maestri di vita, mi hanno insegnato, che la politica è l’arte della prospettiva, che in democrazia ci sono due figure politiche, i leaders e i 'ladrers', con il popolo che sceglie,

Una cenno storico.
"Dopo la seconda guerra mondiale, i leaders di all’ora, per evitare nuovi conflitti, decisero di gettare le basi di una nuova "nazione" che comprendesse i paesi belligeranti onde evitare tragedie negli anni a venire. La decisione fu presa tenendo anche conto che il sistema industriale dell’occidente europeo era più potente del sistema americano. Creando così una "potenza" cuscinetto collocata tra le due grandi potenze Usa e Unione Sovietica. L’Europa partì impostando una politica economica attinta alla "parabola dei talenti" una sorta di capitalismo cattolico che fu alla base del boom economico in Italia.
Successivamente, le due ideologie in voga in Italia una filo Russia e l’altra filo Americana mettono al centro del dibattito politico lo scontro ideologico che ha impedito la realizzazione dei progetti dei padri fondatori l’Europa."

Quanto detto è il passato, e il futuro?
"La Cina adottando gli stessi principi di politica economica di De Gasperi e di Campilli è diventata la fabbrica del mondo a scapito del mondo occidentale che si sta impoverendo sempre più. Oggi abbiamo un’Europa "ideologica" come espressione di facciata, ma materialistica nella politica economica. In sintesi un enorme conflitto d’interessi condiziona le scelte di politica economica dovuto al fatto che l’economia è gestita dai partiti che demandano all’Europa le scelte impopolari da una parte, i favoritismi dall’altra. Quante inchieste giornalistiche ci hanno fatto sapere quanti interessi lobbistici orbitano intorno alla dirigenza della Unione Europea. Non è statalista ne capitalista, diciamo "pioista " che attinge al verbo "piare" ( io "pio" tu "pii" egli "paga" )

Estirpazioni, vigneti del Nuovo Mondo e incertezza sull'origine dei vini
"In un processo di ripianificazione economica verso il basso a seguito della riduzione del reddito pro capite, la grande distribuzione ha bisogno di prodotti a basso costo e ad alto ricarico. Ecco che Prodi in qualità di Presidente della Commissione Europea consente di produrre le tipologie del vino italiano anche nei paesi extra comunitari.

La Cina non se lo è fatto dire due volte ed ha impiantato circa cento cinquanta mila ettari di vigneto oggi produttivi.
La "Filiale" Commerciale Europea della "Cina" sta gia proponendo estirpazione, guarda caso, di cento cinquanta mila ettari di vigneto. Nel contempo smonta il sistema qualitativo – vinicolo italiano per far scadere la qualità e la certezza dell’origine dei vini. Per informazione, è stato sperimentato che la stiva di una nave che attraversa l’equatore raggiunge la ragguardevole temperatura di circa 80° a discapito della qualità.
La rivoluzione impostata della U.E. dovrà tener conto dei disciplinari, delle zone di produzione, dell’inutilità dei consorzi e di un sistema di controllo che oggi bene o male funziona.

Il vino 'made in China' come telefonini, cravatte e orologi
"La Cina si domanda: quanto pesa una bottiglia? Quanto costa una bottiglia? Quanto costa il trasporto del vino imbottigliato? Meglio incartonarlo, costa meno..
La "Filiale" Commerciale Europea della "Cina" autorizza l’incartonamento del vino.
L’Europa palesemente anti Italiana con il rumoroso silenzio dei Deputati Europei ha decretato il "ferimento grave" del vino italiano.
Se pensiamo che per una Dop dobbiamo "inchinarci" ad un organismo sopra nazionale vuol dire che gli stati membri sono considerati incapaci di legiferare in materia.
Per impedirlo necessita un processo nuovo di rappresentatività che escluda dal dibattito e dalle iniziative le organizzazioni "conniventi" con codesto Sistema che io definisco Fascio, Catto, Sindacal, Marxista. Ove la politica e solo aggregazione del consenso. Per non parlare dei danni che ha fatto L’Europa all’economia degli europei