giovedì 27 settembre 2012

DALLA LIBERTA', AL “CLERICALISMO”

di Paolo Pellicciari

Negli anni immediatamente successivi al Concilio, ci sono stati anni difficili per la chiesa, Papa Paolo VI e i suoi successori dovettero infatti fare i conti con una profonda emorragia di sacerdoti e religiosi che interpretarono l'attenzione al mondo in maniera diversa dall'effettiva dottrina cattolica. Prese forza il movimento dei preti operai, già attivo dal secondo dopo guerra in Francia, ma che dopo il Concilio trovò nuovo vigore grazie anche all'approvazione da parte dello stesso Paolo VI di tale pratica, precedentemente ritenuta illegittima da Pio XII e da Giovanni XXIII. Nacquero le “Comunità Cristiane di Base” le quali, soprattutto in Sudamerica, testimoniando la vitalità delle Chiese locali, assunsero una dimensione assai rilevante che dura ancora oggi. Sempre in America Latina, molti teologi seguaci della teologia della liberazione abbracciarono la lotta di classe marxista. Da parte opposta, Monsignor Lefebvre, rifiutò invece la riforma della liturgia ed altri pronunciamenti di "apertura" del concilio, tra cui quelli sull'ecumenismo, ponendosi di fatto in una situazione di rottura con la Chiesa di Roma.
Una prima difficoltà riguardo all'attuazione dei documenti conciliari fu l'interpretazione del Concilio stesso e dei suoi documenti. Infatti, Giovanni XXIII aveva indicato come scopo del Concilio quello di «approfondire ed esporre» la «dottrina certa e immutabile» della Chiesa, mentre alcuni dei pronunciamenti del Concilio stesso, sembravano contraddire alcuni elementi della dottrina tradizionale (soprattutto in merito all'ecumenismo e alla libertà di coscienza). Per questo, il Concilio fu considerato da alcuni una vera e propria rivoluzione della dottrina della Chiesa: sia da parte dei "progressisti" (che valutavano positivamente l'apertura al mondo del concilio) sia da parte di alcuni ambienti tradizionalisti (che al contrario erano fortemente critici verso questi pronunciamenti di apertura).
La questione della corretta interpretazione del Vaticano II è stata così affrontata a lungo da storici e teologi, facendo emergere due "interpretazioni" prevalenti: l'interpretazione della continuità, secondo la quale, il Concilio va interpretato alla luce del magistero della Chiesa, precedente e successivo al Concilio e l'interpretazione della discontinuità, che attribuisce al Concilio un valore in quanto evento cruciale, di rottura con il depositum Fidei tradizionale. La prima linea interpretativa è stata sostenuta da tutti i Papi da Paolo VI. Il suo successore Papa Giovanni Paolo I° in una delle sue udienze generali si schierò contro la Proprietà Privata, Testuale:” La proprietà privata per nessuno è un diritto inalienabile e assoluto. Nessuno ha la prerogativa di poter usare esclusivamente dei beni a suo vantaggio oltre il bisogno, quando ci sono quelli che muoiono per non avere niente” A seguire anche Papa Giovanni Paolo II prende le distanze dal modello “liberista” come il suo successore, Papa Benedetto XVI, seguendo i dettami del Concilio ci ricorda che “l'essere Umano non può avere più del Necessario, i Beni allontanano Dio, la Condanna del Consumismo”
L'interpretazione post conciliari “progressiste” spostano l'asse politico dei cattolici su posizioni integraliste, La “svolta politica” viene individuata con le “convergenze parallele” Per distinguere il potere politico espressione democratica dal totalitarismo comunista. L'espressione è presente nel linguaggio politico per tutti gli anni 70, quando è stata frequentemente utilizzata per descrivere il processo di avvicinamento tra DC e PCI, noto anche come Compromesso Storico. La “rivoluzione” post conciliare, diede vita ai “moti” del “1968”.
Subito dopo la conclusione del concilio, si mise in moto un movimento negli Stati Uniti raggiungendo l'epilogo con la massima espansione nel 1968, nell'Europa occidentale con l'apice nel Maggio francese.
Nel campo occidentale (Europa e Stati Uniti) un vasto schieramento di studenti e operai presero posizione contro la società dei consumi, che proponeva il valore del denaro e del mercato nel mondo capitalista come punto centrale della vita sociale.
