RISALGONO A ENEA I VIGNETI DEL LATIUM
(www.enopress.it). Portano addirittura alla nascita di Roma le origini dei vigneti del Latium: Da Enea al Sommelier, Passando per la Grande Distribuzione - Venerdì 29 ottobre dalle ore 17 alle 21:30, presso il Grand Hotel St. Regis, Via V.E. Orlando,3, in occasione della DEGUSTAZIONE delle ECCELLENZE del LAZIO, Dalla tradizione alle nuove tendenze, organizzta dall' Arte dei Vinattieri, si tiene la presentazione dei volumi: "Frascati ai tempi di Nannì" di Paolo Pellicciari e "I vini pontini" di Mauro Maccario - Inoltre, l' Editore David Ghaleb presenta la preziosa collana dei libri dedicati alla tradizione del territorio e alla cultura del Viterbese.
Enopress è lieta di anticipare l'intervento di Paolo Pellicciari, autore del bel libro "Frascati ai tempi di Nannì" sul tema delle vicende millenarie che caratterizzano le origini dei vigneti del mitico Latium.
Da Enea al Sommelier, Passando per la Grande Distribuzione, di Paolo Pellicciari
In vino veritas. "Qui bene bibit bene dormit, qui bene dormit non peccat, qui non peccat vadit in caelum, ergo qui bene bibit vadit in caelum!"
Origini dei vigneti del Latium
Come si racconta nell'Eneide, Enea, figlio della dea Venere, fugge da Troia, ormai presa dagli Achei, con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio. Dopo un lungo peregrinare approda nella Latium vetus ( antico Lazio ) . Qui, Enea viene favorevolmente accolto dal re Latino e da sua figlia Lavinia. Enea, innamoratosi di lei deve però affrontare Turno, re dei Rutuli, a cui il padre l'aveva inizialmente promessa in moglie. Sarà l'uccisione del giovane cortigiano latino Almonte, avvenuta in una rissa coi Troiani, a fornire a Turno il pretesto di un intervento armato.
Terminata la guerra Enea poté sposare Lavinia e fondare la città di Lavinio in onore della moglie. (l'odierna Pratica di Mare) Le popolazioni d’allora avevano una struttura tribale dediti alla pastorizia, e ad una primordiale struttura agricola basata perlopiù su prodotti spontanei tipici del territorio. Da Lavinio si inoltra nel territorio fino ai colli albani Secondo gli storici la città di Alba Longa fu fondata da Ascanio, o figlio di Enea, trenta anni dopo la fondazione di Lavinio.
Dai Colli Albani al monte Tusculum il passo è breve, e Telegono, figlio di Ulisse o al re latino Latino Silvio, nipote del Silvio figlio di Enea si insediano nella comunità di cui sono stati rinvenuti reperti piuttosto antichi, che portano la datazione dei primi insediamenti umani all'età del rame. L'abitato vero e proprio, situato sulla sommità della dorsale vulcanica del Tuscolo, sorse attorno all'età del ferro. Il geografo tedesco naturalizzato italiano Filippo Cluverio afferma che la città venne fondata dai Latini circa trecento anni prima della guerra di Troia. Il territorio di Tuscolo non era certo il "cucuzzolo" che vediamo oggi, ma si estendeva dall’odierna Anagni all’area pontina fino al mare.
I greci nella fattispecie oltre alla civiltà portarono anche la vite per produrre il vino. Il vino già allora oltre ad essere bevanda rappresentava un simbolo religioso tanto da essere definito nettare degli Dei. A seguire viene fondata Roma nell’anno 753 a.C. secondo lo storico latino Varrone, sulla base dei calcoli effettuati dall'astrologo Lucio Taruzio.
Alla nascita di Roma, Tuscolo era già una comunità organizzata e già coltivava la vite importata dai greci anni prima, per cui già all’epoca nelle nostre zone si produceva vino. Il vino oltre ad essere bevanda, era anche nutrimento essenziale per fornire calorie a sostegno delle attività che all’epoca dovevano essere piuttosto faticose. Roma per la natura geografica, e la sete di potere, inizia lentamente ad espandersi e Tuscolo diventa il naturale fornitore di vino ai romani dall’ora. Dal primo nucleo abitativo Roma inizia una graduale espansione tanto da conquistare un impero. Più si espandeva l’impero e più piantavano vigneti che nei secoli a seconda della zona si connata una menzione, da qui, i vari nomi dei vitigni e vini. Nessuno può negare le origini tuscolane dei vari vitigni coltivati in tutto il mondo.
Da quell’epoca fino alla fine dell’ottocento la vite ramificava sugli Olmi. Tanto che l’Olmo viene pregiato come albero della vita, per questo ogni comune doveva intitolargli una strada. Frascati che non si fa mancare niente ha una strada, una piazzetta e un vicolo.
