martedì 5 maggio 2015

L'EXPO VISTO DAL “BUCO” DELLA SERRATURA

L'EXPO CI PORTERA' AL CIMIT€URO.
Il 30 ottobre 1947 a Ginevra, 23 paesi firmarono il trattato Il GATT General Agreement on Tariffs and Trade (Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio), Il GATT, ha generato il trattato WTO a seguire l'OCM oltre, ad una lunga serie di trattati di cui l'ultimo TTIP ( Il più controverso) dando così inizio ad un progetto espansionistico per il controllo del mercato alimentare e non solo, su scala mondiale. Un'espansione planetaria per il controllo degli alimenti, guardando all'irreversibile futuro globalizzato. Ai giorni nastri con il nuovo stile di vita con i suoi ritmi frenetici, ha modificato abitudini e comportamenti alimentari a dir poco rivoluzionari. I giovani mangiano quando vogliono e cosa vogliono, in giro nelle paninoteche, nei fast food o in pizzeria, quasi sempre si tratta di cibi prodotti su scala industriale. Si va al fast food perché è di moda e ci vanno tutti, per placare la fame ed è chiaro che lì si troveranno sempre quegli stessi alimenti, con lo stesso sapore e allo stesso prezzo.
L’uomo occidentale è passato in pochi decenni dalla paura per la mancanza di cibo a quella per l’eccesso di cibo. La standardizzazione del cibo, come pure gli esperimenti per renderli più belli e appetibili, sono i nuovi “dogmi alimentari” del nostro tempo.
Ciò che mangio nel fast food si associa ad immagini di giovani belli, spensierati, con molto denaro a disposizione, piace agli amici e si consuma in loro compagnia, rompe con le tradizioni familiari e ha il sapore dell’autonomia, si mangia senza posate, è pronto e non richiede preparazione, non delude e, infine, riesce “bene” sempre. La patata è, al centro del sistema alimentare dei fast food.
Il WTO certo è il grande motore della globalizzazione - L'Europa ha decretato che la carne americana trattata con ormoni artificiali, al contrario della nostra, è pericolosa per la nostra salute e ha deciso di non importarla. Una precauzione che però ci costa molto cara: 340 miliardi di sanzioni americane contro il Vecchio Continente. Una ritorsione decisa all'Organizzazione Mondiale del Commercio nel nome delle regole della Globalizzazione.
- In Toscana e in Piemonte, nel mezzo delle terre più belle e fertili d'Italia la Globalizzazione ha colpito duro. Il tartufo è uno dei nostri prodotti più pregiati e lo esportavamo in grandi quantità negli Stati Uniti d'America; ciò creava reddito per le aziende e i lavoratori italiani. Ma da qualche anno gli Stati Uniti hanno deciso di tassare il tartufo del 100%, sbarrandogli la strada. Chi l'ha deciso? L'Organizzazione Mondiale del Commercio nel nome della globalizzazione.
- L'Unione Europea, per proteggere la salute dei nostri figli più piccoli, ha detto di no all'importazione di giocattoli che contengono un ammorbidente tossico. Ma anche questa precauzione è oggi nel mirino dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e dei suoi accordi di globalizzazione.
L'Organizzazione Mondiale del Commercio, WTO è dunque il grande motore della globalizzazione.