Negli Stati Uniti la protesta giovanile si schierò contro la guerra del Vietnam, legandosi alla battaglia per i diritti civili e alle filosofie che esprimevano un rifiuto radicale ai principi della società del capitale, una sorta di controcultura. Al contempo, alcune popolazioni del blocco orientale si sollevarono per denunciare la mancanza di libertà e l'invadenza della burocrazia di partito, gravissimo problema della Russia che dei paesi ad essa legati.
In buona parte del mondo, dall'occidente all'est comunista, la "contestazione generale" ebbe come nemico comune il principio dell'autorità. Nelle scuole gli studenti contestavano i pregiudizi dei professori, della cultura ufficiale e del sistema scolastico classista e obsoleto. Nelle fabbriche gli operai rifiutavano l'organizzazione del lavoro e i principi dello sviluppo capitalistico che mettevano in primo piano il profitto a scapito dell'elemento umano. Anche la famiglia tradizionale veniva scossa dal rifiuto dell'autorità dei genitori e del conformismo dei ruoli. Facevano il loro esordio nuovi movimenti che mettevano in discussione le discriminazioni in base al sesso (con la nascita del femminismo e del movimento di liberazione omosessuale e della razza.
Dalla contestazione si distinse un movimento cattolico detto Comunione e Liberazione, ispirato dal “titolo” di un volantino diffuso da alcuni universitari nel 1969. in polemica col mondo culturale del tempo: mentre la cultura di sinistra, dichiarava che la rivoluzione era il cammino della liberazione dell'uomo, i sostenitori del movimento affermavano invece che tale cammino era possibile solo nella comunione cristiana, con cui sarebbe possibile la vera liberazione.

Gli obiettivi comuni ai diversi movimenti erano la riorganizzazione della società sulla base del principio di uguaglianza, il rinnovamento della politica in nome della partecipazione di tutti alle decisioni, l'eliminazione di ogni forma di oppressione sociale e di discriminazione razziale e l' abolizione della guerra come forma di relazione tra gli stati, dando inizio alla “globalizzazione” della contestazione, di cui gli effetti sono evidenti ancora oggi
Nel processo di contestazione “globale” non si può non evidenziare il “controsenso filosofico” esercitato dei due blocchi “Occidentale e Orientale” con modelli di società “contrapposti”. Mentre la contestazione nei paesi dell'est erano mirate alla “libertà” dai regimo oppressivi. Mentre nei paesi occidentali si contestava il sistema capitalistico. Conclusione oggi siamo governati dallo “speculazionismo” una sorta di “Stalinismo” economico.
Charles Wright Milles sociologo americano, che nel 1960 coniò il termine “Nuova Sinistra” che influenzò i movimenti giovanili dell'epoca vari e molteplici, con l'obbiettivo di alimentare le lotte dei popoli del terzo mondo in virtù delle rivoluzioni del mondo arabo, dell'Asia e dell'America Latina, mentre l'Unione Sovietica insieme con gli Usa con ordinamenti da abbattere.
La Nuova Sinistra, non era convinta e rifiutava la sinistra tradizionale, secondo cui l'evoluzione era a favore dell'emancipazione del proletariato e dei popoli oppressi. Il timore di un dominio “Capitalista” che coinvolgesse la classe proletaria dei paesi avanzati nello sfruttamento del proletariato dei popoli del terzo mondo. Sopprimendo il dissenso e la libertà personale rendendo la ribellione una necessità e un azione politica.
Nel corso degli anni sessanta, mentre negli Usa il movimento per i diritti civili prima e l'opposizione studentesca alla guerra del Vietnam poi facevano delle organizzazioni come la Sds (Student for democratic society), una forza politica di grande peso, o il PFP (Peace and Freedom Party), in Europa il movimento della "nuova sinistra" toccava un'area minoritaria ma crescente.
Le agitazioni promosse dai movimenti giovanili si diffusero in vaste aree del pianeta tra la fine del 1967 e l'autunno del 1968. Francia, Cecoslovacchia e Germania Occidentale furono attraversate da crisi politiche di vasta portata; in Polonia questo periodo segnò l'inizio di movimenti destinati a svilupparsi ulteriormente in seguito.
Con il termine internazionalismo, entrato in uso dal XIX secolo, si possono intendere concetti differenti, sempre nell'ambito del superamento di certi "confini" tra le nazioni, siano essi di ordine politico, militare, economico o territoriale.