Dicevo, che il vino era ed è un simbolo religioso. Fino alla nascita di Cristo era definito il nettare degli Dei. La religione Cattolica eleva il vino a "Sangue di Cristo" dando un’importanza liturgica di grande importanza e sacralità. Nel 500 dopo Cristo, Anicio Tertullo signore di Tuscolo crea un impianto rivoluzionario per soddisfare le richieste di vino provenienti da Roma ormai una città. Comincia ad utilizzare il palo ( passone) al posto dell’Olmo. Cosi diventa il precursore della viticoltura moderna ancora oggi i passoni sono portanti del vigneto. Nell’Anno 1191 I tuscolani perdono la battaglia di Prataporci, e Tuscolo viene messa a ferro e fuoco, e cosparsa di sale per impedire ogni forma di agricoltura. I superstiti fondarono Frascati e ricominciarono la coltivazione della vite.
Un mecenate e raffinato buongustaio fu il cardinale Scipione Borghese- l’artefice delle più belle e fastose ville tuscolane - così descrive le bellezze dei luoghi, che già in quel tempo, prima della metà del '600 , era giustamente rinomato : "della bontà del sito non mi è necessario dirlo, perché la virtù et la varietà et la opportunità del terreno si mostra pur anco hoggidì, quando le sue vigne producono frutti et liquori di tale squisitezza, che io non intendo in quale parte si trovino migliori". Tra i più antichi ed illustri intenditori del "Frascati" - anche perché ne fu il primo e più autorevole estensore delle norme di coltivazione e vinificazione nel suo celebre trattato De Agricultura - spicca certamente Marco Porcio Catone detto Il Censore. Originario di una famiglia di viticultori tuscolani , uomo sapiente, abile politico e oratore, capitano valoroso, governatore di province, gradiva egli stesso porsi al lavoro delle sue terre assieme ai propri dipendenti, dividendone poi il cibo semplice ed il vino genuino.
Varrone ricorda le feste tuscolane "Vinalia" per il vino nuovo del Tuscolo ed alcuni provvedimenti relativi alla sua esportazione in Roma. Con questo buon vino, al dire di Macrobio, Ortensio innaffiava i celebri platani che aveva piantato sulle liete pendici tuscolane perché crescessero più rigogliosi. In questa carrellata dei più antichi cultori e frequentatori del Tuscolo, come non ricordare il grande Marco Tullio Cicerone, che vi possedeva la prediletta tra le sue ville dove amava rifugiarsi di preferenza e da dove trasse il titolo la sua più celebrata opera filosofica, le "Tusculanae disputationes"?
Anche Lucullo, il celebre generale romano, passato alla storia più per la predilezione della buona tavola che per quella di armi e di studi, possedeva una splendida villa alle falde del Tuscolo dove si dilettava ad invitare amici, quali Cicerone e Catone l'Uticense - pronipote del grande Marco Porzio - ospiti non solo della sua fornitissima biblioteca ma altresì dei suoi famosissimi banchetti, dove certamente il vino tuscolano scorreva abbondante. Intorno all’anno mille, quando l’antichissimo Municipium Tuscolanum si era trasformato in rocca feudale dei Conti, i potenti alleati degli Imperatori di Germania, tra i più grandi cultori del vero vino di Tuscolo, vi fu Cristiano di Mangoca, generale di Federico Barbarossa frequentatore abituale delle taverne tuscolane
Si deve giungere a Paolo III Farnese (1533-49) - Papa italianissimo, che prima di salire al soglio di Pietro era stato vescovo suburbicario della diocesi ed aveva appreso ad amare Frascati e le sue bellezze naturali, per vedere ristabilire la supremazia del Frascati sul vino d'Oltralpe. Dopo aver dichiarato che " i vini francesi danno alla testa" Paolo III li bandì senz'altro dalla sua mensa.
Dopo la seconda metà del secolo XVI fu assai sentita la necessità di tutelare il costo della vendita dei vino, destinati al popolo. Coincide con questo movimento di vera e propria tutela del consumatore l'apparizione della "fojetta" (1589) imposta da Sisto V. Precursore di questo regime di tutela fu Marcantonio Colonna, Signore e Vicario di Giulio II della Rovere, che negli statuti concessi alla città di Frascati stabiliva in alcuni importantissimi articoli regole che ancor oggi vengono ribadite in decreti. Precisamente detta l'art. 96: "che il vino delli forestieri si venda a ellezione dei soprastanti" (quindi un Consorzio di Difesa e Tutela ante litteram). "Statuimo et ordiniamo che qualunque del detto castello, ovvero altri che venda vino, che lo portassi fori d'esso castello, a vendere in esso, che sia vino latino, non sia lecito a nessuno venderlo più di quello che gli sarà imposto dagli soprastanti, et chi contraffarà paghi pena di soldi vinti per qualunque volta et per qualunque misura". Verso il 1600 a Villa Taverna per caso viene scoperto "Zinzeru" il vino "frizzante" della campagne di Frascati detto "Romanella" nomignolo della Perpetua del cardinale Ferdinando Taverna. Il primo "spumante" in assoluto.
