martedì 20 dicembre 2011

ANCORA UNA FABBRICA DI NABABBI E DI DISOCCUPATI

Prima Pagina
Data di inserimento: lunedì 19 dicembre 2011
"COMUNIONISMO": ANCORA UNA FABBRICA DI NABABBI E DI DISOCCUPATI

(www.enopress.it). Il "laicismo" politico, abdica al clericalismo e collettivismo "Comunionista" - Il solito "lacrime e sangue", ma non ci si rende conto che le lacrime sono finite e che viviamo con l'anemia cronica

Ho ascoltato il discorso d'insediamento del Presidente del Consiglio Mario Monti. Un discorso degno del miglior Padre Arrupe. Un intervento brillantemente, articolato nella struttura, di tanto in tanto, qualche velata minaccia da "inquisitore" ai parlamentari attoniti nell'ascoltare l'annuncio della messa in atto dell'oppressione fiscale controllata dalla "laica inquisizione fiscale". Il contenuto sempre lo stesso, il solito, "lacrime e sangue" dai primi anni 70 che la politica ci propina per alimentare la fabbrica dei nababbi e dei disoccupati. Non ci si rende conto che le lacrime sono finite e viviamo con l'anemia cronica.

Non c'è dubbio, che nel Governo c'è una buona dose di "clericalismo" vista le presenza dei potentati cattolici tra i suoi componenti. Diciamo, un governo "cattolico" "Post Conciliare", che a mio avviso non rispecchia le logiche naturali del convivere. Certo in ballo c'è la vendita del Patrimonio pubblico valutato qualche miliardo di Euro che sicuramente è da tenere d'occhio. Personalmente, non mai condiviso le conclusioni del Concilio Vaticano II, ritenendo che l'enciclica Rerum Novarum emanata da Papa Leone XIII, insediato Papa, nel 1878. sia ancora attualissima, ed adeguata ai tempi moderni. Non a caso Leone XIII è da considerarsi uno dei più grandi Papi dell'ottocento

Nei 50 anni trascorsi dal Concilio Vaticano II, si sono manifestate forme di ingiustizia sociale, confusione e scompiglio in tutti gli strati della società ormai caratterizzata da etnie diverse che risiedono in Italia. Il degrado, in tutti i sensi, regna sovrano. Le tensioni sociali sempre più violente e cruente. Il riferimento alla "Comunione", ha scaturito in tutti, una sorta di sottomissione dei cittadini ad una "schiavitù" economica che sta concentrando le ricchezze del mondo a "organizzazioni" poco tangibili. Il Concilio ha di fatto abrogato la "Parabola dei Talenti" dettato della meritocrazia, da più parti ancora auspicata.

La pianificazione in "basso" dell'economia individuale, ha aperto, alle recriminazioni, alle discordie e alle diffidenze accentuate da spot televisivi degni di paesi del V° mondo. Il clima impedisce alle fonti oneste della ricchezza, di svilupparsi inaridendo le iniziative imprenditoriali, per mancanza di stimolo all'ingegno e all'industria individuale. La auspicata "equità", non sarebbe altro che una condizione universale di degradazione morale e di miseria. Tutte queste ragioni danno diritto a concludere che la comunanza dei beni proposta dal "Comunionismo" va del tutto rigettata, essa nuoce a quelle fasce di cittadini bisognosi di soccorso. "Offende" i diritti naturali di ciascuno, altera gli uffici dello Stato e turba la pace comune. L'obbiettivo dei Governi risiede nell'opera di migliorare lo stato dei cittadini e porsi come fondamento inamovibile del diritto di "proprietà" dei cittadini e del singolo cittadino. Altrimenti non parleremo più della fame nel mondo ma della fame del mondo

Dalla Rerum Novarum

La proprietà dei cittadini sancita dalle leggi umane e divine
Così evidenti sono tali ragioni, che non si sa capire come abbiano potuto trovar contraddizioni presso alcuni, i quali, rinfrescando vecchie utopie, concedono bensì all'uomo l'uso del suolo e dei vari frutti dei campi, ma del suolo ove egli ha fabbricato e del campo che ha coltivato gli negano la proprietà. Non si accorgono costoro che in questa maniera vengono a defraudare l'uomo degli effetti del suo lavoro. Giacché il campo dissodato dalla mano e dall'arte del coltivato, non è più quello di prima, da sodivo è divenuto fruttifero, da sterile a fecondo. Questi miglioramenti prendono talmente corpo in quel terreno, che la maggior parte di essi ne sono inseparabili. Ora, che giustizia sarebbe questa, che un altro il quale non ha lavorato subentrasse a goderne i frutti? Così il frutto del lavoro deve appartenere a chi lavora. A ragione pertanto il genere umano, senza affatto curarsi dei pochi contraddittori e con l'occhio fisso alla legge di natura, trova in questa legge medesima il fondamento della divisione dei beni; e riconoscendo che la proprietà del singolo cittadino, è sommamente consona alla natura dell'uomo e alla pacifica convivenza sociale. Solennemente sancita mediante la pratica in tutti i secoli.