L'interenazionalismo socialista o proletario è una teoria poggiante sulle basi del socialismo utopistico ed evolutasi successivamente sulle parole d'ordine del manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e di Friedrich Engels edito nel 1848, il cui concetto base consiste nel fatto che i membri della classe operaia debbano agire in solidarietà verso la rivoluzione globale e in supporto dei lavoratori degli altri paesi, piuttosto che seguire un percorso nazionale. L'internazionalismo proletario è riassunto nello slogan: Proletari di tutti i paesi, unitevi!, l'ultima riga de Il Manifesto del Partito Comunista. L'internazionalismo proletario è considerato un deterrente contro la guerre tra nazioni, poiché non è nell'interesse delle persone di classe proletaria imbracciare le armi tra loro, invece è più utile che lo facciano contro la borghesia che il marxismo afferma opprima i lavoratori. Mediante la solidarietà fra i proletari di tutte le nazioni si potrà arrivare alla fine dei conflitti fra nazioni, e quindi alla scomparsa delle stesse. Secondo la teoria marxista l'antonimia dell'internazionalismo proletario è il nazionalismo borghese. In sintesi l'internazionalismo marxista considera la divisione del mondo in classi, e nazioni e religioni un ostacolo allo sviluppo della civiltà umana. L'internazionalismo entrerà a far parte di molte teorie comuniste poggianti su base socialista, così come nell'anarchismo, e varrà in termini pratici osteggiato dalle teorie del socialismo, come nello stalinismo, in qualche modo di stampo “internazionalista”. Nella vita di tutti i giorni?
Diceva Stalin “ i miei genitori non avevano molta cultura, ma fecero molto per me” E ancora: i tuoi genitori ti picchiavano? “Assolutamente no.” I miei genitori non mi maltrattavano affatto. Se sono diventato rivoluzionario è soltanto perché ho constatato che i marxisti avevano ragione”.
Il 2 settembre 1894, Stalin iniziò i suoi studi come allievo a convitto del seminario russo di teologia ortodossa di Tiflis, che ara allora, l'istituto superiore più importante della Georgia. L'istituto era tenuto dai Gesuiti con ferrea disciplina. Stalin stesso rilevò nell'intervista a Ludwing, come il seminario fosse diretto con sistemi gesuitici da un “regime vergognoso”. Il loro sistema base – affermò – nell'indagare, nello spiare, nell'entrare strisciando come vermi nelle anime della gente e offendere i sentimenti. Che bene può venire da questo? Per esempio, lo spiare nel dormitorio. Suona la campana per il the del mattino, andavamo al refettorio e quando tornavamo nelle nostre stanze scopriamo che nel frattempo è stata fatta una perquisizione e tutti i nostri cassetti erano stati frugati. Tutta l'organizzazione e la direzione della scuola aveva una gestione fortemente autoritaria, basate interamente alla sorveglianza “poliziesca” e sulla repressione in costante clima di delazione e di sospetto, ci trattavano come bestie. Chi contravveniva a quest'ignobile regolamento, erano pronte sanzioni di vario tipo: dalle “note disciplinari”, fino all'isolamento, più o meno lungo, in una “cella monastica” di punizione. Oltre a ciò vanno aggiunte le continue perquisizioni personali e la scarsità di vitto, i locali freddi privi di stufe, con dormitori affollati dove venivano stipate circa una trentina di persone. Questo è il quadro delle pessime condizioni di vita degli allievi del seminario di Tiflis.
Lo “stalinismo”, un esempio su tutti.
"Il padre di Stalin, era un calzolaio, proprietario di un piccolo laboratorio che, non più in grado di far fronte alla concorrenza dei grossi fabbricanti, di scarpe. Chiude bottega e prende lavoro, nella fabbrica di scarpe Adelkhanov, a Tiflis. È andato a lavorare nello stabilimento, non con l'intenzione di diventare un salariato permanente, ma con lo scopo di mettere da parte un po' di denaro, accumulando risparmi che lo mettesse in grado di riaprire la propria bottega. Come vedete, la posizione di questo calzolaio, è già proletaria, ma la sua coscienza è ancora non-proletaria, anzi, è interamente piccolo-borghese. In altre parole, questo calzolaio ha già perduto la sua posizione piccolo-borghese, ma non è ancora venuta meno in lui, la coscienza piccolo-borghese, che si attarda a prendere cognizione della sua nuova posizione “sociale”
Faccio fatica, a non individuare la stessa esperienza ai giorno d'oggi nel mondo occidentale, ma con una differenza, mentre il padre di Stalin, dopo la chiusura della sua bottega, trova lavoro in una fabbrica di scarpe, un artigiano o un piccolo imprenditore nel mondo occidentale chiude bottega e si trova “all'improvviso” disoccupato.