Il Dalmasso, nella sua "Storia della vite e del vino in Italia", ricorda come il medico di Sisto V, Andrea Bacci, autore di uno dei primi trattati sui vini d'Italia, avesse definito Frascati "luogo di delizie, generoso di uve e di vari frutti", mettendo in evidenza che quegli industri coltivatori avevano propagato nelle loro vigne le viti più elette d'Italia" dalle quali si ottenevano vini che venivano forniti "ai conviti principeschi, nonché alle mense borghesi di Roma".
Il Frascati vino di Roma per eccellenza.
Durante l’ultima guerra molto del terreno vignato del Frascati, vien calpestato dai carri armati e dopo il conflitto i vigneti vengono ripiantati manualmente, con grandi sacrifici e patimenti dei frascatani vocati alla viticoltura. La produzione si aggirava, intorno ai 700.00 hl Negli all’incirca negli anni 60 comincia il processo di qualificazione dei vini varando i decreti che costituiscono le DOC. Nel Lazio il Frascati ottiene il riconoscimento della prima DOC d’Italia. Poi a seguire tutte le altre
Nel contempo inizia l’era della grande distribuzione, gradatamente si insediano supermercati in tutte le città d’Italia, attraendo l’industria alimentare per le quantità di prodotti consumati dal sistema distributivo. Non poteva fare eccezione il sistema industriale vinicolo. Molti vini prestigiosi si trovavano e si trovano negli scaffali dei supermercati a causa anche del grande potere d’acquisto condizionando sempre più a ribasso il prezzo dei vini. L’industria vinicola di fatto si è trovata "impicciata" in un sistema più impegnativo del previsto. Per competere con i prezzi imposti la cronaca ci ha informato di frodi vinicole di notevoli dimensioni che hanno screditato tutta l’industria vinicola italiana. Anche i questi giorni ci sono sotto esame 2 milioni di litri di vino.
In un processo di pianificazione in "basso" dell’economia si avverte la necessità di realizzare prodotti vinicoli sempre più economici etichettati con marchi prestigiosi. Errori gravissimi, perche si va a comprare un vino dal marchio prestigioso ad un certo prezzo, e al supermercato le troviamo a 3 € creando un danno "occulto" ad effetto ritardato.
Nell’era moderna si guarda sempre di più al Sommelier figura emergente nel mondo vinicolo. Professione che non ha una grande storia, la nobiltà romana non frequentava la ristorazione tradizionale romana. I pranzi o le cene avvenivano nelle loro residenze romane o di campagna, con i vini prodotti nei loro vigneti. Serviti dai loro maggiordomi, perchè solo loro si potevano avvicinarsi ai commensali versando il vino spesso in calici di Boemia o d’argento. Mentre i camerieri "valletti" servivano le varie portate.
Il Sommelier celebrante di un rito antico
Oggi il Sommelier ha assunto un ruolo importante in un processo qualitativo in atto, del vino, perché è colui che garantisce la qualità e la caratteristiche da consigliare in relazione alle varie portate. Esso assume non volendo il ruolo di un "Sacerdote" che celebra un "rito" laico, finalizzato alla scelta più appropriata di un vino che ne valorizzi l’anima che contiene. Dobbiamo dare merito ad Arcioni per il lavoro promozionale che svolge a favore delle Enoteche. Arcioni con le sue iniziative, volge lo sguardo al futuro. Non a caso il presente è il frutto del passato e il seme del futuro. E guardare al futuro significa capire le nuove generazioni, le nuove etnie presenti nel nostro territorio, e valutare i prodotti da immettere sul mercato, e non sempre i nostri prodotti calzano queste esigienze.
Nel Lazio si fa il vino Dar Tempo de Noè e questo avrà pure un valore aggiunto? In una realtà globalizzata non si può pensare di soddisfare le esigenze di un mercato pianificato. Dobbiamo pensare ai nuovi ricchi dobbiamo assumere la presunzione di produrre un vino per chi se lo può permettere. Mettendo sul piatto del valore storia, tradizione, esclusività e qualità, qualità e qualità.
Grazie a Claudio Arcioni, alle enoteche storiche romane e a tutte le autorità invitate presenti per aver organizzato questa splendida manifestazione tematica sui vini del Lazio, che hanno origine dalla viticoltura da quando la nostra regione si chiamava Latium
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