Di Paolo Pellicciari
Mi domando! Da chi siamo governati? E' possibile che
tutti gli stati occidentali siano più o meno indebitati? E'
possibile che tutti gli Stati Europei sono costretti a vendere il
loro patrimoni pressoché tutti nello stesso momento? Possibile che
in un'era dell'elettronica, i “tecnici” dei vari centri di
potere, non hanno elaborato strategie di politica economica per
evitare il cataclisma economico che stiamo attraversando? E gli
economisti universitari, le cosiddette “intellighenzie” C'è
qualche cosa che non torna! Che avessero organizzato una nuova
conferenza “Jalta” a porte chiuse dove i nuovi potentati
economici si sono divisi le ricchezza del mondo? Quello che è
sospetto che dietro tutto questo ci sia un'unica “regia”.
Tutto si potrebbe evincere dal fatto l'Europa è
vittima di scorribande finanziarie dove i protagonisti sono i fondi
sovrani composti da cinesi, arabi e russi che stanno comprando a
prezzo di saldo i “gioielli” del vecchio continente: dalle
squadre di calcio, alle banche, dalle aziende energetiche, fino alle
infrastrutture e di tanta altre aziende di prestigio anche ad alta
redditività.
Da Valentino, l'azienda italiana sinonimo di alta
moda, dal 2007 di proprietà del fondo d'investimento Permira.
Valentino non è la prima casa di moda europea a passare in mani
orientali. Già la Cerruti, acquistata nel 2012 dalla Trinity di Hong
Kong, alla Miss Sixty venduta alla cinese Trendy e alla Gianfranco
Ferré acquisita dal Paris Group di Dubai pochi mesi fa. E' da tempo
che lo sceicco del Qatar è impegnato sotto forma di investimenti
della famiglia reale o dello Stato con i fondi sovrani - a un grande
e diversificato shopping europeo.
Dal 2008 da quando è scoppiata la crisi economica
molti i paesi neo ricchi, hanno preso l'Europa come terra di
conquista economica: dagli Emirati Arabi a Dubai, dalla Cina
alla Russia.
Tutti Stati in forte espansione economica, per lo più guidati da
regimi pseudo dittatoriali, attratti dai prezzi da “saldo” che la
crisi infinita ha imposto alle aziende-gioiello dell'Europa. Nel caso
dei paesi del Golfo e della Russia, le sterminate ricchezze
provenienti da sottosuoli ricchi di petrolio a invogliare allo
shopping. Nel caso della Cina, è l'esigenza di investimenti in modo
redditizio per le riserve di valuta estera accumulate in decenni di
esportazioni.
Nel mirino degli
speculatori, ci sono marchi con rendimenti a doppia cifra. Il Quatar
è un esempio esempio. Risalgono al 2009 i suoi investimenti in
Porsche e Wolkswagen. Nello stesso anno aveva tentato invano di
aggiudicarsi la squadra di calcio del Manchester City, finita poi tra
le proprietà del fondo sovrano di Abu Dhabi, per acquistare
successivamente il Paris Saint Germain. E se in Inghilterra Hamad bin
Kalifa al-Thani ha messo le mani su una quota della London Stock
Exchange, dei supermercati Sainsbury e della banca Barclays, oltre
che sul 100 per cento degli storici grandi magazzini Harrod's. In
Francia ha comprato le attività turche e le operazioni
lussemburghesi di Dexia, la banca franco-belga vittima della crisi
del debito sovrano, e pochi mesi fa è entrato con l'1 per cento nel
titano mondiale del lusso Lvmh.
Simone Alvaro, responsabile dell'ufficio studi giuridici della Consob dice: «Il mondo è ormai cambiato» «I Paesi produttori di petrolio e di materie prime hanno conquistato dal 2007 un grande vantaggio economico». Gli ingenti patrimoni a disposizione dalle obbligazioni U.S. Sono dirottati nella diversificazione d'investimento, diventando protagonisti dell'economia mondiale. In Borsa detengono un terzo delle quote societarie del listino, a Londra partecipazioni in un quarto. «Bisogna cominciare a prendere atto dei cambiamenti», prosegue Alvaro: «E non si può pensare che siano temporanei, soltanto dovuti alla crisi».