giovedì 13 settembre 2012

QUELLO CHE NON FECE L'IDEOLOGIA FA L'ECONOMIA

Di Paolo Pellicciari

Nel 9 maggio del 1950 con la dichiarazione di Schuman, Ministro degli Esteri Francese, si da l'avvio al processo di integrazione Europea. La dichiarazione, prospettò il superamento delle rivalità tra Francia e Germania legate dalla produzione del carbone e dell'acciaio grazie alla creazione di un'Alta Autorità per la messa in comune delle riserve europee di tali materie prime. Con la dichiarazione del 9 maggio Schuman, pose le basi per la futura Comunità Economica Europea.
La fine della seconda guerra mondiale ci porta la democrazia. La contrapposizione politica tra il vecchio P.C.I e la D.C si concluse con la vittoria della D.C. di De Gasperi. De Gasperi applicando l'Enciclica Rerum Novarum che basa la politica economica sul “risparmismo” un processo economico tra lo “statalismo” e il “capitalismo”, sulla meritocrazia in sintesi un'Enciclica promulgata nel 1891 ancora attualissima. La politica economica di De Gasperi cambia la vita degli italiani che passano dal “somaro” alla “600”, Tanto che nel 1960 la Lira viene premiata dal Financial Times con l'Oscar per le stabilità grazie al governatorato della Banca D'Italia di Donato Menichella.
Il 25 gennaio del 1959 Papa Giovanni XXIII annuncia il Concilio Vaticano II
Nel 1965 si conclude il concilio Vaticano II, Il 24 novembre, viene emanata la Costituzione Dogmatica della Chiesa. Di cui riporto il primo punto.
1. Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa. E siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano, continuando il tema dei precedenti Concili, intende con maggiore chiarezza illustrare ai suoi fedeli e al mondo intero la propria natura e la propria missione universale. Le presenti condizioni del mondo rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente congiunti dai vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire la piena unità in Cristo”. Nascono i movimenti del 68.
Il Sessantotto è stato un movimento sociale e politico ancora oggi controverso: molti sostengono che sia stato il movimento che ci ha portato ad un mondo “utopicamente” migliore e molti altri sostengono invece il contrario ovvero che sia stato un movimento che ha spaccato e distrutto la moralità e la stabilità politica mondiale fondata su valori “borghesi, capitalistici, e clericali.
Negli anni immediatamente successivi al Concilio, Papa Paolo VI e i suoi successori dovettero infatti fare i conti con una profonda emorragia di sacerdoti e religiosi che interpretarono l'attenzione al mondo in maniera diversa dall'effettiva dottrina della Chiesa. Prese forza il movimento dei “preti operai”, già attivo dal secondo dopoguerra in Francia, ma che dopo il Concilio trovò nuovo vigore grazie anche all'approvazione da parte dello stesso Paolo VI di tale pratica, precedentemente ritenuta illegittima da Pio XII e Giovanni XXIII. Nacquero le “ Comunità Cristiane Di Base” le quali, soprattutto in Sud America, testimoniando la vitalità delle Chiese locali che assunsero una dimensione assai rilevante, che dura ancora oggi. Sempre in America Latina, molti teologi seguaci della teologia della liberazione abbracciarono la lotta marxista. Da parte opposta, Monsignor Lefevre rifiutò invece la riforma della liturgia ed altri pronunciamenti di "apertura" del concilio, tra cui quelli sull'ecumenismo, ponendosi di fatto in una situazione di rottura con la Chiesa di Roma.
Si da avvio, all'era “Comunionista”
A partire dal 1970 si è verificata una nuova ondata di liberalizzazione del commercio mondiale, anche attraverso accordi e istituzioni internazionali appositamente concepite quali il GATT e successivamente il WTO finalizzate all'abolizione progressiva delle barriere al commercio internazionale.