Le sementi OGM sotto il “controllo delle multinazionali”
Quindici milioni di contadini sono ostaggio degli Ogm, e 250.000 agricoltori – ridotti sul lastrico – si sono tolti la vita negli ultimi anni. È l’agghiacciante denuncia lanciata dalla studiosa ed attivista indiana Vandana Shiva: il 70% del commercio globale di sementi è ormai controllato da appena tre grandi multinazionali, e gli organismi geneticamente modificati, che dovevano aumentare le produzioni e ridurre i pesticidi, stanno condizionando il sistema agricolo mondiale. Lo afferma senza mezzi termini un nuovo rapporto, intitolato “L’imperatore Ogm è nudo”, redatto da ben 20 organizzazioni internazionali e pubblicato da Navdanya International, associazione con sede a Firenze. Presentati sin dall’inizio come potenziale soluzione alle crisi alimentari globali, all’erosione dei suoli e all’uso di sostanze chimiche in agricoltura, oggi gli Ogm coprono oltre un miliardo e mezzo di ettari di terreni in 29 diverse nazioni. Ma non sembrano aver mantenuto le promesse.
Tra le delusioni degli Ogm, la lotta contro i parassiti: le nuove colture hanno favorito la diffusione di specie nocive e ancora più pericolose. In Cina, dove il cotone Bt resistente agli insetti è largamente diffuso, i parassiti sono infatti aumentati di 12 volte dal 1997. Non solo, una ricerca del 2008 dell’International Journal of Biotechnology ha rivelato che tutti i benefici dovuti alla coltivazione di questo tipo di cotone erano stati annullati sia nella Repubblica Popolare che nella vicina India dal crescente uso di pesticidi, necessari in quantità sempre maggiori proprio per combattere questi nuovi “super-parassiti”. Stessa sorte per i coltivatori di soia OGM in Brasile ed Argentina che, dalla conversione delle loro colture, hanno dovuto raddoppiare l’uso di erbicidi per disfarsi di super-weeds capaci di crescere anche di un centimetro al giorno (come l’erba infestante pigweed). E ciò senza neppure il vantaggio di avere coltivazioni più resistenti al sole o alla siccità.
Secondo The Gmo Emperor has no clothes. Global Citizens Report on the State of GMOs, gli Ogm hanno solamente portato poche multinazionali ad un inquietante strapotere. Basti pensare che le sole Monsanto, Dupont e Syngenta controllano oggi il 70% del commercio globale di sementi. Un fatto che permette ai tre colossi biotech di stabilire (ed alzare) i prezzi a loro piacimento. Ma che proprio per questo, secondo gli scienziati, sta avendo conseguenze devastanti su molti degli oltre 15 milioni di agricoltori diventati loro clienti.
In Africa, Sud America e soprattutto in India, i suicidi di contadini impossibilitati a sostenere i costi sempre più elevati dell’agricoltura intensiva imposta dagli organismi geneticamente modificati sono arrivati a livelli inaccettabili. Solo nel Paese asiatico, ricorda Vandana Shiva (che presiede Navdanya International), negli ultimi 15 anni le persone che si sono tolte la vita per questo motivo hanno superato le 250mila unità: quasi una ogni mezz’ora, dal 1996 ad oggi.
Oltre che gli effetti ambientali e sociali, gli studiosi temono conseguenze sulla salute, anche se ufficialmente non ancora dimostrate. Non solo nei Paesi “poveri”, ma anche negli Usa, che 15 anni fa lanciarono le coltivazioni ogm: oggi gli Stati Uniti ne sono il primo produttore mondiale, con il 93% delle coltivazioni di soia, l’80% del cotone, il 62% della colza e il 95% della barbabietola da zucchero.
In Europa gli organismi geneticamente modificati non sono ancora penetrati come nel resto del mondo, ma manca poco: “L’UE – spiega il rapporto – importa il 70% dei mangimi, in massima parte soia e mais provenienti dagli Stati Uniti” e quasi sempre geneticamente modificati. Di conseguenza, anche dove non permessi, gli Ogm “sono potenzialmente presenti nelle farine di mais e di soia, che figurano come ingredienti di tantissimi prodotti alimentari”.
Un fatto che non dovrebbe creare allarmismi, per Mark Buckingham della GM’s industry’s Agriculture and Biotechnology Council, che al contrario elogia gli enormi potenziali benefici di queste tecnologie. “Dall’India al Sudafrica, milioni di contadini hanno già valutato l’impatto positivo che la tecnologia degli Ogm può avere sul loro lavoro”, afferma il dottor Buckingham: “La popolazione mondiale raggiungerà i nove miliardi entro il 2050. Un significativo aumento dei raccolti è quindi necessario, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo”.
Il continuo progredire della ricerca, inoltre, secondo Buckingham potrà portare gli Ogm a fronteggiare anche sfide come quella dei cambiamenti climatici: “Si sta sviluppando una tecnologia per la tolleranza alla siccità, che permetterà alle colture di affrontare senza problemi periodi di bassa umidità dei terreni”. Ogm come soluzione ai problemi ambientali? Per Vandana Shiva, in realtà “il modello degli Ogm scoraggia i contadini nel provare metodi di coltivazione più ecologici”, e le corporation che lo promuovono stanno “distruggendo le alternative” al solo scopo di “perseguire il profitto”.
Oste è buono il vino?
Anche il vino non è immune dalla rivoluzione alimentare che sta prendendo sempre più piede il vino liofilizzato che richiama al nostro Paese. Per acquistarlo bastano pochi clic e immediatamente arriva a casa la bustina di vino (Barolo, Valpolicella, Amarone ecc.) con le relative etichette che richiamano al nostro Bel Paese. Tutto ciò mentre i produttori italiani e il governo lottano quotidianamente per far conoscere il nostro straordinario vino nel mondo.
Il finto Barolo è Made in Italy. Mentre centinaia di produttori si adoperano per diffondere nel mondo l’immagine del vino d’eccellenza italiano, altri pare preferiscano percorrere strade ‘alternative’, facendo conquistare al Bel paese un primato imbarazzante. Per acquistare una confezione di Barolo liofilizzato infatti basta un clic, così come per fare proprie bustine di Cabernet Sauvignon, Montepulciano, Amarone oppure Valpolicella.

L’operazione è semplice: si acquista il vino di proprio gradimento e, insieme a questo, viene fornito un kit che contiene una busta di vino liofilizzato, le etichette da applicare alle bottiglie e il relativo tappo. Ma quello che forse più fa rabbrividire è che sulle confezioni di vino fai-da-te appaiono simboli che richiamano l’Italia, come il Colosseo, paesaggi tipicamente toscani oppure il tricolore. Mesi di indagini hanno permesso di ricostruire parte della catena della produzione di vini liofilizzati, la cui capofila sarebbe una azienda emiliana che raccoglie dai produttori il succo d’uva concentrato. Quindi, a mezzo cisterne, da due porti dell’Adriatico il prodotto raggiungerebbe il Canada, dove il mosto verrebbe liofilizzato e poi esportato nei Paesi del nord Europa in cui la vendita è legale. E poi anche in Cina, Stati Uniti, Thailandia e Inghilterra.

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