Di Paolo
Pellicciari
Ero ragazzino e a scuola
ci chiedevano di contribuire per la fame in Africa. Sono diventato
grande e ancora chiedono di contribuire per la fame in Africa. Per la
stampa di tutti i giorni si ha la sensazione che l'Africa è un
continente inesistente, o ancor peggio pensiamo che i gli africani
ancora vestono con un “gonnellino” di paglia lo scudo e la
lancia.
La televisione ci
raffigura un popolo affamato, malato, per dirlo con una parola
disperato.
Dopo la visita di Papa
Francesco a Lampedusa, ho voluto di capire, da chi e da che, fuggono
gli africani, tanto da affrontare un viaggio con i rischio della
vita.
Cina e Africa, da come si
legge qua e la non hanno un rapporto idilliaco. Investimenti in
cambio di materia prime. Dal 2009 ad oggi lo scambio commerciale e
passato da 10 miliardi di dollari a 200 nel 2012.
Le imprese cinesi sono
presenti anche i paesi a “rischio” dell'occidente. La presenza
del nuovo presidente Xi Jinping a Durban dei grandi paesi emergenti (
Cina, Brasile, Russia, India e Sudafrica) ha confermato l'interesse
di Pechino per l'Africa e il proseguimento della Conferenza
“Cino-Africana” del 2006.
Sviluppo infrastrutturale
o imperialismo economico?
I cinesi nuovi
colonizzatori? I Cinesi dicono di voler adottare una politica di non
ingerenza nella cosa pubblica, di collaborazione reciproca e di
cooperazione. Tuttavia la presenza massiccia di lavoratori immigrati
cinesi, sta alimentando tensioni con le popolazioni indigena. In
Mozambico, Namibia, Niger, Angola e così via. Tra gli episodi più
gravi, l’uccisione di un dirigente cinese in una miniera di carbone
durante uno manifestazione di minatori (Zambia, agosto 2012). Qualche
mese prima, durante uno sciopero, funzionari cinesi della stessa
compagnia mineraria avevano sparato sui lavoratori ferendone una
decina. Già alla fine dello scorso decennio rivolte anti-cinesi
erano scoppiate in Lesotho e Zambia.
La critica ai metodi
brutali utilizzati dalle compagnie minerarie, i bassi salari, la
mancanza di rispetto dei lavoratori. Talvolta anche con la complicità
dei governi per i metodi capitalistici di stato cinese.
L’invasione di prodotti a basso costo,
dall’abbigliamento all’elettronica, rischia di distruggere
produzione e commercio locali e alcuni esponenti politici africani
parlano esplicitamente di “neocolonialismo” che ricordano le
“passate esperienze economiche dell’Africa con l’Europa”
Tuttavia, oltre al
dato quantitativo, occorre notare che nelle ultime tre decadi gli
investitori, un tempo esclusivamente europei o statunitensi,
provengono soprattutto dai paesi asiatici e in particolare dalla
Cina,
la cui presenza in Africa si colloca nel più ampio contesto della
strategia di sicurezza energetica e di approvvigionamento di risorse
naturali che Pechino sta attuando a livello globale. In quest’ottica
numerosi osservatori accusano la potenza asiatica di promuovere un
nuovo modello di imperialismo economico, attraverso il suo ruolo di
principale investitore sul territorio africano, utilizzando quindi
gli accordi d’investimento come un mero strumento per garantire
sicurezza energetica, disponibilità di risorse naturali e un
continuo flusso di esportazioni verso i mercati africani. In
Cina mancano sbocchi e risorse? Pechino ‘compra’ il Continente
Africano.
Per
conoscere meglio le prospettive globali di Pechino, dobbiamo
spostarci in Africa. È qui che da anni si svolge un match serrato
tra Cina e Stati Uniti, impegnate a contendersi lo scettro di
maggiore potenza mondiale. A trasformare l’Africa da
continente-oggetto in scacchiere geopolitico fondamentale, concorrono
tre fattori più uno: il peso esercitato nel protocollo energetico
delle due superpotenze; la guerra al terrorismo, in particolare di
matrice islamica che trova qui crescente spazio vitale; il
progressivo allontanamento dell’Africa dall’inezia
post-coloniale, con diversi Paesi intenzionati ad emergere a livello
regionale e addirittura globale, come nel caso del Sudafrica. Più di
recente, si è aggiunta la necessità per Pechino di accaparrarsi
nuovi terreni coltivabili e intensificare l’importazione di
prodotti agricoli, necessari per preservare la sicurezza alimentare,
mai come ora in pericolo.
Il bisogno di materie
prime.
In questo scenario, il
Dragone è riuscito a giocare bene le proprie carte, prevalendo in
molti casi sul potente rivale occidentale. L’escalation è iniziata
nel 1996, quando la Cnpc, gigante pertrolifero cinese, stipulò i
primi accordi con il Sudan – che attualmente esporta in Cina il 50%
del suo greggio –, sfruttando l’allontanamento dei Paesi
occidentali seguito alle sanzioni Usa contro il regime di Khartum. In
breve, gli interessi di Pechino si sono estesi a gas, diamanti, oro,
platino, rame, ferro, legnami e altre materie prime, necessarie per
sostenere il fabbisogno di risorse dell’inarrestabile macchina
produttiva cinese. Ancora pochi anni, e la superpotenza asiatica si è
trasformata nel più vorace ‘cliente’ di 50 Paesi africani,
modificando drasticamente anche le prospettive future di governi e
dittature, disposte ad assecondarne la politica.
Milioni di ettari di terra finiti in mano straniera.
Così si uccide il futuro del Continente nero. Come fermare
l'assalto?
La chiamano il colonialismo del nuovo millennio
questa corsa all'accaparramento delle terre di mezzo mondo. Anziché
le navi, i nuovi coloni utilizzano gli aerei.
E per aggiudicarsi ettari su ettari di terreno
fertile non si affidano al fucile, “ma a valigette piene di
soldi” Il territorio di conquista preferito è, ancora una
volta, il Continente africano, con i suoi Stati immensi e i governi
logorati dalla corruzione. Ma non disdegnano neppure America Latina,
Malesia, Indonesia e perfino gli ex Stati comunisti dell'Europa
orientale, Ucraina in testa. Pensare che prima del 2008, l'anno della
crisi alimentare globale, l'agricoltura non interessava quasi più a
nessuno. A occuparsi dell'utilizzo delle terre dei paesi in via di
sviluppo erano rimaste le solite ong e poi la Cina, che ben prima
degli altri ha fatto dell'Africa il suo forziere di risorse naturali.
Ma la vertiginosa ascesa dei prezzi di materie prime, agricole
incluse, ha convinto molti Stati e altrettanti investitori ad
aggiudicarsi abbondanti quantità di terreno in casa altrui. Secondo
le stime dell'Ifad, più di qualche decine di milioni di ettari di
terra sono, stati acquistati negli ultimi due anni da entità
straniere, per la maggior parte in Africa e Sud America. In totale,
un centinaio di milioni di ettari, sono stati vittima
dell'"accaparramento terriero". Non ci vuole la palla di
cristallo per capire che i nuovi proprietari “Sfrattino”
con direzione “Europa”, i residenti che non hanno preso un
“dollaro” di quelle “valigette” piene di soldi. Mentre
qualche “dittatore corrotto”, se ne sta in qualche spiaggia per
miliardari a prendere il sole. Al contempo, il mondo cambia la sua
geopolitica complice il denaro.
14/07/2013