Quanto ai rapporti tra GATT e Comunità, Europea prima ed Unione Europea poi, sono regolati, nel diritto comunitario, dall'articolo 113 del Trattato di Roma (come successivamente modificato dal Trattato di Maastricht il quale attribuisce all'Unione Europea una competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune fondata su principi uniformi, specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l'uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di “dumping” e di sovvenzioni. L'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), conosciuta anche con il nome inglese di World Trade Organization (WTO), è un'organizzazione internazionale creata allo scopo di supervisionare numerosi accordi commerciali tra gli stati membri. Vi aderivano, a luglio del 2008, 153 Paesi a cui si aggiungono 30 Paesi osservatori, che rappresentano circa il 97% del commercio mondiale di beni e servizi. Le vendite in dumping sono state disciplinate dalle norme internazionali antidumping (che sono state incluse progressivamente nell'ambito del General Agreement on Tariffs and Trade (GATT 1947) e che pertanto oggi sono previste dall'Organizzazione Mondiale del Commercio (GATT 1994), ma sono altresì contemplate dal Diritto Comunitario a tutela della libera concorrenza in quanto capaci di determinare gravi distorsioni sul mercato di importazione e di attribuire un vantaggio di base all'impresa importatrice nei confronti degli altri soggetti (produttori o esportatori) che operano nel mercato di importazione per lo stesso bene o servizio. Nella “palude” di degli accordi internazionali si nasconde una “feroce” forma di capitalismo. Un capitalismo che specula su tutto, anche su gli alimenti per la sopravvivenza dell'umanità. Un capitalismo che sta bruciando anche il “risparmismo” ovvero quell'economia frutto di lavoro, di risparmio che ogni buon padre di famiglia si riserva per garantire il futuro. Ho la sensazione che tutto questo faccia parte di una strategia preordinata. A meta degli anni 80 comincia una graduale impennata del debito pubblico italiano che è poi stato l'alibi per alienare il patrimonio pubblico italiano. Tanto che già nel 1991 comincia il processo di “privatizzazione” del patrimonio pubblico italiano concordato sul panfilo Britannia nel 1992. Non si riesce a capire, come mai, nonostante tutto il patrimonio alienato, ancora abbiamo un debito pubblico di sensibili proporzioni. Non credo di scrivere eresie, se penso che c'è tutto un disegno preciso per accaparrarsi il patrimonio pubblico degli stati occidentali. Inoltre la “speculazione” sta acquistando intere Regioni in paesi sottosviluppati per acquisire le ricchezze di superficie e sotterranee, ribaltando il principio della concessione a favore della proprietà. Il rovescio della medaglia è rappresentato dai flussi migratori causati dai nuovi “padroni” che non gradiscono “estranei” nelle loro proprietà. Questo tipo di speculazione, sta livellando l'economia dei cittadini ridotti in povertà con una “nomenclatura” ad alto reddito. Non escludo che nel prossimo futuro un nuovo ordine mondiale stravolga l'organizzazione governativa che conosciamo. Il nuovo ordine mondiale stravolgerà il sistema di vita, niente sarà come prima. Il mondo non sarà governato dalle leggi dettate a Mosè dal Dio creatore del cielo e della terra, ma dal “Dio Denaro”. Un ordine dove il mondo occidentale pagherà il prezzo più alto, in quanto caduto nel vortice dell'indebitamento, complice una classe politica “inetta” e “asservita” al nuovo sistema economico gestito dai “poteri economici”. Indebitamento scaturito dagli accordi internazionali, proposti e gestiti da politici o sedicenti tali, che ci hanno portato al tracollo finanziario soprattutto del mondo occidentale. Prendiamo il caso della Grecia, una popolazione di circa 11.milioni di abitanti, pari al 2,2% della popolazione europea che è di circa 730 milioni di abitanti? Credo di no. Allora? Quel giorno ( il 9 maggio del 50) al Quai d'Orsay di Parigi nel Salon de L'Horologe, Schuman propose il progetto di unità delle nazioni: Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemdurgo, e Paesi Bassi. Da qui nacque G7. Ovvero sette nazioni avevano il sistema industriale più potente del mondo. Oggi l'economia è distribuita nel G 20 causando pianificazione in basso dei renditi individuali vittime anche dell'”oppressione fiscale”. In sintesi i paesi emergenti applicando la politica economica dettata dalla Rerum Novarum stanno emergendo. Mentre il mondo occidentale avendola “abbandonata” sta “affondando” economicamente. Sessantadue anni dopo l'intervento di Schuman, il nostro Presidente del Consiglio con il “cappello in mano” in giro per l'Europa a chiedere “Carità”