Con il potere economico
che si sposta ad Oriente è inevitabile che anche i simboli del
successo economico passino di mano verso regioni dove abbondano
denari e opportunità di crescita. Certo è però che la crisi
dell'Eurozona ha offerto il fianco agli acquisti stranieri. Sempre
più importanti, talvolta anche strategici. Non fosse stato costretto
dal piano di salvataggio europeo, il Portogallo non avrebbe mai
privatizzato la sua società elettrica, Energias do Portugal,
spalancando le porte al Qatar (con il 2 per cento) e alla Cina, che
tramite il braccio d'investimento China Three Gorges International ne
ha acquistato oltre il 20 per cento. Per non parlare
dell'investimento qatarino (6,19 per cento) nella spagnola Iberdrola,
la maggiore società di energia eolica al mondo. Dal canto loro gli
Emirati Arabi, tramite il fondo sovrano International Petroleum
Investment (Ipic), hanno approfittato della crisi per comprare dalla
francese Total il 49 per cento di Cepsa, la seconda società
petrolifera spagnola, che si va ad aggiungere al 47 per cento già
detenuto, consolidando così il proprio portafoglio globale di
investimenti nel settore energetico.
Srive The Indipendent.
Cos'hanno in comune il carnevale del martedì
grasso in Portogallo, il sole della Grecia, il National Stud
(allevamento di cavalli) irlandese e la lotteria nazionale spagnola?
Risposta: sono stati tutti venduti o cancellati dai
governi europei nel disperato tentativo di risanare le finanze
pubbliche dopo un decennio di sperperi e di malgoverno. Un numero
considerevole di paesi europei sta sostanzialmente vendendo i
gioielli di famiglia, in una svendita continentale senza
precedenti.
La Grecia è il principale banditore d'Europa, con circa 50 miliardi di risorse all'asta. Ma altri governi sono avviati sulla stessa strada.
La Grecia è il principale banditore d'Europa, con circa 50 miliardi di risorse all'asta. Ma altri governi sono avviati sulla stessa strada.
La vendita del patrimonio statale è una scelta
disperata. In circostanze favorevoli sarebbe un progetto ambizioso,
ma le circostanze sono tutt'altro che favorevoli. Se tutti mettono
all'asta i loro possedimenti contemporaneamente, il crollo dei
prezzi è inevitabile. La Grecia, per esempio, finora è riuscita a
incassare appena 180 milioni di euro, molto meno dei 50 miliardi
previsti.
Gli acquirenti in teoria non mancano. La Cina è in cerca di opportunità di investimento in ogni angolo del globo, e i governi dei paesi mediorientali sono sempre pronti a spendere i proventi del petrolio.
A questo punto è difficile dire se dovremmo essere felici o preoccupati davanti a una vendita così massiccia. Da un lato bisogna accogliere qualsiasi soluzione in grado di tirare fuori l'Europa dalla crisi del debito, ma è anche vero che i gioielli di famiglia, una volta venduti, non torneranno mai indietro. Mentre le nostre economie vengono progressivamente surclassate da Cina e India, c'è il rischio concreto che il vecchio continente non ritorni mai più ai fasti del passato.
Gli acquirenti in teoria non mancano. La Cina è in cerca di opportunità di investimento in ogni angolo del globo, e i governi dei paesi mediorientali sono sempre pronti a spendere i proventi del petrolio.
A questo punto è difficile dire se dovremmo essere felici o preoccupati davanti a una vendita così massiccia. Da un lato bisogna accogliere qualsiasi soluzione in grado di tirare fuori l'Europa dalla crisi del debito, ma è anche vero che i gioielli di famiglia, una volta venduti, non torneranno mai indietro. Mentre le nostre economie vengono progressivamente surclassate da Cina e India, c'è il rischio concreto che il vecchio continente non ritorni mai più ai fasti del passato.
Irlanda - Foreste, servizi pubblici, una
compagnia aerea, la National Stud
Lo stato irlandese ha messo in vendita un lungo
campionario di risorse, tra cui una società energetica, la
compagnia aerea Aer Lingus, la compagnia che gestisce il patrimonio
forestale (Coillte) e la famosa National Stud (valore stimato: 1
miliardo di euro). Bord Gais, la società che gestisce l'erogazione
di gas nell'isola, è stata valutata 2,5 miliardi di euro. La
settimana scorsa il dipartimento dei trasporti ha confermato che
esiste un "forte interesse" nella quota statale di Aer
Lingus, del valore complessivo di 123 milioni di euro.
Portogallo - Infrastrutture energetiche
Lisbona è stata tra le prime capitali europee a
mettere all'asta il proprio patrimonio, e per questo motivo ha avuto
un discreto successo. La società elettrica nazionale ha accolto
capitali cinesi e della Oman Oil, e lo stato ha incassato 592
milioni di euro. Un affare ben più lucrativo, attorno agli 8
miliardi di euro, è stata la vendita del 21 per cento delle azioni
della compagnia energetica nazionale, Energias de Portugal,
acquistate dalla cinese Three Gorges Corporation.
Paesi Bassi – Mezzi militari
L'anno scorso il ministero della difesa olandese ha
racimolato diversi milioni di euro – nell'ambito del piano di
austerity da 1 miliardo di euro – vendendo 18 caccia F16 al
governo cileno. All'asta c'è anche un buon numero di navi da
guerra.
Regno Unito - Ambasciate, edifici, mezzi
militari
Londra spera di convertire in denaro contante la
quota statale (49 per cento) del National Air Traffic Services. Il
Regno Unito ha inoltre in programma di vendere centinaia di
ambasciate ed edifici di proprietà del ministero degli esteri
disseminati in tutto il pianeta, per un totale di circa 240 milioni
di sterline.
Il ministero della difesa ha messo in vendita il
sito delle Deepcut Barracks [quartier generale del Reale corpo
logistico] e tutta una serie di attrezzature militari. Settantadue
jet Harrier "in congedo" sono stati venduti agli Stati
Uniti per circa 116 milioni di sterline, e l'anno scorso è stata
messa all'asta la portaerei HMS Ark Royal. Tra le altre risorse
messe in vendita dal ministero della difesa ci sono elicotteri, Land
Rover e orologi di lusso.
Spagna - Infrastrutture (inclusa la
metropolitana di Madrid?)
Il miliardario progetto di privatizzazione della
lotteria nazionale spagnola è stato abbandonato in settembre quando
il ministro delle finanze ha definito insufficiente la valutazione
di mercato. In ogni caso il governo madrileno, travolto dai debiti,
sta per vendere al prezzo di 3,5 miliardi di euro una partecipazione
di minoranza nella società per la distribuzione dell'acqua, Canal
Isabel II. La metropolitana di Madrid potrebbe finire presto
all'asta.
Francia - Immobili di lusso
Ormai da anni lo stato francese porta avanti la
vendita di immobili di proprietà del governo. Nel 2010 Parigi ha
annunciato che avrebbe messo all'asta altri 1.700 edifici nel
tentativo di ridurre il debito multimiliardario dello stato. Il
governo ha messo in vendita castelli, palazzi nella capitale e
persino la tenuta di caccia di La Muette, valutata 10 milioni di
sterline, le Banlieue di Parigi da parte del Quatar.
Austria - Le Alpi (quasi)
In giugno la decisione del governo di mettere in
vendita due montagne per un totale di 121 miliardi di euro ha
scatenato la protesta dell'opinione pubblica. L'opposizione locale
alla vendita del monte Rosskopf (2.600m) e del suo vicino Grosse
Kinigat (2.700m) ha costretto Vienna a fare marcia indietro.
Tuttavia un ministro ha precisato che in futuro le due montagne
potrebbero tornare in vendita.
Italia - Palazzi? Spiagge? Oro? Antiche
rovine?
Nel 2010 il governo italiano ha avviato una
svendita massiccia di circa novemila tra edifici, spiagge, fortezze
e persino alcune isole nel tentativo di ridurre il debito pubblico.
Il valore complessivo delle risorse è stato stimato attorno ai 3
miliardi di sterline. Non è chiaro quale sia la cifra incassata
fino a oggi dal governo italiano, ma decine di palazzi veneziani
sono stati venduti e trasformati in alberghi. Ulteriori introiti
sono arrivati dalla concessione per l'utilizzo del Colosseo a fini
pubblicitari. Più recentemente, Roma è stata invitata da Berlino a
vendere buona parte delle sue riserve auree prima che il prezzo cali
drasticamente.
Lettonia – Una città fantasma
Nel 2010 un'intero centro abitato è stato offerto
a una società russa al prezzo di 1,9 miliardi di sterline.
Skrunda-1, un tempo sede di una base militare russa, è stata
abbandonata dopo la caduta dell'Unione sovietica.
Grecia - Più o meno tutto (tranne
l'Acropoli)
Il governo greco sta cercando di racimolare
l'impressionante cifra di 50 miliardi di euro vendendo o affittando
le proprietà dello stato, compreso l'aeroporto internazionale di
Atene (insieme ad altri 38), la società petrolifera, quella per la
distribuzione del gas, i porti di Salonicco e del Pireo, l'Hellenic
Post Bank, le autostrade, la società che gestisce le corse dei
cavalli e 35 grandi palazzi di proprietà del governo.
A disposizione di eventuali acquirenti c'è anche
Hellenikon – una striscia costiera tre volte più grande del
principato di Monaco e un tempo sede di un aeroporto internazionale
– e un lotto di 44 acri sull'isola di Corfù. Secondo alcune fonti
Atene ha intenzione di vendere numerose aree costiere di grande
bellezza. Inoltre la Grecia sarebbe pronta a vendere il sole: il
governo sta discutendo con Berlino la possibilità di esportare
energia solare.
A Conclusione non posso non ricordare i miei
maestri che mi hanno insegnato che la Politica è l'arte della
prospettiva, mi domando: quale prospettiva per le prossime
generazioni? “Schiavizzati” dal potere del Dio Denaro.
Fonte, The Indipendent.
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