Lo Stato e la famiglia.
È dunque un errore grande e dannoso, volere che lo Stato possa intervenire a suo modo nel "santuario" della famiglia. Certo, se qualche famiglia si trova per avventura in si gravi strettezze che da sé stessa non le è affatto possibile uscirne, è giusto in tali frangenti l'intervento dei pubblici poteri, giacché ciascuna famiglia è parte del corpo sociale. Similmente in caso di gravi discordie nelle relazioni scambievoli tra i membri di una famiglia intervenga lo Stato e renda a ciascuno il suo, poiché questo non è usurpare i diritti dei cittadini, ma assicurarli e tutelarli secondo la retta giustizia. Qui però, deve arrestarsi lo Stato; la natura non gli consente di andare oltre. La patria potestà non può lo Stato né annientarla né assorbirla, poiché nasce dalla sorgente stessa della vita umana. I figli sono qualche cosa del padre e della madre, una espansione, per così dire, della sua personalità famigliare e, a parlare propriamente, essi entrano a far parte del civile consorzio non da sé medesimi, bensì mediante la famiglia in cui sono nati. È appunto per questa ragione che, essendo i figli naturalmente qualcosa del padre e della madre prima dell'uso della ragione, stanno sotto la cura dei genitori.

Il Concilio Vaticano II, mettendo al centro "Dio la "Comunione, e L'Universalità" ha di fatto "espropriato" l'essere "persona" di ognuno di noi, in un processo di "appiattimento" della personalità individuale e della libertà nel senso più ampio della parola.

Chi è Mario Monti, se non un moderno Ezio Vanoni? Dunque dovremmo subire la politica economica dettata dal Concilio Vaticano II. L'utilizzo " esasperato della leva fiscale, di fatto, tende ad "espropriare" parte dei magri redditi delle famiglie, colpisce il ceto medio e si scaglia contro il principio della proprietà nel senso lato e più ampio del termine. Il fine limitare i consumi. ( contro il consumismo ) Limitando i consumi si creano disoccupati ( l'essere umano non può avere più del necessario ) Molti cittadini non potendo pagare il mutuo di casa verranno espropriati del bene primario. (I beni allontanano Dio).

Vorrei ricordare ai lettori più giovani, che dopo il 68 (post conciliare ) si è innescato un processo di cambiamento della società. Le contestazioni, gli scioperi condannati da Papa Leone XIII diventano la routine, tanto, che gradatamente si sono persi gli effetti dell'ormai dimenticato boom economico. Già agli inizi degli anni 70 si da inizio a un fisco "oppressivo" fondato su "lacrime e sangue" per le esigenze di cassa dei Governi che si sono succeduti, centralizzando l'economia in pochi gruppi economici trasformatisi in "spietati dittatori". In previsione della prevista povertà a venire nel 71 viene fondata la Caritas per sostenere le prevedibili difficoltà economiche dei cittadini. Cominciano le liberalizzazioni, si abroga di fatto la legge 426, per la regolamentazione della piccola distribuzione. Fiore all'occhiello dell'on. Aliverti, (relatore) sostenuta dal sottoscritto. Inizia l'era del centralismo economico e il connubio affari e politica, con l'insediamento dei Centri Commerciali che hanno creato una sorta di monopolio distributivo, così suddiviso. Supermercato, Centro Commerciale, Discaunt e Outlet che rappresentano l'80 % del Commercio in Italia. Le fusioni bancarie. Inizia il processo della globalizzazione, decadono i dazi, inizia la delocalizzazione industriale e di pari passo è aumentata la cassa integrazione e il conseguente impoverimento della popolazione. Nel tempo si è alimentato un "famelico mostro capitalistico" che può decidere chi "sbranare" la "preda" economica più debole.

La politica economica del Presidente Monti "sbrana" drammaticamente la famiglia, ossia la società domestica, vera, e anteriore a ogni organizzazione civile; perciò con diritti e obbligazioni indipendenti dallo Stato. Ora, quello che ho detto, in ordine al diritto di proprietà inerente alla famiglia: anzi tale diritto è tanto più forte quanto più estesa e completa in tutti i suoi aspetti.
Monti mette al centro della manovra il centralismo economico con la scusa delle liberalizzazioni, vuole gradatamente eliminare le sacche di "individualismo" economico che ancora permangono dopo le precedenti "privatizzazioni" per centralizzare la totalità dell'economia. Che a questo punto si potrebbe chiamare anche "econoloro" Con la "laica inquisizione fiscale" ci toglierà libertà della gestione economica famigliare, costringendo la totalità delle famiglie e dei pensionati ad aprire un conto corrente. Trovare le risorse per finanziare le banche ed incrementare il trasferimento di esercizi specializzati nei centri commerciali. Questo significa "traslare il sabato del villaggio" in una realtà sociale asettica, vuota e priva di rapporti umani. Ma l'aspetto allarmate e sentire che abbiamo uno stato "indebitato con i cittadini "ricchi" non vorrei che dopo il patrimonio immobiliare dello Stato toccasse a quello dei cittadini.

Per raggiungere "l'equità" serviva un'organizzazione che procedesse agli "epropri" dei morosi fiscali. Per questo è stata costituita "Equità lia" il "braccio" fiscale del "comunionismo"
Diceva Enaudi " da oltre quarant'anni ( la data precisa pare sia il 23 giugno 1912 ) testuale "Ho dichiarato le mie preferenze per le imposte che colpiscono il reddito consumato invece del reddito guadagnato, la spesa invece che il reddito; e perciò non ho obbiezioni di principio alle imposte sul petrolio e sulla benzina. Novembre del 56 la benzina in Italia era la più cara del mondo. Ezio Vanoni ministro delle Finanze da 1948 al 1954 nel 56 Ministro del Bilancio non gradì la riflessione di Enaudi. Vanoni sosteneva che tassando il reddito aveva le risorse per i servizi. Oggi il sistema fiscale colpisce non solo il reddito delle persone fisiche ma anche dei consumi.

Lo sviluppo può attendere.

Paolo Pellicciari

Nessun commento: